Il 23 settembre del 1939 a Hampstead, un sobborgo di Londra, moriva Sigmund Freud, il fondatore della psicanalisi moderna, nato ottantatré anni prima a Pribor, Moravia, attuale Repubblica Ceca, allora Impero Asburgico, che la famiglia lasciò quando il giovane Sigismund Schlomo, questo il vero nome di Freud, aveva solamente quattro anni.
Per chi lo considera più un creativo che un analista, più un esploratore e creatore fantasmatico che un profeta e sacerdote epistemologico, la maniera più adeguata di ricordarlo in questo giorno è con un paio di poesie, per esempio due ballate composte da un autore per nulla psicanalitico e dotato, alla stregua del fratello, di una sorniona ironia.
Si tratta di Lawrence Durrell, il romanziere inglese che visse sulle isole greche, il superbo narratore della tetralogia alessandrina, il quale, tra le figure letterarie cui ha dedicato i suoi versi (tra gli altri Byron, Kavafis, Nietzsche, e, tramite un inno ai bordelli di Parigi, Henry Miller), ha composto anche due poesie ispirate dal very reverend Freud. (Marco Settimini)
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Ballata della psicanalisi
Estratti da un caso di scuola
Lunedì
Sogna d’essere inseguita da un esemplare di maschio negro
Ma una frana su quella faccia carbone interrompe il sogno,
Qualcosa di lungo e pendente come una corda,
Lento come un ghiacciaio, freddo come la crema fredda
Di Galeno – Qualcosa in lei comincia a cacciare urla…
Martedì
Sogna d’essere inseguita da un uomo in vestaglia,
Lawrence d’Arabia di un lenzuolo vestito:
Poi, dalla ciurma di un Cargo Liberty è imprigionata
Insieme a file e file e file di carne surgelata
Mentre le voci ripeton “Mangia” in modo insistito.
Mercoledì
Sogna d’essere ammanettata a un compagno di danza
E trascinata attorno a una pista per pattinare.
Lei ingoia l’anello dal suo dito nuziale
Cade attraverso il ghiaccio ma non sembra affondare
Sebbene il suo vestito da festa si cominci a ritirare.
Giovedì
Sogna d’esser la regina di una montagna di sughero,
Troppo calda per sedersi sopra, troppo fredda da indossare,
Nuda, punge con un forchettone per grigliare
Una statua di Venere lì sdraiata come a riposare,
Con un appunto che dice: “Non costa nulla indossare e lacerare”.
Venerdì
Sogna d’essere una muta di cani che trascina il povero Scott,
Fino al Polo, senza più orientamento:
D’improvviso l’Artico si fa caldo bollente,
E quando arrivano non è che un buco vuoto, niente,
Se non una montagna di carbone con un geyser stridente.
Sabato
Sogna d’esser la regina di una città di cultura,
Bella come Elena ma destinata alla rovina:
Sotto le sue cosce si dipanano i fiumi, capitolina.
Il Reno e il Volga scorron come olio, giù di sotto.
Amleto le offre una punta di fioretto.
Domenica
Che cosa ha mai che noi non abbiamo?
Non è forse felice e pure bella?
Sogna che suo marito sia direttore di banca
Rinchiuso nello Zoo, con le scimmie, in una gabbia –
Ecco il quadro clinico, ma noi, che possiamo fare?
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Ballata del complesso di Edipo
Da Travancore a Tripoli
Ho rincorso la grande Imago,
E ovunque Freud mi ha seguito
Ma’ e Pa’ andarsene ho sentito.
(La macchina ama l’autista
E l’autista ama la sua compagna,
Il materasso accarezza il cuscino
E la matita pungola la lavagna.)
Ho provato a strangolarlo, un giorno,
Mentre sedevamo al Lido,
Ma si è svegliato e mi ha solleticato
E ora sono tutto una Libido.
Gli amici miei col Censore han parlato
E il censore ha ammonito l’Id
Col pensiero. A mettere a tacer le cose han provato
Nessuno dei due lo ha fatto, lì per lì.
(Il barman ama il suo beverone,
Il palombaro ama l’oceano
E l’ammiraglio il suo barcone,
E il soldato il suo congedo.)
(Il critico ama l’urbanità
L’idraulico ama il suo attrezzo.
Il predicatore l’umanità
Il poeta il buffone, il pazzo.)
Se sette psicoanalisti
In sette differenti giorni
Condannassero i miei bei reggicalze colorati
O i miei neogreci soggiorni,
Prenderei un poliziotto magico
E lo rinchiuderei dietro le sbarre – là –
A mo’ d’ammonimento a tutti gli uomini
Che hanno mamme e papà.
Lawrence Durrell