Perché non si legge Fogazzaro? Non andava bene a nessuno, né al Partito né al Vaticano. Eppure, avrebbe dovuto vincere il Nobel… Dialogo con Alberto Buscaglia
Senatore del Regno d’Italia, candidato al Premio Nobel per la letteratura, il vicentino Antonio Fogazzaro (Vicenza 1842, 1911) è stato uno degli scrittori più interessanti e inquieti nel panorama del secondo Ottocento, sospeso fra decadentismo e verismo, tra romanticismo sentimentale e irrequietezza scapigliata. Antonio Fogazzaro è ancora oggi – come ci rivela l’attento regista e critico cinematografico Alberto Buscaglia, che allo scrittore della Valsolda dedica da tredici anni un premio letterario – sottovalutato e misconosciuto. Le sue opere non vengono studiate a scuola (anche per colpa dei prof) e addirittura dalle cineteche spariscono i suoi film. Nella nostra lunga chiacchierata, Buscaglia ci ricorda di quando Fogazzaro ha rischiato di prendere il Nobel (mancato perché è rimasto in silenzio di fronte alla censura cattolica del suo romanzo più controverso, Il Santo) e di come gli scrittori di oggi siano molto narcisisti e poco lettori.
Com’è possibile che ci siamo dimenticati di Antonio Fogazzaro?
Fogazzaro è uno scrittore in qualche modo rimosso da una precisa generazione, quella “impegnata” del dopoguerra, prima fascista poi marxista, e proprio per precise ragioni ideologiche. Inoltre era inviso al mondo cattolico, da cui peraltro proveniva. Fogazzaro era uno scrittore all’avanguardia, da un punto di vista intellettuale, e non solo come autore di romanzi; ha subito accolto, secondo una sua originale visione trascendentale, l’evoluzionismo darwiniano, dando prova di grande attenzione a quel che accadeva nel mondo scientifico. Inoltre è uno degli scrittori che più ha rinnovato il romanzo dopo Alessandro Manzoni. Dopo Malombra, la cesura con la produzione letteraria precedente si fa netta, definitiva. Era un intellettuale che leggeva i romanzi in tedesco, in francese, fatto che lo ha reso un autore mitteleuropeo, internazionale. Fogazzaro di fatto rompe con la “tradizione” manzoniana (se poi di tradizione italiana del romanzo si può parlare), e ne inventa un’altra, insieme a personaggi come Verga, Pirandello.
Perché è così poco conosciuto in Italia?
Oggi Fogazzaro è meno celebrato anzitutto perché si legge molto poco. A scuola, la maggior parte dei docenti che vivono di rimbalzo i vecchi pregiudizi ideologici non lo commentano perché non lo hanno letto, così non lo tengono in considerazione, lo sottovalutano, e non lo fanno leggere. Con la cultura imposta nel dopoguerra dal Partito Comunista Italiano sono stati enfatizzati il Neorealismo e il Realismo critico, due categorie solo ideologiche, impraticabili sul piano estetico. Fogazzaro, nei suoi romanzi, non guarda forse in modo realistico alla società del suo tempo? O Guido Morselli, non scriveva del suo e nostro tempo? Eppure la sua opera così geniale, ma non in linea con le direttive politico-culturali del partito comunista, non trovò un editore, se non dopo il suo suicidio. Ma a scuola si continua a far leggere soprattutto l’Italo Calvino del Sentiero dei nidi di ragno; forse qualcosa di Verga, o di Pirandello, ma sorvolando sul suo teatro, l’opera sua che ha veramente rivoluzionato la scrittura teatrale e la pratica di palcoscenico: il Pirandello che è stato maestro di Bertolt Brecht e di tutto il teatro d’avanguardia venuto dopo.
Ma non si legge Fogazzaro. Quanto ha influito la messa all’indice dei suoi romanzi?
Sono stati due i romanzi censurati di Fogazzaro: Il Santo e Leila, ma lui per fortuna non seppe del secondo perché morì prima. Il Santo conteneva le idee del Modernismo cattolico, il movimento riformatore che era nato in Francia. Il romanzo fu subito tradotto in varie lingue e letto con grande interesse anche negli Stati Uniti. Fogazzaro ricevette persino una lettera entusiasta dall’allora presidente americano.
Perché Antonio Fogazzaro non vinse il Nobel per la Letteratura?
Fu proprio per Il Santo che non riuscì a prendere il Nobel. L’Accademia di Svezia, che lo aveva candidato, era il 1906, scelse di non darglielo perché lo scrittore si era chiuso in un silenzio totale di fronte al Vaticano che aveva messo all’indice il suo romanzo, non aveva commentato, insomma non aveva reagito. Così il Nobel per la letteratura fu assegnato un po’ alla svelta a un altro italiano, Giosuè Carducci… forse perché non era ancora nato Dario Fo (scrivila pure questa battuta!). Insomma, Antonio Fogazzaro è stato un uomo perseguitato anche da se stesso. Se avesse portato avanti le sue idee, probabilmente avrebbe vinto il Nobel e forse la sua opera avrebbe avuto un’altra storia…
Qual è il tuo romanzo preferito?
Io preferisco Malombra, il più audace sul piano dei contenuti, oltre che della forma narrativa. Preferisco Malombra anche tra i film fogazzariani di Mario Soldati. Lui stesso dichiarò di aver girato Malombra “credendo nel cinema”. Oltre ai volumi dedicati ai concorsi letterari del premio Fogazzaro, in questi anni, grazie a New Press Edizioni, abbiamo pubblicato tre libri dedicati al cinema di Soldati dalle opere di Fogazzaro. Abbiamo ritrovato e pubblicato le sceneggiature di lavorazione, confrontandole con i film e i romanzi. Abbiamo avuto tra le mani le sceneggiature che poi venivano utilizzate sul set. Recentemente sono state presentate all’Accademia Olimpica di Vicenza e uno dei relatori ha detto che queste nostre pubblicazioni rappresentano un momento essenziale della critica cinematografica del futuro. Perché si tratta di un tipo di analisi filologica del film ancora poco utilizzata, quella che analizza la storia di un film, quel che è successo dalla scrittura al montaggio definitivo.
Una ricerca quasi archeologica che ti ha portato alla pubblicazione di Daniele Cortis, il film di Mario Soldati dalla sceneggiatura allo schermo (New Press Edizioni, 2018), terzo capitolo della trilogia dei saggi dedicati ai film di Soldati, ispirati alle opere di Fogazzaro. Daniele Cortis, scritto nel 1885, è il secondo romanzo di Antonio Fogazzaro, iniziato subito dopo il successo di Malombra (1881) e continuato in un momento emotivamente tormentato per l’autore, come documenta il saggio di Tiziana Piras dedicato alla elaborazione del romanzo e al rapporto con il film. Fogazzaro trasferì nel nuovo romanzo il suo travaglio sentimentale, raccontando la storia di un “amore sublime” ma impossibile, ambientata sullo sfondo della piccola provincia vicentina e su quello romano della politica dell’Italia postrisorgimentale. Che fine ha fatto questa pellicola?
Questo film praticamente non esiste più. È un film perduto, non c’è più, né in Vaticano – era stato prodotto da Universalia film, una casa di produzione del Centro Cinematografico Cattolico – né nelle cineteche italiane. Abbiamo trovato per caso la sceneggiatura a Villa Fogazzaro, e non era neanche la sceneggiatura definitiva. Si tratta di un film “fantasma”, noi abbiamo potuto studiarlo grazie a una copia presente presso la videoteca di Firenze, dove abbiamo trovato uno scadente VHS registrato da un passaggio televisivo di una sconosciuta emittente privata. In seguito, dopo altre disperate ricerche, abbiamo trovato a Padova una copia 16 mm del film di proprietà di una cineteca privata (con pellicola spezzata e rimontata a caso), una copia utilizzata all’epoca nei circuiti minori. Con queste due copie di scarsissima qualità abbiamo potuto rimontare il film; ma ovviamente non si tratta di un vero restauro, perché per questo sarebbe necessario ritrovare il negativo.
È una storia incredibile. “Già. Che dire? Che qualcuno possa aver fatto sparire il film solo perché scomodo dal punto di vista dei suoi contenuti? Non si tratta di un film arcaico del periodo “muto”; si tratta di un film girato nel 1946, che aveva anche vinto il premio per la migliore fotografia al festival di Venezia del 1947. E si tratta di una produzione importante per l’immediato dopoguerra, con un bravissimo di Gino Cervi, un giovane Vittorio Gassman e, nella parte della protagonista, la figlia di Churchill, Sara, nota attrice del teatro e del cinema inglese, voluta dal produttore Salvo D’Angelo che già allora, primo trai i produttori del tempo, pensava a coproduzioni internazionali”. Nel 2020 Alberto Buscaglia vara la XIII edizione del Premio dedicato ad Antonio Fogazzaro; quali sono le novità di questa stagione?
Anzitutto si tratta di un premio che si rinnova dal punto di vista organizzativo attraverso la costituzione di un’associazione culturale. Con la sua nuova struttura, il Premio Antonio Fogazzaro riparte con i suoi tradizionali e apprezzati concorsi, quello per il Racconto inedito e quello per la Poesia edita in italiano e in dialetto, accogliendo inoltre l’ingresso di un concorso dedicato alle Tesi universitarie proposto dagli organizzatori del prestigioso Premio Crotto dei Platani. Il Premio, inoltre, estenderà i suoi orizzonti verso una più accentuata internazionalizzazione: già da quest’anno concretizzata tramite la collaborazione con la Fondazione svizzero/tedesca Museo Hermann Hesse di Montagnola.
Cosa significa promuovere un premio letterario oggi?
Significa un impegno costante a promuovere un’attività culturale sul territorio e un dialogo non sempre facile con le istituzioni. Il bilancio di questi tredici anni è positivo perché, al di là della delle difficoltà economiche, il premio si è affermato a livello nazionale con la partecipazione di autori provenienti da tutta Italia e l’invio di migliaia di testi che testimoniano una forte esigenza di scrittura, e di lettura (speriamo).
Non si legge più?
Un premio letterario nasce anche per stimolare la lettura. Purtroppo oggi, con le nuove tecnologie, la lettura è diventata un problema, dalle scuole elementari in avanti. Invece occorre valorizzare e stimolare la lettura. Come facevano una volta gli aspiranti scrittori: prima leggevano i classici e i contemporanei, poi scrivevano. Oggi sarebbe necessario che la scuola stimolasse e imponesse la lettura. Abbiamo bisogno di momenti di cultura e abbiamo bisogno di personale politico competente che capisca il problema, ma in questo momento siamo in mano a un reale analfabetismo “funzionale” – e purtroppo è tutto presente nel governo. E poi penso che anche gli autori considerati importanti oggi in Italia leggano solo se stessi. Lo vedi da come scrivono. Purtroppo c’è un forte narcisismo nel mondo delle lettere in Italia, e molti scrivono soltanto per vincere certi premi letterari. Per non parlare della assurda sovrabbondanza di magistrati che scrivono gialli (e poi magari entrano anche loro in politica).
Linda Terziroli
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Alberto Buscaglia è nato a Milano (1944). Regista e sceneggiatore, è stato assistente nei primi film di Ermanno Olmi, di Eriprando Visconti e Gianfranco De Bosio. Con il fratello gemello Gianni è stato fotografo di scena del Piccolo Teatro di Milano nelle stagioni 1963/64, collaborando con Giorgio Strehler e Virginio Puecher. Dal 1973 al 2000 ha collaborato con la Rai con produzioni radiofoniche e televisive, tra le quali, nel 1983, i film documentario De là del mur, la poesia di Delio Tessa e Alla ricerca di Guido Morselli. Dal 1999 collabora con la Rete Due della RSI, Radio televisione della Svizzera italiana, con produzioni radiofoniche di prosa, sceneggiati e docufiction. Nel 2008 ha ideato il Premio Antonio Fogazzaro di cui cura la direzione artistica e nel cui ambito ha curato, con l’italianista Tiziana Piras, la pubblicazione delle sceneggiature di Piccolo mondo antico (2014), di Malombra (2015) e di Daniele Cortis (2018) di Mario Soldati.