22 Ottobre 2023

Contro i traditori del pensiero, un libro per immoralisti e scalatrici

Al giorno d’oggi ci sono professori di filosofia e non filosofi, intonava H. D. Thoreau dalle sponde di Walden. Poco è cambiato negli ultimi 150 anni. Anzi, sarebbe raccomandabile che tutti i libri di filosofia cominciassero con questo monito, per ricordare la condizione di salute della filosofia nell’epoca attuale. Il ritorno del soggetto si inserisce in questa scia, un libro che contiene una prospettiva immoralista e uno scavo nell’archeologia del linguaggio. Non è un libro di filosofia, ma piuttosto un movimento scomposto di danza. Dentro gli aforismi contenuti nel libro, sopravvivono pensieri crepuscolari che oltrepassano il confine del giorno, e pensieri aurorali che sfregiano la notte con le prime luci. Un testo che si concede a chi già possiede la forma frammentaria della filosofia inattuale, al circolo culturale che è entrato nel dominio della filosofia aurorale: una raccolta di aforismi che manca di continuità.

Lo stile di una filosofia aurorale si contrappone in maniera forte alla filosofia delle mille accademie;  avanza uno stile immorale, soggettivo, genealogico che si oppone al modo delle professoresse e dei ricercatori della filosofia. Per trovare pensatori che credessero nella forma di questo testo, il libro ha viaggiato decine e decine di volte avanti e indietro tra l’Italia e la Nuova Zelanda. Prima di trovare una sponda in cui riposare ha sbattuto contro tanti muri, tanti no, tante percosse. Questo testo è figlio della lotta.

Gli aforismi sono ancora spregiati dalle ricercatrici delle scienze filosofiche e dai teoretici delle nuove ontologie sociali. Ma come le montagne, questo delirio sfrontato e caotico della morale ha imparato dalle scosse telluriche ad alzarsi più in alto, a elevarsi – per respirare un’aria più pura. Ha dovuto scavalcare i dinieghi dei professori che appuntavano come di Ludwig Wittgentsein ce ne fosse solo uno e l’aforisma non fosse accettabile come forma del pensiero – a meno di una brillantezza eccessiva, riservata ai geni alla Pascal. La filosofia deve essere organica, distesa, dialogante, dicevano.

Ha dovuto affrontare i rimbrotti degli accademici che ricordavano come anche Friedrich Nietzsche nel suo primo libro, La nascita della tragedia, si fosse avvinghiato alla forma saggistica, composta, estesa – come se la filosofia del martello non fosse stata un autentico tentativo di frammentare, distruggere e scolpire il pensiero in detti e frecce. Eppure, questi accademici, non possono essere additati: hanno trovato rifugio in uno degli ultimi posti dove è ancora lecito pensare, hanno rinchiuso la filosofia in una professione e la difendono con le armi della tradizione e della storia – come non comprenderli questi realisti, artisti innamorati delle filosofia delle università, oggettive, universali! Hanno solo perso un’occasione per insegnare alle studentesse e agli studenti che ancora pascolano nei lunghi corridoi dei dipartimenti italiani quanto la filosofia venga avvalorata dall’aforisma.

Il ritorno del soggetto è un libro senza prefazione firmata o note, sprovvisto di ringraziamenti e sistemi di chiarificazione finali. Un libro che affronta questioni liminali e immorali, che domanda la statuizione linguistica del confino e il principio morale del linguaggio, che attraversa il caso della critica letteraria e del commento sociale. Ma, soprattutto, non compromette lo stile della filosofia con il procedere burocratico dell’accademia. Come ha detto il filosofo della buona estinzione Marco Lanterna, vi sono rari pensatori che pur di non prostituire la filosofia hanno scelto d’essere mozzi e lavapiatti, ma i più, purtroppo, hanno prostituito la filosofia. Questi sono gli accademici, i moralisti affabulatori, i traditori del pensiero, gli amministratori dei concetti, “i filosofi ministeriali”.

Infine, il testo assume una forma paradossale, ellittica, abbraccia la contraddizione e la fa sua; questiona il dubbio ed estende il dominio della scuola del sospetto; riporta il sentimento nel territorio della ragione e viceversa; sospinge il pensiero al limite dell’azione e getta l’atto dal dirupo dell’intelletto. Il ritorno del soggetto diventa così un’aporia, una domanda e un tentativo di risposta, un sospetto contro il senso della certezza, una smorfia della filosofia. Poiché l’oggettività non gli interessa, si inserisce nel discorso sulla soggettività e nella guerra delle coscienze antiviste da Peter Sloterdijk.

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Per gentile concessione dell’autore e della casa editrice, si pubblica una selezione di aforismi dal libro:

La verità ha il sapore scaltro delle banalità.

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Con la sua esistenza, l’immoralista denuncia il tremulo procedere di una morale universale irregimentata.

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La leggiadria del pensiero si concretizza nella durezza della filosofia critica.

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Tra l’avanzare meccanico e rumoroso dei concetti, il dispiegarsi farraginoso e aurorale dei pensieri sostiene la vita.

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Supporre che tutti gli esseri umani siano intelligenti, è fare un torto all’intelligenza stessa dell’umanità.

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Il pensiero ansima rincorrendo la volontà nel labirinto delle emozioni.

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Il confine non chiarisce di per sé, né spiega o delucida – tutt’al più divide, separa, discrimina, giudica.

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La libertà è esercizio della volontà all’interno di un confine.

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La permanenza di un limite soggiace alla capacità di vedere oltre.

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La frontiera è la massima; il limite è principio e fine della morale. La costituzione e l’erezione di confini rappresentano l’atto morale per eccellenza. Sfondare muri, oltraggiare le fondazioni, imbastirne di nuove – un atto limitante.

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L’atto limitante è l’usurpazione del soggetto nei confronti dell’altro.

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L’oggetto rappresenta il limite esterno del soggetto, la sua epidermide più acuta ed esteriore. Il soggetto, invece, è il limite interno di se stesso.

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Il limite individuale, confine dell’individuo con il se stesso, crea l’oggetto come rappresentazione del sé.

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Il saggio incapace di godere porterà sulla fronte il marchio del dotto frigido.

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La portata del “criticismo cosmologico” di Imre Lakatos porta in seno il “dubbio metodico” di Cartesio e lo “scetticismo genuino” di Kant.

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La volontà è la figlia illegittima del rapporto incestuoso che l’individuo ha con se stesso.

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Il “tacito riserbo” del soggetto è la risposta esistenziale al silenzio sublime della natura.

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Il consiglio del saggio è la pietra d’inciampo per l’imbecille.

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Vado a letto presto – leggo Cioran.

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L’orbo è l’unico che sopravvive alla narrazione sistematica di unicità; egli ha perso almeno la metà di ciò a cui è stato scolarizzato.

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Tante, troppe poesie sono gli aborti spontanei di autori innocenti – che inseguono una vetustatis autorictas solemnis et authentica.

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La dote sta nel vedere il frammento dove vi è un tentativo di continuità. L’occhio spezza l’omogeneo ragionando per pezzi e cocci.

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Gli ingredienti di una filosofia acuta – poca solidità; tante mete.

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Il contestualismo è un approccio alla storia della filosofia che tenta di situarsi al di là del principio del piacere – e che tuttavia non fa altro che ricondurre il pensiero alla cura del sé: i limiti del contesto sono una proiezione ortogonale del desiderio individuale.

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L’impressione e il ricordo ritornano, senza briglie, alla ripetizione belante di una storia individuale.

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Chi ha letto Marcel Proust si ritrova con un destino malandato e una memoria meravigliosa.

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La memoria è l’eccedenza dell’identico.

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La filosofia non è destinata a innalzarsi su una colonna di alabastro, se non prima di aver passato le forche caudine della solitudine, la melma della società attuale ed essere stata rinchiusa à la Marquis de Sade, con il suo piacere, in una botte di merda.

Federico Magrin

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Il ritorno del soggetto. Accuse e scuse è uscito nelle librerie a ottobre e sarà presentato in un dialogo aperto tra l’autore, i relatori e il pubblico a:

*Il circolo dei lettori, Torino il 17 novembre alle 21.

*Gli esploratori, Roma il 21 novembre alle 18.

*Libreria popolare, Milano il 23 novembre alle 17,45.

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