20 Gennaio 2020

“Fellini era di una inquietante profondità, parlava come Psycho, un giorno ebbi la percezione che volesse uccidermi…”. Valerio Magrelli parla di Big Federico

Il genio di Federico Fellini, tra l’altro, sta nell’essersi circondato di geni. Amava i poeti – o meglio, gli uomini abitato da una poetica –, Fellini, perché sono l’emblema di chi si gioca tutto per il carisma di un verbo, l’evidenza di chi è divorato dalla propria vita onirica. I rapporti eletti di FF con Ennio Flaiano, Tullio Pinelli – di cui bisognerà scrivere, per bene – sono la storia del cinema. Clamoroso è stato il legame con Tonino Guerra e con Andrea Zanzotto; affettuoso quello con Pier Paolo Pasolini, e poi ci sono Andrea De Carlo, Susanna Tamaro… Riguardo ai rapporti con Dino Buzzati, ha scritto un bel saggio Paolo Fabbri, “Dante e Orfeo. L’aldilà di Fellini e di Buzzati”, in un libro importante, “Fellinerie” (2011) edito da Guaraldi, l’editore più felliniano di tutto – per questo, lasciato in oblio nei festeggiamenti felini e fellineschi. Così scrive Fabbri: “Buzzati, come e più di altri scrittori (Flaiano, Zanzotto, ecc.) ha avuto con Fellini un rapporto durevole e di grande intensità. L’occasione e lo spunto del Mastorna proviene dalla lettura di un racconto breve di Buzzati, ‘Lo strano caso di Domenico Molo’, poi ripubblicato con il titolo di ‘Sacrilegio’… Nella loro lunga amicizia Buzzati ha scritto molto di Fellini ed ha continuato a riscrivere il Mastorna. Un episodio per tutti: Fellini, in una delle tante interviste, asserisce che non trovando il nome per il protagonista del suo Viaggio ultraterreno, decise di chiederlo proprio a Buzzati, per la sua abilità nell’inventare nomi appropriati ai personaggi della sua letteratura. Buzzati non ha mai confermato, ma possiamo fare un’ipotesi semi-anagrammatica che fa derivare il nome da Mastroianni: Mas-tro/Mas-tor… Na è ottenuto attraverso l’eliminazione delle /i/ iniziale e finale, e del raddoppio della /n/. Quanto a Buzzati, nei ‘Misteri d’Italia’, che raccoglie una serie di articoli scritti per ‘il Corriere della Sera’, manifesta tutta la sua adesione alla visione magica di Fellini e racconta dei loro viaggi congiunti tra guaritrici e veggenti. Tuttavia, constatata la resistenza di Fellini alla realizzazione del film, Buzzati prese una decisione che dispiacerà molto al regista: scrivere, nel 1979, il ‘Poema a Fumetti’”. Tempo fa, mi sorpresi a scoprire i rapporti tra Federico Fellini e Valerio Magrelli, tra i più noti e notevoli poeti, oggi. Magrelli aveva scritto da poco un libro su Fellini, “Lo sciamano di famiglia”, per Laterza, e io m’industriai a intervistarlo, chiedendogli proprio di dettagliarmi quell’incontro. (d.b.)

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Tre dati diventano un dato di fatto. Prima ne parlò il poeta Antonio Porta: «passeggiando per Roma, Federico Fellini mi disse, “non puoi non leggerlo”». Episodio estetico confermato da Nico Naldini, il cugino di Pasolini, «il primo che mi aveva fatto il nome di Magrelli era stato Federico Fellini». L’occasione fa l’editore astuto: in Francia il primo libro di Valerio Magrelli, Ora serrata retinae, pubblicato in Italia nel 1980, per Feltrinelli, è ornato da un aforisma felliniano perentorio: «non possiamo non leggere Magrelli». Se sui rapporti tra Fellini e Andrea Zanzotto e Tonino Guerra si sa pressoché tutto, il legame tra il geniale regista e Magrelli rimane un enigma.

La famiglia Addams e Casanova. «Tutto comincia con una raccomandazione e un disastro». Cioè? «Al principio ho studiato cinema, prima a Roma poi a Parigi. Mi iscrivo al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, ma arrivo ultimo. Faccio diverse domande, niente da fare. Allora ragiono all’italiana, tentando la via della raccomandazione. Mia madre, medico omeopatico, una che negli anni Sessanta girava con gli aghi in testa facendo scappare i miei amici che pensavano che io vivessi in una specie di famiglia Addams, era amica e assistente di Fellini. Il giorno dopo, alle ore nove, ero sul set del Casanova. Umanamente fu un disastro: ero l’ultimo degli ultimi, il brutto anatroccolo, durai due mesi». Poi il brutto anatroccolo diventò il cigno della poesia italica.

Dal trono alla voce di “Psycho”. Qualche anno dopo Casanova, Magrelli ha già abbandonato il cinema per la poesia. «Un pomeriggio di luglio mi telefona Fellini, invitandomi a seguire per due settimane i lavori di Ginger e Fred. Ero accanto a lui, sul trono, in quel sistema di gironi infernali che era il suo set. Naturalmente, non gli dissi nulla della mia prima esperienza durante Casanova». La vicenda che lega Magrelli a Fellini è il cuore del libro del poeta romano, edito da Laterza, Lo sciamano di famiglia, con 77 disegni del regista riminese, «in cui, in realtà, parlo anche di omeopatia, di Samuel Hahnemann e di Antonio Negro, il padre dell’omeopatia italiana. E perfino di personaggi bizzarri come Evelino Leonardi, il medico di Gabriele D’Annunzio, autore di teorie deliranti come quella secondo cui gli abitanti del Circeo sarebbero i fondatori dell’antico Egitto, dopo che le acque avevano sommerso i loro territori, legati al mito di Atlantide». Lo “sciamano” è Fellini? «Diciamo che “sciamano” è la parola che centra il grande regista. Un uomo mitissimo, gentile, addirittura cerimonioso, che coltivava la menzogna ed era di una inquietante profondità. Un giorno ebbi la percezione che volesse uccidermi…». Ma va là… «Davvero. Era un improbabile Ferragosto e Fellini mi invitò nel suo studio, enorme e buio. Lui era lontano, indistinto, faceva la vocina della donna di servizio che riservava agli scocciatori. Un gigante che parla con la voce di “Psycho”. Ho avuto la certezza che sarei morto».

*In copertina: Federico Fellini secondo Vittoriano Rastelli

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