03 Giugno 2023

“Popolare di pesci rossi il mio ghiaccio cardiaco”. Sulla poesia di Federica Ziarelli

Federica Ziarelli, perugina, ci accoglie nel suo mondo di luci forti, di sole impavido, e di ombre, che però non diventano mai inquietanti. La silloge Tu sei bellezza (Terra d’Ulivi, 2022), dopo la precedente In erba, procede con coerenza un discorso poetico che si affaccia principalmente sui moti della natura, dove essa si specchia nelle stelle vere, e non in quelle di un documentario. Una poesia dunque senza filtri, che parte da autentiche sensazioni, raffinata e campestre, mai spocchiosa e però quasi mai di facile soluzione, perché bisogna abbandonarsi alle immagini spesso non “montate” e a quel “tu” che è di tutti, o forse di qualcuno che non sempre pare ascoltare.

La Ziarelli non vuole stupire, non invoca a voce alta, non fa del teatro; vuole parlarci degli affetti, delle cose semplici della vita, complicando ad arte i rombi del tessuto poetico, moltiplicando i punti di vista ma allo stesso tempo tenendoli non di rado nascosti.

Il libro è composto da quattro sezioni, come quattro sono gli elementi della natura. “L’arte non abita la memoria/ è un muscolo involontario/ cuore”, scrive, a significare che la vera arte non ha bisogno di un motorino d’avviamento, sgorga, come suol dirsi, sorgiva.

“Eri sola nella tua sghemba infanzia
ben nascosta la disperazione
un paralume scrivevi tra l’erba
rosso dei baci mai ricevuti
d’un tratto papaveri avverati”.

Più avanti troviamo un momento di dramma probabilmente adolescenziale, i baci mai ricevuti si tramutano in “papaveri avverati”, il verso è sognante, surreale, il verso, con noi, spera un avveramento.

“Non resisto a questa sete di primavera
sarò ubriaca
ancor prima della sera
faccia in giù tra i cespugli di menta

per fortuna
a questa stagione piaccio così: disponibile e spettinata
può stiepidirmi la soglia
popolare di pesci rossi il mio ghiaccio cardiaco
immergermi in prati
che non fanno che crescermi”.

Ottimo a mio avviso questo corposo passaggio, il contatto ambivalente con la primavera, ubriacante ed esaltante, l’immersione negli amati prati che le crescono dentro, la visione netta di un panorama dell’anima.

“L’avete visto anche voi
che nel buio abbraccio i larici”

“A galla risalivamo
era in braccio ad una risata
che restituiva estate alla stanza”

“Si chiama innocenza
quando passa senza orma
non si sporca
ha un giocare sincero
di cedere il suo candore
non ci pensa neanche”.

“Con gli occhi delle violette
sorridimi Dio
senza dubbio un colore quaresimale
in ricordo del tempo di attesa
in cui ero io
a non sorridere a te”.

L’abbraccio viscerale alla natura, la ricerca di un senso naturale delle cose del mondo, il desiderio di autenticità, il candore non ceduto a chicchessia perché esso viene per direttissima dall’innocenza, una specie di bene primario. E il Dio cristiano, più volte evocato, che qui diventa il destinatario del “tu”, in una preghiera personale che chiede un sorriso, come quando si pensa alla “vita che ti sorride”, e la vita è Dio. Una richiesta di maggiore fortuna e pace.

È un Dio che viene dal sole quello della Ziarelli, ma se il sole non ha bisogno di essere pregato per splendere; Dio, forse, ha bisogno delle preghiere degli uomini; o siamo noi, forse, che ne sentiamo l’esigenza, se di Dio ne sospettiamo, almeno, l’esistenza.

Una bella prova, nel complesso, e in attesa di nuovi sviluppi, uscita l’anno scorso per Terre d’Ulivi Edizioni, con una bella postfazione della poetessa Alessandra Corbetta.

Franz Krauspenhaar

Gruppo MAGOG