Dopo l’armistizio, Ezra Pound, il poeta dell’altro mondo, lasciò Roma a piedi. Chiese inutilmente al Governo Americano, tramite l’ambasciata svizzera, la restituzione del passaporto; gli era stato negato di rientrare in patria, quando gli Usa avevano optato per l’ingresso in guerra. Difendendosi dall’accusa, infame, di aver tradito la propria patria, accennò a Ernest Hemingway, “Hemingway ha sostenuto che E.P. sarebbe incapace di tradire”. In effetti, Pound ha creato, pressoché dal niente, specie di Whitman sublunare, la letteratura ‘moderna’: la sua generosità, inesausta, monastica, potremmo dire, era tale che al ‘club’ – quelli del ‘Bloomsbury’, per dire – preferì sempre il cenacolo. Sapeva riconoscere l’assolutamente diverso da sé. Così, consentì a James Joyce di pubblicare quando nessuno capiva le pagine dell’irlandese; fu il funambolico editor di Thomas S. Eliot; insegnò a Hemingway l’arte delle frasi brevi, sprezzanti, spezzate; consegnò a William B. Yeats il gergo per una nuova giovinezza; perfino Edgar Lee Masters – che all’epoca si firmava Webster Ford – gli deve molto: ‘Ez’ riconobbe, prima di tutti, il genio ruvido dell’Antologia di Spoon River. Eppure, bisogna pensare al poeta privo di tutto, che non ha dove poggiare il capo – “Ho dormito due notti in una specie di corridoio, dio sa dove dormirò nei giorni venturi”, scrive, nel dicembre del 1943, a Concetto Pettinato, all’epoca direttore de “La Stampa”. E tuttavia, si arma, ancora, per tradurre in italiano le poesie di un giovane pilota della RAF morto in combattimento, J.P. Angold, e per voltare in inglese le poesie di Saturno Montanari, caduto nel 1941, sul fronte greco-albanese (“Autumn, so many leaves/ pass with the wind…”). Ancora, nonostante tutto, a creare avanguardie, a scoprire poeti nuovi, mosso dalla meraviglia.

Leggere i fatidici “Radiodiscorsi” di Pound – raccolti, nel 1998, dalle Edizioni del Girasole – irrita, esalta, commuove. Pound che promuove l’opera di e.e. cummings – “un grande scrittore, sulla scia di H. James, e Thoreau, e Whitman… vi dico che è l’uomo più intelligente d’America” – che onora James Joyce – “l’eleganza latina della sua scrittura… l’ha fatto emergere tra i primi della classe” – e invita a leggere Céline (“Non solo per la sua documentazione, per la sua ricchezza linguistica. Non solo per la forza della sua prosodia, ma per il contenuto. Prima o poi dovrete leggere Céline”). Nel 1940 a Curzio Malaparte – soprannominato “Malapartissimo” – aveva testimoniato in una specie di haiku la propria etica estetica:

“La poesia odia le parole inutili. The Imagist Movement aveva per programma il dovere di staccare le parole inutili”.

Inutile, piuttosto, ricordare il legame di Pound con l’Italia: a Dante, l’adorato, anteponeva Cavalcanti; aveva tradotto Francesco d’Assisi e Michelangelo, si riconosceva in Sigismondo Malatesta, amava Enrico Pea – ma anche Federigo Tozzi –, è sepolto a Venezia, ha abitato a lungo in Liguria. Gli italiani d’intelletto l’hanno sempre considerato un alieno, il papa re di un’era assurda, che “ambiva a realizzare il mito leonardesco, debitamente aggiornato” (così Ezio Saini); lo hanno trattato, genericamente, come un eccentrico o un reietto; ognuno con una ‘testimonianza’ da offrire, stinta fotografia al fianco di un guru ridotto a paria, al desco della bestia rara. In un lungo servizio pubblicato su “Il Mondo” nel 1971 – ora in: Ezra Pound, È inutile che io parli. interviste e incontri italiani, De Piante, 2021 – Romano Bilenchi ricorda “l’irremovibile”, “testardo” Pound che gli parlava del fascismo citando Confucio, voleva fargli leggere Wyndham Lewis e “aveva il corpo perfetto, forte, da atleta”.

Voglio dire. Pound è morto cinquant’anni fa. Non mi pare che l’attenzione nei suoi riguardi, nel nostro paese, sia miliare. Mondadori ha pubblicato la traduzione dei primi sette canti dei Cantos a cura di Patrizia Valduga; è qualcosa. Suggerirei – ancora – una traduzione complessiva dei Cantos per mano di un gruppo di poeti italiani: a ciascuno sia affidato un canto. Da investigare – e pubblicare – c’è un oceano; ci accontentiamo di tazzine di coccio, di brevi sorsate: forse ‘Ez’ fa ancora paura, forse è giusto così.

Tra i testi usciti di recente, la raccolta di saggi di Massimo Bacigalupo pubblicata da Edizioni Ares, Ezra Pound. Un mondo di poesia, è necessaria, miliare. In qualche modo, riassume quarant’anni di studi nell’aura poundiana – nel 1981 per le Edizioni di Storia e Letteratura, Bacigalupo pubblica L’ultimo Pound. Vi si legge, tra le tante cose, la genesi di A Lume Spento, la prima raccolta di poesie ideata da Pound nel 1908, a Venezia – come a dire, il cerchio che si apre e si chiude –, pubblicata a sue spese; e poi dei rapporti con Yeats a Rapallo (la cosiddetta “angloliguria”) e di quelli con Vanni Scheiwiller (a cui Pound ha letteralmente, letterariamente costruito il catalogo editoriale); un capitolo è dedicato agli “amori primaverili e invernali” di Pound: insieme a H.D. e alla fatale ‘Martinelli’ compare “la ventiseienne texana”, discreta e capace, Marcella Spann.

La vita di Bacigalupo, d’altronde, è legata a quella di Pound: il nonno, farmacista, era l’occasionale confidente del poeta; il padre, medico, giocava a tennis con ‘Ez’ e ne custodiva la salute; fu Pound a istruire Bacigalupo, ragazzo animato da una precoce passione per i film, sul New America Cinema. Alcune fotografie – scattate da Bacigalupo, finora inedite – sono così belle che valgono il libro: Pound ha il tenero, tremebondo ceffo del veggente. “Puoi tu entrar nel gran cono di luce?/ Ma bellezza non è follia”, detta il poeta, nei frammenti ultimi – non certo ridotto al silenzio, bensì calato nella perenne rivelazione.  

Occuparsi di Pound risponde anche a un ‘destino’ familiare, mi pare: il nonno Massimo Ruggero Bacigalupo, che penetra nell’andare dei Cantos, suo padre, giovane campione di tennis che condivide atletiche sfide con il poeta, a Rapallo… Da dove origina il bandolo della sua ricerca?

Il Pound visto da vicino, fra gli eccentrici di Rapallo. Con l’amico tennista Carlo Devoto, specializzato nella imitazione di Hitler. Uscivano insieme nei locali da ballo.  Quando Pound tornò nel 1959 e Carlo stava maluccio, EP disse, “Peccato, due vecchi mascalzoni non possono rivedersi”. Il nonno Massimo, farmacista, era persuaso che il Pound silenzioso della fine se la ridesse per aver beffato tutti. Ma non era così. Era depresso e una volta che gli chiesi se aveva un messaggio per dopo rispose con il consueto silenzio. Ma nella foto sulla copertina del mio libro, che gli feci giusto sessant’anni fa nella clinica di mio padre, ha uno sguardo indagatore.

Cosa sono i Cantos? Cioè: la struttura intende replicare i canoni di una nuova Odissea, una novella Commedia, oppure, come il poeta scrive ad Harriet Monroe, replicano la trama di un testo del teatro Nō? Potrei chiederle, piuttosto, come cambiano pelle i Cantos dal 1917 in qua…

I Cantos sono la registrazione, il diario, la conversazione di Pound sull’arco di cinquant’anni.  È sempre lui che parla e racconta le cose per lui memorabili che ha sentito dire da altri o ha letto nei libri necessari a costruire “la citta di Dioce”. Aveva la teoria del “dettaglio luminoso” che rivelerebbe il senso profondo di una vita o di un’epoca. E nel poema voleva raccoglierIi tutti per guidare a una visione della società giusta in cui economia sesso arte eccetera si sarebbero esplicati armoniosamente e liberamente. Un grande libro dei racconti, le nuove Metamorfosi di Ovidio. Gli dei, le dee “dal capezzolo eretto”, Venere “dalle scure palpebre”. Inventò una parola pseudotedesca, “Sagetrieb”, per dire la trasmissione del sapere, racconti, aneddoti, arcani. La storia infinita.

Fuga in Oriente. Yeats s’imbeve e s’imbambola di Upanishad, Eliot approccia il Dhammapada. Pound scarta l’India per guardare oltre, da subito, all’Estremo Oriente: Giappone e Cina, Zeami e Confucio. Cosa scopre in quelle tradizioni?

Confucio come pensatore laico da opporre a ogni visione punitiva dell’aldilà. Il destino dell’uomo sta in questo modo. Ci sono tante cose da godere. Musica, parola, poesia. Confucio è anche il pensatore di una società gerarchica. Pound approvava, purché a comandare fossero artisti genialoidi come lui. Anche il tao si insinua, “ciò da cui ti allontani non è la via”. Ma anche: “La nostra dinastia si affermò a causa di una grande sensibilità” (Canto 85). La “nostra dinastia”, color che sanno, che partecipano al banchetto, che pur in piccioletta barca seguono il legno del poeta che cantando varca.

Le donne. Dorothy, Olga, H.D., ‘La Martinelli’, Marcella Spann: questo ménage di menadi, di muse, di fatue amate che a tratti appaiono, trasfigurate, traslucide, nei Cantos, cosa ‘serve’ a Pound?

Le amate di EP erano sempre viste come compagne di lavoro, allieve, ispiratrici, da inviare in missione, da istruire. Le sue lettere d’amore sono sempre liste di cose da fare per i suoi progetti, la trascrizione di spartiti di Vivaldi (Olga), iniziali (Dorothy) e illustrazioni (Sheri Martinelli) per i Cantos, letture obbligate.  C’è anche l’elemento erotico. “Tette cosi sode che ci potevi schiacciar sopra una mosca…”. Sapeva anche ridere. E vedere.

Che poeta è quello che esce dalla reclusione al St. Elizabeths, la casa dei matti che diventa, poi, luogo di incontri, di studi? Sembra che la Storia, che Pound credeva di poter domare, abbia ruminato e vomitato il poeta… è così?

Il poeta recluso si fa più ossessivo nella convinzione della congiura degli oscurantisti contro chi li smaschera. Dagli Albigesi, a Sigismondo Malatesta, a “Muss, spacciato per un errore”. I canti di Washington sono… pazzeschi. Ma l’irlandese Martinelli sa spremere qualche goccia di succo d’acero dal vecchio tronco. “Il mio bikini vale la tua chiatta, disse Leucotea” (a Ulisse).

Come finiscono, a suo parere i Cantos? Su quale visione? E cosa resta da scoprire di Pound?

Continua ad annotare parole sempre più flebili ma con il consueto ritmo grandioso. “Un po’ di luce, la luce di un giunco, per ricondurre allo splendore”. Si può leggere con partecipazione. E indulgenza. La mia amica poeta Grace Schulman, allieva di Marianne Moore, quasi novantenne, continua a insegnare scrittura creativa a New York. “Sto dando Pound ai miei studenti”, dice. “Come leggere e ABC della lettura. Sono libri che hanno fatto di me e faranno di loro scrittori migliori”.

*In copertina: Alvin Langdon Coburn, Vortograph of Ezra Pound, 1917

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