Dunque è possibile. La poesia salva. Mica troppo. Bastano due ore. Tre, diciamo. Tre ore strappate a morsi dalla Storia, poste sulla schiena. Come un vanto, una bandiera, un piccolo Everest sulla spalla destra.
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Il gioco nasce per complicità con Silvia Bre, la poetessa. Più tardi, le scrivo. “Oggi un piccolo miracolo. Con gli studenti. Entriamo nella Dickinson: per capire la nostra lingua, dico loro. Giocatela, slogatela, pigliatela a colpi di lingua – poi sarà lei, l’irrimediabile, che ad Amherst ha fatto palestra di Palestina, a ridurre in vetro il vostro parlare e a fare una buca nel luogo più distante del cranio, quella Scizia dell’incerto e dell’ingenuo, dell’intuito, dell’intontito. Poi ci siamo aiutati con le tue parole, come di chi, nel bosco, sa da che lato togliere la cute dagli alberi, e berne, fino al filtro sotterraneo e che direzione dall’astrolabio dell’inverno prendono, predati, i lupi. Così questa bestia maniaca del linguaggio si è rivolta a tutti, ha deciso di mangiare dalle mani aperte di tutti, ciascuno con la sua semenza”. Lei risponde sempre nel modo esatto, e usa Wittgenstein, questa volta, il significato è l’uso. E non c’è altro che questa parola come zappa, come sedia, come stazione – mai come stato. Direi, dialogando con Luca, dopo, di sostituire la parola filologia con fisiologia. Fisiologia del linguaggio.
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Dunque, oggi si gioca a fare la Dickinson, a tradurla. Dico agli studenti. Sono pochi, si tratta di una lezione laterale, ‘di recupero’, tre ore una infilzata all’altra. Cerchiamo di capire l’italiano attraversando la sua lingua, dico. Secondo me è più facile: capire se stessi lasciando che un altro ci dica, conoscere il proprio linguaggio traducendo quello di un altro. Per me, almeno, è stato così. Dico grazie all’ebraico antico che mi ha dato questo italiano. Giocare Emily è plausibile. Lo dice anche Silvia, che mi scrive, dichiarandola: “Le parole, ma soprattutto le frasi, sono slogate tra loro, assemblabili a scelta come un lego che fa proliferare i significati in infiorescenze abnormi che poi arrivano, in una paradossale precisione, a toccare gli infiniti”.
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La poesia che scelgo è la 945 del canone dickensiano. Questo è il testo in inglese:
This is a Blossom of the Brain –
A small – italic Seed
Lodged by Design or Happening
The Spirit fructified –
Shy as the Wind of his Chambers
Swift as a Freshet’s Tongue
So of the Flower of the Soul
It’s process is unknown –
When it is found, a few rejoice
The Wise convey it Home
Carefully cherishing the spot
If other Flower become –
When it is lost, that Day shall be
The Funeral of God,
Upon his Breast, a closing Soul
The Flower of our Lord –
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Questa è la versione di Silvio Raffo, accolta nel ‘Meridiano’ Mondadori che raduna Tutte le poesie della Dickinson:
Questo è un germoglio del cervello –
piccolo seme in corsivo – deposto
dal caso o da precisa volontà –
che lo spirito ha fruttificato –
Timido come il vento
nelle sue stanze, agile come lingua
di torrente, perché segreto fiore
dell’anima matura.
Pochi, quando lo trovano, gioiscono
lo porta a casa il saggio
curando attento il luogo
se venga un altro fiore.
Quando si perde, è quel giorno
il funerale di Dio,
sopra il suo petto un’anima che muore
è il fiore di nostro Signore.
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Questa è la traduzione di Amelia Rosselli – anch’essa accolta nel ‘Meridiano’, tra le Versioni d’autore – a cui ho chiesto a Silvia Bre di confrontarsi.
Questo è uno Sbocciare del Cervello
Un piccolo – Seme corsivo
Abitato dal Calcolo o dal Caso
Che lo Spirito fruttificò –
Timido quanto il Vento nelle sue Stanze
Veloce come la Lingua d’un Ruscello
Così per il Fiore dell’Anima
Il suo sviluppo è sconosciuto.
Quando è scoperto, alcuni gioiscono
I Saggi lo convogliano a Casa
Attentamente, teneramente curando
Se altri Fiori succedessero.
Quando è perduto, quel giorno sarà
Il Funerale di Dio,
Sul suo Petto, un’Anima richiusa
Fiore di nostro Dio.
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La versione di Silvia Bre, che ricalco, è radunata in Questa parola fidata. Terza centuria, di prossima pubblicazione per Einaudi.
Questo è un germoglio del cervello –
un piccolo – seme in corsivo
piantato di proposito o dal caso
e reso fruttuoso dallo Spirito –
Timido come il vento con le sue stanze
svelto come una lingua di torrente
cosí è il fiore dell’anima
il suo processo è ignoto –
Quando viene trovato, alcuni esultano
i saggi lo portano a casa
sorvegliando con amore il punto
capitasse mai un altro fiore –
Quando va perso, quel giorno
sarà il funerale di Dio,
sul suo petto, un’anima che si chiude
il fiore del Signore nostro –
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Abbiamo dedicato, insieme, tre ore a Emily Dickinson, con l’assonanza di una preghiera. L’acuto di questa poesia, poi, è così bello: coltivalo, il seme della poesia, del pensare, dagli lo sbocciare. Altrimenti sarà come seppellire Dio.
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Ci sono delle delicatezze di Silvia, nel tradurre, bellissime. A proposito della timidezza del seme (Timido come…) ad esempio. Mi scrive. “Noi ci sentiamo sorpresi quando siamo invasi da quel seme nuovo e strano che troviamo in noi a un certo punto. Ma forse anche quel seme, quella fiamma di luce che entra nel nostro buio, quel vento che va a girare in quelle stanze, proverà il suo sgomento”.
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Ho detto agli studenti di non badare alla correttezza (per quella, ci sono i grandi: Raffo, Rosselli, Bre e i tanti altri, nobili, traduttori di ED), ma alla spensieratezza linguistica. Sono venute fuori diverse soluzioni interessanti. Questa, di Giulia, ad esempio: “Questa è la nascita dell’intelligenza/ un piccolo seme in corsivo/ incastrato tra progettazione e compimento/ lo Spirito che dona i suoi frutti”. Questo è l’incipit di Giorgia: “Così la Mente fiorisce/ Un piccolo Seme, in corsivo/ Piantato di proposito o per caso/ Lo Spirito lo ha fatto divenire un frutto”. Più esplicito il primo verso secondo Sara (“Questo è il Seme dell’Idea”, buona anche questa versione del sesto verso: “Veloce come una Lingua Straripante”). Molto buona, odorando l’italiano, la versione di Giulia L., che comincia così:
Ecco il Germoglio dell’Animo
Un Seme – esile ma pregiato
Nato per Fato o per Caso
Dall’Ingegno nutrito –
Timido come la Brezza al mattino
Repentino come un Torrente in piena
Del Fiore della Mente
Il processo è ignoto
Mi pare bella anche la soluzione di Ombretta (“Le idee nascono timorose come il vento nei suoi spazi,/ rapide come la lingua di un ruscello./ Così è il prodotto dell’anima./ Come ci si arriva non si sa./ Quando si trova, alcuni si rallegrano,/ i saggi ne fanno tesoro”); mi piace che Martina abbia tradotto così l’ultimo distico della penultima quartina: “in adorazione di quel luogo/ nella speranza di un altro Fiore”. Mi piace proprio la parola adorazione. Mi piace che Giacomo, in una rigorosa cerca della musicalità, abbia tradotto “Così è il fiorire dell’anima:/ alieno, spiazzante”. Mi piace che Giulia M. abbia tradotto in questo modo gli ultimi due versi: “Sul suo petto, un’anima che perisce/ Il Fiore del Creatore”. Aurora, invece, trova questa risposta, interessante: “Come per la Fioritura dell’Anima/ il suo processo è un mistero”. Tutti insieme facciamo una versione straordinaria, dico. Ed esulto, un tot, perché, penso, questo è fare scuola: ripetere, con la nostra gola, le parole alte di un morto, insieme, facendoci accordare da un sapiente – Silvia Bre – che conosce per reciproca stima chi fa le funzioni del prof – io – ma non sa chi siano gli studenti. In questo circuito di ascolto, di fedeltà, di azzardo, senza altro scopo che percorrere, si fa scuola, adagiandosi, con carnale perizia, nella poesia.
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L’unica interpretazione è dare avvio alla fisiologia del linguaggio, ascolto di una parola che spezziamo come il pane – e ha suono, non fuori, ma dentro, una pioggia di aghi nel giorno.
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Infine, ripeto Silvia: “il finale è così elastico da prestarsi a varie letture, tutte compresenti, e riassumibili così (lo dico naturalmente in favore dei tuoi studenti che lo possono ricostruire sul testo): se cogliere il germoglio di una poesia (o della poesia) e averne cura è annuncio di un processo misterioso ma pieno di gioia, la perdita, l’ignoranza di questo evento determina l’oscuramento di un’anima che si chiude come un fiore che diventa il fiore funebre posato sul petto di Dio, anche lui trascinato verso la negazione causata dalla negazione della poesia”. (d.b.)
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Ovviamente, al giogo del gioco mi sono messo anche io. La mia versione, imberbe:
Questa è una Fioritura del Cranio –
Piccolo – Seme a uncino
Conficcato da Disegno o Avvento
Frutto dello Spirito –
Vergogna come Vento nelle sue Vastità
Rapace come il Verbo dei Fiumi
Del Fiore dell’Anima
È enigmatico il salto.
Quando è scoperto, allegria a brandelli
Il Sapiente lo porta a Casa
Cura accurata al covo
Se Fiore diventa altro –
Quando è perduto, è il Giorno
La Sepoltura di Dio,
Sul suo Costato, Anima scostolata
Il Fiore del nostro Padrone.