Può chi scrive usare la penna per esaltare un governante? A mio avviso sì, se ha il buongusto di risparmiarsi certe formule da leccaculo come quelle usate da Carrère per Macron, tipo “Quest’uomo non suda” – che, a un incipit del genere, viene da rispondere giusto “sticazzi”.
Non credo che fare il bastiancontrario sia sintomo di grande intelligenza. Quando a un uomo politico bisogna riconoscere di aver fatto qualcosa di giusto è doveroso farlo. Per esempio Giuseppe Conte che, con il cappello in mano, si è recato a far visita a Emanuele Severino – uno dei massimi filosofi italiani –, non solo ha dimostrato umiltà intellettuale, ma ha anche posto in essere quello che la Sinistra ha sempre detto doveroso, senza mai concretamente realizzarlo: ha ascoltato la voce della sapienza, quella del filosofo. “Non posso vantare una specifica preparazione filosofica, ma la filosofia è stata una mia antica passione e ha senz’altro contribuito alla mia più complessiva formazione culturale”, così ha detto il Premier a Severino che ne lodava la “profonda sensibilità filosofica”. Immaginate Renzi in una situazione del genere. Oltre a non sapere che cosa dire, ma vomitare parole a vanvera, si sarebbe lanciato nell’impresa di parlare nella sua lingua preferita, ovvero l’inglese. Nel far ciò avrebbe come minimo causato un ictus fulminante al povero filosofo novantenne che, in quel momento, avrebbe dovuto prendere atto di aver trascurato un aspetto fondamentale del mondo contemporaneo nelle sue analisi, la tragica assenza di cultura della nuova classe dirigente dell’ex PCI.
È d’obbligo sottolineare che Severino è stato sì cortese, ma mai accomodante. Lui, grande studioso e critico della tecnica intesa come “incremento indefinito della potenza, ovvero della capacità di realizzare scopi”, ha in parte assimilato – “in un certo senso”, per usare la sua espressione – il Governo di Conte a tutti i precedenti governi tecnici, ovvero quei governi che “sono in qualche modo l’anticipazione, il protendersi, verso quella situazione, non certo imminente, che chiamiamo dominazione della tecnica”. Non si può dire che ci sia andato leggero. E Conte ha ascoltato, replicato con garbo, tanto che anche Severino ha deciso di correggere il tiro (“i ‘governi tecnici’, in Europa e in Italia, sono ancora guidati da un’ideologia […], sì che questi governi non hanno come scopo l’incremento della potenza tecnica, ma la tecnica serve come mezzo per realizzare il loro scopo ideologico”). Potrebbe sembrare strano uno scambio così misurato, dialettico, dove due si affrontano con onore come contendenti in una gara di scherma. Questo è ciò che avviene quando l’intellettuale non è a libro paga del Partito.
Certo una cosa bisogna riconoscergliela a Conte: ne sa, molto più della maggior parte dei laureati in filosofia. Ha citato Edgar Morin, Horkheimer, la lettera di Wittgenstein all’editore Fisher, la metafora della “bobina” di Popper. Non male per un non addetto ai lavori. Per dirla con le parole di un ammaliato Severino, “vedo che Lei è addentro a questi temi”.
Il discorso ha contemplato i più svariati argomenti, toccato le vette del metafisico e Conte, come dicono i saggi, invece di parlare a ogni costo cercando la figuraccia, ha fatto come tutte le persone intelligenti, quelle che sanno di non sapere, e ne ha approfittato per imparare (“Ma perché questo strapotere della tecnica non conduce, neppure in parte, intanto, al progresso?”. “Lei crede, Presidente? Già Keynes parlava di quello che quasi cento anni fa la tecnica avrebbe potuto fare ma non faceva. Chiedo perché non l’abbia fatto e non lo faccia. Perché – rispondo – è gestita dall’ideologia imperante del capitalismo, che produce soltanto ciò che può esser venduto e non ciò di cui si ha bisogno ma non si ha il denaro per comprarlo”).
Tra presidenti operai, rottamatori, e ascoltatori dell’oracolo di competenze noto come Greta, sicuramente per la maggior parte ignoranti o comunque non proprio accademicamente brillanti, nella rosa attuale, un qualche merito bisognerà pure riconoscerglielo a Conte. Possibile poi che non abbia una reale politica economica, interna ed estera. In effetti è l’unico ad aver messo la faccia su qualche provvedimento vagamente di sinistra. Neppure il PD l’aveva mai fatto.
Matteo Fais
*Qui il dialogo completo tra il Premier Conte ed Emanuele Severino.