25 Febbraio 2022

Il cielo sopra Kiev: l’Angelus Novus e il pensiero dominante. (Intanto, leggete Bulgakov)

La scorsa notte, nel cielo sopra Kiev, apparve l’Angelus Novus. Sembrava allontanarsi dall’orizzonte in fiamme su cui fissava lo sguardo. Era tale e quale lo dipinse Klee, con le ali distese, gli occhi spalancati, la bocca aperta. Proprio come apparve a Walter Benjamin quando scrisse: “L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede solo una catastrofe che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo”.

Quel che accade oggi in Ukraina era prevedibile ma non inevitabile. Non era “impensabile”, come sostenuto dal mio illustre omonimo, il direttore Fontana del Corriere della Sera. Era pensabile fin dal principio, dopo la dissoluzione dell’URSS, con la festosa o forzosa adesione alla NATO dei Paesi Baltici, della Polonia, della Romania, dell’Ungheria e via arruolando… Paesi, quasi tutti, avviati per la cattiva strada che li riporterà sempre più ad assomigliare a quello che già furono: paesi parafascisti. Paesi, come l’Ungheria, come la Romania, come la Bulgaria, come la Slovacchia (e anche la Finlandia, a dirla tutta!), paesi che accettarono l’alleanza con la Germania nazista e, se non tutti quasi tutti, si prodigarono con odio e con zelo per la “soluzione finale della questione ebraica”. Senza contare la parola data e subito tradita: “Non un centimetro dell’attuale giurisdizione militare della NATO si estenderà in direzione orientale”. Questo era stato promesso a Gorbaciov, almeno a chiacchiere.

Detesto con tutta l’anima il regime incarnato da Putin, ma non al punto da accettare per vere le menzogne dei media occidentali, l’ipocrita indignazione internazionale. Meglio astenersi il più possibile dal prestare tempo e fede a quelle “armi di distrazione e frode di massa” che sono i media. Mi rendo conto però che non ci si può chiudere in una bolla autistica aspettando che una bomba atomica ti esploda sulla testa. Se non si può far nulla, a parte digiunare e pregare almeno per un giorno, come proposto dall’unico leader mondiale che non abbia perduto “il ben dell’intelletto”, e cioè il vescovo di Roma, se non si può fare nulla d’altro qualcosa bisogna pur leggere. Personalmente sono partito dalla lettura de L’uomo di Kiev, di Bernard Malamud, su un caso di antisemitismo (fra i tanti) nella Russia zarista, ma, soprattutto, dalla rilettura de La guardia bianca, romanzo del Maestro, voglio dire Bulgakov, scrittore che nacque a Kiev. La guardia bianca è ambientato in Ukraina ai tempi della guerra civile (1918-1919) tra bianchi e cosacchi e bolscevichi, anarchici e monarchici, con un dittatore, Simon Petlijura asserragliato nella città di Kiev. (Petlijura, sotto il cui regime migliaia di ebrei furono massacrati, sarebbe a sua volta ucciso a Parigi dallo zelota anarchico nonché poeta yiddish Sholom Schwartzbard, che nel pogrom di Odessa aveva perduto quattordici membri della sua famiglia, tra cui i genitori. I giudici parigini assolsero l’imputato). La riduzione teatrale de La guardia bianca piacque anche a Stalin. Per questo, probabilmente, Bulgakov, durante le purghe nell’Unione Sovietica degli anni ’30, fu certo emarginato ma non deportato o liquidato come tanti altri. Insomma, se si vuole capire qualcosa di ciò che accade, meglio salire sulla macchina del tempo con un buon autore che non affidarsi alle analisi dei giornalisti (senza per questo fare di tutta l’erba un fascio).

Non è cosa nuova la servilità degli intellettuali nei confronti di chi ha la forza, il potere, il denaro, anzi, nella storia, la regola della casta è l’adorazione del vitello d’oro, ma credo che raramente l’asservimento al pensiero dominante sia stato così vile e disgustoso come oggi. Giorni fa, ad esempio, sentivo un noto opinionista biasimare fortemente “l’annessione russa della Crimea”, come se la Crimea fosse qualcosa di estraneo alla storia russa, sorvolando il fatto che la Crimea fu russificata al tempo di Caterina II. È un po’ come se qualcuno potesse contestare la sovranità degli Stati Uniti d’America sulla penisola della Florida che, com’è noto, rispettarono i diritti umani, il diritto di esistere degli indomabili Seminole, gli indiani che l’abitavano. Certo, tutto si può contestare, a patto di possedere la forza argomentativa e, soprattutto, la forza militare. Per non parlare delle recenti guerre mesopotamiche dove la “comunità internazionale” ha letteralmente distrutto una nazione che le stesse potenze coloniali avevano fatto sorgere dalle ceneri dell’Impero ottomano per i loro neri e oleosi interessi. Una nazione con il cui feroce dittatore un po’ tutti avevano fatto affari d’oro. Ricordiamoci la menzogna più spudorata sulle inesistenti “armi di distruzione di massa”; ricordiamoci le centinaia di migliaia di morti, uomini, donne e bambini, i milioni di profughi, la rovina e la diaspora della più grande comunità cristiana in terra d’Islam, la nascita del terrorismo islamico… Insomma, da che pulpito viene la predica contro l’invadenza russa e il suo piccolo zar; da che pulpito viene la predica contro “la violazione del diritto internazionale”. C’è prima di tutto un diritto all’esistenza, un diritto alla verità, ma anche in questa tragedia, come sempre, tutti mentono. La prima vittima della guerra, come sempre, è la verità, o almeno la sua ricerca. Ovviamente un crimine contro l’umanità non ne giustifica un altro, ma restano comunque crimini. La guerra è crimine e terrorismo su scala industriale.

Mi rendo conto però che questa è l’ora dei patrioti, come il sindaco della mia città di origine, Milano, il quale ha dato l’ultimatum a un direttore d’orchestra russo che l’altra sera dirigeva un concerto a La Scala: “Condanna l’invasione russa o ti cacceremo!”. Mia moglie invece, che insegna in un ambiente piuttosto cosmopolita, ha anche un’allieva russa, di Rostov: spero non le intimi la resa, pena la cacciata e il non farle più lezione. L’isteria patriottica è destinata a crescere e lo spargimento di sangue ad aumentare. E tutto questo, lo ribadisco, “i padroni dell’umanità” avrebbero potuto risparmiarcelo. Qui non si tratta della lotta della democrazia contro l’oligarchia (a parte il fatto che Socrate fu messo a morte dalla democrazia!), come vorrebbero farci credere, ma della lotta per la sopravvivenza tra due mali. L’editoriale scritto dal direttore di uno dei maggiori giornali padronali titolava: L’ora più buia. Evidente allusione a un film recente. Gli consiglierei anche la visione de Il dottor Stranamore, un classico. Ma già, bisogna schierarsi “dalla parte giusta della storia”, il che tradotto significa che i furbi si schierano sempre con i vincitori o dalla parte che ha maggiori probabilità di vincere. E questo sotto qualunque regime.

Enzo Fontana

Gruppo MAGOG