Nei bassifondi della carne. “La Gana”, il romanzo incarcerato
Libri
Luca Buoncristiano
Il motore del desiderio è la ricerca di un’unità perduta. Questo il senso del discorso che Aristofane ingegna nel mitico simposio platonico: «Dunque al desiderio e alla ricerca dell’intero si dà nome amore». Le “Poesie erotiche” di Patrizia Valduga, raccolte nel volume Einaudi (pp.288, euro 16,00), rianimano questo mantra letterario e lo articolano lungo uno scambio continuo con l’amato. L’amore è l’unico specchio in cui poter prendere coscienza della propria esistenza, rendendola consistente. Salvo poi dilaniarla drammaticamente, dissolverla ancora, come in un amplesso in cui le parti, alternandosi, devono farsi carta bianca per poter lasciare libero di esprimersi il partner, libero di pensare anche le cose più sordide, libere le sue mani per poterle commettere: “Chi è libero dimentica e va via,/ congeda con un bacio ogni minuto./ Tu resti in mia balia/ e di quanto è accaduto e deceduto./ Trasfondi, trasfigurami, poetizza,/ trasponiti, esorcizza…/ Sono il principio, tu fatti la fine:/ sono un medico senza medicine”. Sottomettersi, cancellarsi, l’unico modo che un innamorato ha per esistere una volta preso dalla follia erotica dell’amore. Un gioco rischioso, in cui è facile perdersi: “Lo so benissimo che non è amore,/ che ama solo se stesso,/ che è l’ennesima replica al dolore,/ un da capo senza coda né nesso,/ che non ha amore,/ che è un bambino vecchio,/ che sono da sola davanti a uno specchio”.
Oggi la politica ha ingurgitato e quindi politicizzato anche il sesso, ponendolo al centro di un dibattito ridicolo e insensato, in cui il femminismo tocca vertici così estremi da assomigliare alla parodia di sé stesso. Inversamente, i versi di Patrizia Valduga sono già oltre ogni stupida discussione: “Violentami, costringimi a godere,/ fa’ di me secondo il tuo volere” e ancora “Fa’ presto, immobilizzami le braccia […] scopami quando meno me l’aspetto”. Scriveva Lacan che il rapporto sessuale non esiste, perchè durante l’amplesso i partner rimangono reciprocamente in esilio, presi dalle loro congetture mentali. Esiste per loro solo un oggetto del desiderio. Entrambi godono reciprocamente del farsi oggetto delle turbe mentali del partner. Letterariamente, queste, e ciò che le connette alla storia di ogni essere umano, sono un mondo irrinunciabile da scavare: “‘E l’amore da sola lo fai mai?’/ Mi infilo a volte un cetriolo… ‘Eh?/ dopo mi mostri bene come fai’./ Oh no!… ‘Oh si. Lo fai davanti a me’”.
Nel sesso, infatti, Patrizia Valduga è in grado di condensare l’essenza dell’esistenza umana, la sua fragilità, senza artifici da poetastro, e di richiamare un’intera tradizione letteraria, sia erotica che non, a partire da Catullo, facendogli il verso in maniera sublime: “Baciami; dammi cento baci, e mille:/ cento per ogni bacio che si estingue,/ e mille da succhiare le tonsille,/ da avere in bocca un’anima e due lingue”.
Ogni classico parla di cosa l’uomo sia e, spesso, questo passa dal più comune sentimento umano, l’amore, che sembra poter risolverci in un colpo solo l’intera vita, come in un lieto fine, oppure finisce per stravolgerla fino a rovinarcela. L’amore riguarda sempre la nostra intera esistenza. Per quanto possa sembrare banale parlarne ancora, ne scriveremo all’infinito e Patrizia Valduga lo ha fatto da vero gigante della letteratura.
Alessandro Paglialunga
*
Poesie estratte da Poesie erotiche, Einaudi 2018
e anche con lui era come masturbarmi,
mai matura, scentrata e senza centro.
Di grazia, gli chiedevo, vuoi insegnarmi
a venire assieme a te con te dentro?
*
Bambina mia, è destino
che il tuo destino passi per l’inferno.
Sono io il tuo destino
e tutta ti squaderno
e invado le pianure del tuo corpo
e mi apro ogni apertura del tuo corpo.
*
E sempre quella mano sulla fronte…
E l’altra lì, così, due dita sole…
E quando fica e testa sono pronte
riempile di cazzo e di parole.
Patrizia Valduga