Inutile girarci intorno: è un’impresa impossibile tradurre Dylan Thomas. Il lettore perderà molte immagini distorte, allucinate, alcune delle sue associazioni apparentemente illogiche, l’intera esaltazione musicale della parola irriducibile in altra lingua. Perderà i contrappunti, gli stravolgimenti, le ambiguità, i contrasti, le tortuosità, le moltiplicazioni di senso ch’egli sempre accumula nei suoi versi acquietandoli in quella pace momentanea che è una poesia. È un’impresa persa in partenza quella di voler restituire nella nostra lingua i suoi versi ma che pure si vuole arrischiare, così com’è stato per i tanti che lo hanno tradotto in passato, perché il lettore guadagnerà almeno la possibilità di avere una qualche idea di Thomas, poeta violento e romantico come definì i suoi stessi versi (violenti e romantici, lettera a E. F. Bozman, 6 gennaio 1953); potrà accedere almeno in parte alla sua poesia che nasce dal terrore della morte, dalla fame di martirio, dalla volontà di essere liberato attraverso la sofferenza, da chi disperatamente rifiuta di andarsene lieve in quella grande notte ma inveendo e infuriando contro il morire della luce. Da chi canta per amore degli uomini e in lode del Signore. D’altronde nello scrivere – come nel vivere – non c’è niente di eroico né di spettacolare semmai di violento, di tragico, di patetico. Scrivere per disperatamente durare ci insegna Thomas, per sconfiggere il tempo, così che la morte non avrà più dominio. (Gabriele Tinti)*
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E la morte non avrà più dominio
E la morte non avrà più dominio.
I morti nudi saranno una sola cosa
Con l’uomo nel vento e la luna d’occidente;
Quando le loro ossa saranno ripulite e le ossa spolpate scomparse,
Avranno stelle ai gomiti e ai piedi;
Sebbene impazziscano saranno assennati,
Sebbene sprofondino in mare risorgeranno;
Sebbene gli amanti si perdano, l’amore non sarà perduto;
E la morte non avrà più dominio.
E la morte non avrà più dominio.
Nelle spire del mare
Giacendo a lungo non moriranno in tempesta;
Torcendosi sui cavalletti mentre i nervi cedono,
Legati ad una ruota, pure non si romperanno;
La fede si spezzerà nelle loro mani
E l’unicorno maledetto li trafiggerà;
Ovunque scheggiati non si incrineranno.
E la morte non avrà più dominio.
E la morte non avrà più dominio.
Non potranno più i gabbiani gridare ai loro orecchi
O le onde frangersi urlanti sulla riva;
Dove un fiore sbocciò un fiore mai più potrà
Sfidare i colpi della pioggia;
Benché pazzi e morti e sepolti,
Le loro teste martelleranno tra le margherite;
Irromperanno al sole finché il sole precipiterà,
E la morte non avrà più dominio.
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Non andartene lieve in quella grande notte
Non andartene lieve in quella grande notte,
I vecchi dovrebbero bruciare e inveire alla fine dei giorni;
Infuria, infuria contro il morire della luce.
Benché i saggi riconoscano alla fine che l’oscurità è giusta,
Poiché le loro parole non diramarono fulmini
Non se ne vanno lievi in quella grande notte.
I giusti, con l’ultima onda, gridando quanto gioiose
Le loro deboli gesta avrebbero potuto danzare in una verde baia,
Infuriano, infuriano contro il morire della luce.
I violenti che afferrarono il sole al volo e cantarono,
Troppo tardi impararono d’averne addolorato il cammino,
Non se ne vanno miti in quella grande notte.
I gravi, prossimi alla morte, accorgendosi con cieca vista
Che occhi spenti potevano risplendere come meteore e gioire,
Infuriano, infuriano contro il morire della luce.
E tu, padre mio, lassù sulla triste altura,
maledicimi, benedicimi ora con le tue fiere lacrime, te ne prego.
Non andartene lieve in quella grande notte.
Infuria, infuria contro il morire della luce.
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Dopo il funerale
(In memoria di Ann Jones)
Dopo il funerale, lodi da mulo, ragli,
Schiocchi d’orecchie a vela, soffocato tap
Tap d’un paletto felicemente nel pesante
Piede tombale, palpebre abbassate, denti a lutto,
Occhi rovesciati, pozze di sale nelle maniche,
Schiocco mattutino della vanga che risveglia il sonno
Scuote un ragazzo affranto che si apre la gola
Nel buio della bara e sparge foglie secche,
Riporta alla luce un solo osso con colpo di giudizio,
Dopo il banchetto d’un tempo colmo di lacrime e di cardi,
In una stanza con una volpe impagliata e una felce stantia,
Io rimango solo, per questo memoriale,
In questo piagnisteo sto con la morta, Anna la gobba
Il cui cuore, fontana incappucciata, come una pozza precipitò
Sui monti assetati del Galles e annegò ogni sole
(Sebbene questa per lei sia una mostruosa immagine ciecamente
Esagerata per lode; la sua morte fu una quieta caduta;
Non mi vorrebbe sprofondato nel sacro
flutto della fama del suo cuore; muta e scura
Vorrebbe giacere, senza bisogno di druidi per il suo corpo reciso).
Ma io, bardo di Anna, su un alto focolare, chiamo tutti
I mari a questo officio che la sua virtù di lingua lignea
Balbetti come una boa sonora sulle teste inneggianti,
Prostri le mura dei boschi di felci e di volpi
Ché il suo amore canti e aleggi in una scura cappella,
Consacri il suo spirito corrotto con quattro uccelli in croce.
La sua carne era mite come latte, ma questa statua rivolta al cielo
Con il petto sconvolto e l’immenso cranio benedetto
È scolpita dal vivo in una stanza dalle finestre umide
In una casa in lutto violento, in un anno rovinato.
Dylan Thomas
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And death shall have no dominion
And death shall have no dominion.
Dead men naked they shall be one
With the man in the wind and the west moon;
When their bones are picked clean and the clean bones gone,
They shall have stars at elbow and foot;
Though they go mad they shall be sane,
Though they sink through the sea they shall rise again;
Though lovers be lost love shall not;
And death shall have no dominion.
And death shall have no dominion.
Under the windings of the sea
They lying long shall not die windily;
Twisting on racks when sinews give way,
Strapped to a wheel, yet they shall not break;
Faith in their hands shall snap in two,
And the unicorn evils run them through;
Split all ends up they shan’t crack;
And death shall have no dominion.
And death shall have no dominion.
No more may gulls cry at their ears
Or waves break loud on the seashores;
Where blew a flower may a flower no more
Lift its head to the blows of the rain;
Though they be mad and dead as nails,
Heads of the characters hammer through daisies;
Break in the sun till the sun breaks down,
And death shall have no dominion.
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Do not go gentle into that good night
Do not go gentle into that good night,
Old age should burn and rave at close of day;
Rage, rage against the dying of the light.
Though wise men at their end know dark is right,
Because their words had forked no lightning they
Do not go gentle into that good night.
Good men, the last wave by, crying how bright
Their frail deeds might have danced in a green bay,
Rage, rage against the dying of the light.
Wild men who caught and sang the sun in flight,
And learn, too late, they grieved it on its way,
Do not go gentle into that good night.
Grave men, near death, who see with blinding sight
Blind eyes could blaze like meteors and be gay,
Rage, rage against the dying of the light.
And you, my father, there on the sad height,
Curse, bless, me now with your fierce tears, I pray.
Do not go gentle into that good night.
Rage, rage against the dying of the light.
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After the Funeral (In Memory of Ann Jones).
After the funeral, mule praises, brays,
Windshake of sailshaped ears, muffle-toed tap
Tap happily of one peg in the thick
Grave’s foot, blinds down the lids, the teeth in black,
The spittled eyes, the salt ponds in the sleeves,
Morning smack of the spade that wakes up sleep,
Shakes a desolate boy who slits his throat
In the dark of the coffin and sheds dry leaves,
That breaks one bone to light with a judgment clout’
After the feast of tear-stuffed time and thistles
In a room with a stuffed fox and a stale fern,
I stand, for this memorial’s sake, alone
In the snivelling hours with dead, humped Ann
Whose hodded, fountain heart once fell in puddles
Round the parched worlds of Wales and drowned each sun
(Though this for her is a monstrous image blindly
Magnified out of praise; her death was a still drop;
She would not have me sinking in the holy
Flood of her heart’s fame; she would lie dumb and deep
And need no druid of her broken body).
But I, Ann’s bard on a raised hearth, call all
The seas to service that her wood-tongud virtue
Babble like a bellbuoy over the hymning heads,
Bow down the walls of the ferned and foxy woods
That her love sing and swing through a brown chapel,
Blees her bent spirit with four, crossing birds.
Her flesh was meek as milk, but this skyward statue
With the wild breast and blessed and giant skull
Is carved from her in a room with a wet window
In a fiercely mourning house in a crooked year.
I know her scrubbed and sour humble hands
Lie with religion in their cramp, her threadbare
Whisper in a damp word, her wits drilled hollow,
Her fist of a face died clenched on a round pain;
And sculptured Ann is seventy years of stone.
These cloud-sopped, marble hands, this monumental
Argument of the hewn voice, gesture and psalm
Storm me forever over her grave until
The stuffed lung of the fox twitch and cry Love
And the strutting fern lay seeds on the black sill.
**Gabriele Tinti è un poeta, scrittore e critico d’arte.
Ha scritto ispirandosi ad alcuni capolavori dell’arte antica come ‘Il pugile a riposo’, Il ‘Galata suicida’, il ‘Giovane vittorioso’ (Atleta di Fano), il ‘Fauno Barberini’, l’’Ercole Farnese’ e molti altri ancora, collaborando con Istituzioni come il Museo archeologico di Napoli, i Musei Capitolini, il Museo Nazionale Romano, il Museo dell’Ara Pacis, il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, il British Museum di Londra, il Metropolitan Museum di New York, il LACMA di Los Angeles, il Parco archeologico del Colosseo e la Glyptothek di Monaco.
Le sue poesie sono state lette da attori come Willem Dafoe, Kevin Spacey, Abel Ferrara, Malcolm McDowell e Alessandro Haber.
Nel 2016 ha pubblicato “Last words” (Skira) in collaborazione con l’artista americano Andres Serrano.
Nel 2020 è uscita la sua raccolta di poesie in collaborazione con l’artista Roger Ballen per i tipi di Powerhouse Books (New York).
Nel 2021, 24 Ore Culture ha raccolto in un volume per i tipi di Libri Scheiwiller (Milano) il progetto “Rovine”. L’edizione inglese è uscita in contemporanea a cura dell’editore Eris Press (Londra). Nel 2022 la sua raccolta di poesie “Sanguinamenti” è stata pubblicata da La Nave di Teseo (Milano) e – nel 2023 – da Contra Mundum Press (New York). Sempre nel 2023 Eris Press (Londra) ha pubblicato le sue poesie in un volume – “Confessions” – con immagini di Andres Serrano.