Di Dominique Rouche, in rete, si trova poco, quasi nulla. Esito – si direbbe – di una specie di ascesi, di un’ascensione verso gli espulsi.
La casa editrice francese L’Harmattan, con sede a Parigi, ci informa che esistono tre libri di Rouche in commercio. L’ultimo – del 2012 –, Œdipe le chien, è una riflessione nei meandri della tragedia di Sofocle, attraversando Freud e Nietzsche. I titoli degli altri libri – Vers l’inframonde, 2011; Phantôme suivi de Le Janséniste travesti, 2010, che ha per tema la predestinazione – dicono forse qualcosa sull’attitudine letteraria dell’autore.
Dominique Rouche pare uno che vuole confondere le tracce.
La testimonianza più interessante che lo riguarda la rintracciamo in Fabula mistica, l’impressionante lavoro di Michel de Certeau. Nel saggio dedicato a Giovanni della Croce, La poesia e la sua prosa, Michel de Certeau cita Dominique Rouche come l’unico poeta francese che abbia raccolto l’eredità lirica di Angelus Silesius. Cosa vuol dire? Operare in un linguaggio che vada oltre la soglia del linguaggio. Che significa? Presupporre la parola orfana – perciò: offerta. Stare a vegliare il Verbo.
La cosa è curiosa. Michel de Certeau – che ha studiato le slabbrature della lingua, il punto di non ritorno del verbale – cita rari poeti contemporanei. Gli interessa sondare la lingua che arriva “non si sa da dove, senza perché”, che “non rispetta un ‘genere’ letterario”; gli interessano libri in cui l’autore lavora – consapevole o meno – con l’intento “di ossessionare o ammaliare una lingua entrandovi come una danzatrice”. Di Dominique Rouche lo studioso gesuita ricalca una poesia, questa:
“Che sono stato, in questi tremiti pallidi e conseguenti: quale attesa e vedovanza senza nome? Niente fuorché niente, ufficio d’Uno che manca alla lettera. Sogno E quanto ho potuto dire, o Dire, si eclisserà come il resto, Che talvolta enuncio. Nell’Estasi”.
Il traduttore italiano – Silvano Facioni, edizione Jaca Book del 2016 – ha dovuto un po’ modificare la punteggiatura dell’originale, per facilitare l’ingresso al lettore. Il libro da cui è tratta la poesia, Hiulques copules, edito da Gallimard, è ormai irreperibile da tempo. Stampato il 9 febbraio del 1973 nella storica collana ‘Le Chemin’, diretta da Georges Lambrichs, il testo esce senza alcuna ‘quarta’; manca anche la nota biografica dell’autore. Nella stessa collana, in quella mischia d’anni, escono J.M.G. Le Clézio – futuro Nobel per la letteratura – e Georges Perros, Henri Meschonnic e Pierre Guyotat, Jude Stéfan e Jean Starobinski.
Pare che sia stato Michel Foucault a proporre il libro di Dominique Rouche a Gallimard. Il poeta vi lavorava da tre anni. Nato nel 1946, Rouche ha studiato a Caen e a Vincennes, dove, appunto, insegnavano Foucault e Gilles Deleuze. A una prima lettura, in effetti, la poesia di Dominique Rouche pare intrappolata in quel flusso di letture, a cui possiamo sommare la scoperta di Maurice Blanchot. Si lavora nei presso della smagliatura, della lingua flagellata, dello sbaglio e dello sbaragliare nel tic, tra afasia e apostasia, per divincolarsi dai gangli della lingua imposta, dalla prigionia del ‘comunicare’, dell’imbonire – imbruttire – le masse tramite proclami e claim. Un esempio:
: Finché non Fui separato dalla mia Causa : ancora possedevo il Nome : che Era : Colui che È: EGO SUM ABSCONDITUS
Si tratta di scoscendere nella via negativa della lingua per andare a caccia del dio nascosto, con verbi come torce: atti a farsi cenere. Con verbi come fionde: utili a sganciare la pietra. Il libro – che scompone il poetico nel singolo singulto – è composto da 210 lasse: spesso sono aforismi, epifanie che infieriscono sulla grammatica delle cose, sull’ordine dei fatti. La struttura è quella del libretto di scena, dell’atto osceno, con frontespizio e chiusa; dal blasfemo si giunge al benedetto; dal corpo carnale al corpo del testo al corpo-a-corpo con l’Immoto Trionfante.
Il titolo ha una spiegazione, per così dire, etimologica, posta in esergo. Hiulques viene dal latino Hiulcus che significa “diviso, aperto” (cioè: fenditura-fessura); in forma figurata: “chi ha la bocca spalancata, avida”. Il segno cristico è chiaro: Gesù è Verbo con ferite-fenditure, è Verbo ferito, su cui si è infierito, perciò diviso, aperto. È bocca avida del Padre – bocca riempita con aceto. Ogni parola è aperta, è avida. Ogni parola è bocca che blatera. Divide. Copules è la copula come il copulare. Legame. Il legame, divide.
Lettura ardua quella di Dominique Rouche, che procede per asperità, figlia di un altro mondo. All’epoca, Hiulques Copules fu salutato come un libro miliare, a fondamento di una “nuova scrittura”, che accorpava poesia e scoscendimento mistico, “pensiero insolente” e verbo disturbante. Restò, per sua natura, un libro irripetibile – capace di squassare il poeta, di scassinarlo. Da allora Dominique Rouche, “rinuncia alla letteratura”. Per cinque anni va in analisi da Jacques Lacan – ne esce, pare, uccidendo il libro, l’antica lingua.
D’altronde, ogni libro degno di essere scritto chiede, in olocausto, la morte dello scrittore. La ripetizione, in questo caso, è impossibile – demarca una viltà.
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Hiulques Copules
Riproduce qui ciò che si sprigiona: infine apre il Libro dei suoi Doveri. Anticipazione del reale: EGLI È ALLUCINATO: Ritorno all’irreale
Comporta un tempo morto SIPARIO (Il Libro si apre sul Frontespizio)
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I
A ME : che l’Infame presenza invade da Là dove non c’è Nome : mi volgo verso il Ritorno : da dove viene il Nome – : e il Mangiare? Ciò che ho scritto, insano, mera Lettura di essenza Criminale animata da un Soffio (– che Espira. Quasi presenza della Morte del Libro –) : continua a scriversi : solo per ciò che infine non è altro che Corpo pari al Crimine. Per la progressiva evanescenza delle facoltà abituali a cui credevo di voler aspirare : Là è il mio Sollievo come non mai : Lì io rimango.
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XXX
Ora: io ero Colui che riconosceva la fibbia delle Sue labbra: il Serpente: il Male della conoscenza. E – (verrà mai lui, vedremo mai un simile Volto – ? –): ho sorriso – verso il lato sinistro – Dunque, io cerco una Regalità: un Trono: su cui fondare il mio Dominio – tutte le mie dominazioni – e – (non è ancora chiaro?) –: l’ho trovato!
Egli è: la Dimora dei miei Possedimenti: l’Angelo santo della Duplicità.
L’Angelo del Potere del Falso.
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LVIII
: Discriminante : una Cesura : Ordinare il Libro ammette la Spartizione dell’Arbitrario : categoria della copula :
: del Decisivo :
: AZZARDO :
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XCVI
[Non sarò diventato Donna durante la Notte? Perché qui mi sveglio sdraiato. E che l’Angelo penetri la mia Dimora – con la Sua Tunica –!]
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XCIX
Che cali la Notte e si levino le Maschere! Che giunga, allora – soltanto All’ora – la Filosofia dell’Epoca : il Tempo dell’Epoca! Lascialo brillare – Allora – il Sole – NERO – della Mistificazione!
Così dice, sorridendo – da un certo sinistro lato – il disinvolto Divoratore di enigmi.
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CIII
Sia così : il Rivoltante terrore dei deboli : finché è loro la Legge che li esclude dall’essere.
Dunque : che Accada il Libro; illibato : di modo che Tu non possa accedervi : di modo che sia un Accesso : simile al Castigo.
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CIX
[Scritto all’Alba della Sera. Esiste Qualcuno che saprà Leggerlo? La sola cosa che esiste è l’Infame: L’OCCHIO. E : non l’ho chiuso tra inferriate dentro di me? O gesto : non ti ho forse impegnato?
Con questo non ho forse contaminato la mia anima, fin dall’Infanzia?]
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CXLVI
“Grammatica! Ho sorbito il sangue delle Tue Regole. E non sono arrossito”.
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CCIX
In verità Vi dico: “Ho scritto tutta la Scrittura”. E dunque: “I miei Scritti non esistono”.
Questo è : Eternità : Perverso Sovrappiù della mia Parola.