La genealogia degli scrittori ebrei-americani è chiara. Isaac B. Singer – che tuttavia scriveva in yiddish – è l’Abramo, Saul Bellow – che tradusse Singer in Usa – è il Mosè, poi arriva Philip Roth a portare la nuova novella (tautologia lecita). I primi due – Abramo e Mosè – hanno ottenuto, a stretto giro, il Nobel per la letteratura (Bellow nel 1976, Singer nel 1978). Philip Roth ha mancato l’appuntamento svedese ma la morte, capitata un mese fa, lo ha censito – incenerendolo – come il più grande scrittore americano vivente, prima di morire. Singer è un genio nell’arte del racconto – di solito, mistico-pruriginoso – Saul Bellow ha scritto alcuni romanzi di invariata grandezza. Io preferisco Il re della pioggia (in Italia nella traduzione di Luciano Bianciardi) e, ovviamente, Herzog. Il mio amico Simone Cattaneo – che adorava Saul Bellow – dice Il dono di Humboldt. Saul Bellow era un rompipalle. Imperdonabile è la sua lettera a William Faulkner, era il 7 gennaio 1956, in cui rifiuta di affiliarsi agli scrittori che impetrano il governo per la liberazione di Ezra Pound dal St. Elizabeths, l’ospedale psichiatrico in cui il poeta è recluso dalla fine della Seconda guerra. “Se fosse sano di mente dovrebbe essere processato per alto tradimento; se fosse pazzo, non sarebbe il caso di rilasciarlo unicamente perché è un poeta. Nelle sue poesie e nei suoi discorsi via radio, perorava l’ostilità verso gli ebrei e predicava odio e sangue. Davvero mi sta chiedendo di partecipare a rendere omaggio a un uomo che invocava la distruzione dei miei consimili? In Francia Pound sarebbe stato fucilato. Liberarlo perché è un poeta? Magari poeti migliori di lui sono stati sterminati”. Irritante, petulante, con una noncurante capacità di far apoftegmi sul niente (in un articolo del 2010 su l’Espresso, Alessandro Piperno riassume il talento di Saul così: “1. Bellow è uno scrittore senza messaggi. Uno che non ti dice come la devi pensare su niente; 2. Bellow è uno scrittore digressivo. Gli intrecci dei suoi romanzi sono a dir poco flebili. A lui piace intrattenerti con incantevoli divagazioni rapsodiche”), Bellow è un genio, ci piaccia o no. Uno che crede nel contrasto e nell’alchimia polemica. In questa lettera a Philip Roth, del 1984 – cioè: Bellow ha già scritto i romanzi più grandi, Roth, già ultrafamoso, non ancora – Bellow fa i complimenti al suo obliquo pupillo, sculaccia i giornalisti, sputa in faccia a Freud. Il testo è tratto da Saul Bellow. Letters, a cura di Benjamin Taylor, 2010.
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7 gennaio 1984, Chicago
Caro Philip [Roth]:
mi pareva cosa buona rilasciare un’intervista a People, ma è stata una cosa estremamente sciocca. Ho chiesto ad Aaron [Asher; editor tra i più noti a New York, ha lavorato per Bellow, Roth, Arthur Miller e Milan Kundera, tra gli altri, è morto, a 78 anni, dieci anni fa, ndr] di dirti che la Compagnia Buone Intenzioni mi ha fottuto di nuovo. Il giovane intervistatore ha travisato le mie opinioni, ha segato i complimenti e ha fatto sembrare tutto disconoscimento, denuncia, scomunica. Bene, siamo entrambi abituati a questo genere di cose, ben oltre lo shock. Accettare la chiamata e fare dichiarazioni: sono stato uno scemo. Ma se fossi stato intervistato da un angelo per il Seraphim and Cherubim Weekly, avrei detto, come effettivamente ho detto alla piccola puttanella, che tu sei uno dei nostri migliori e più interessanti scrittori. Avrei aggiunto di essere stato fortemente eccitato e divertito dal tuo ultimo romanzo [si fa riferimento a Zuckerman scatenato, ndr] e che chiaramente dopo trent’anni ho capito alla perfezione ciò che dici intorno al mestiere dello scrittore – non potevo capire, non avendo sofferto gli stessi dolori. Tuttavia i nostri diagrammi sono diversi, e la più rapida descrizione delle nostre distanze sta nel fatto che tu accetti la spiegazione freudiana: Uno scrittore è mosso dal desiderio di fama, di denaro, di sesso. Non ho mai preso sul serio tale trinità. Ma questa è una nota a margine e non intendo farne una speculazione rabbinica. Ti prego di accettare le mie scuse, di perdonarmi, e accetta i miei migliori auguri. Temo che sia impossibile fare qualcosa riguardo ai giornalisti; possiamo solo che sperare che muoiano come le farfalle, alla fine di agosto.