10 Dicembre 2020

In realtà, è convinta di non essere mai nata. Emily’s Birthday

Emily Elizabeth Dickinson nasce il 10 dicembre, era il 1830, ad Amherst, Massachusetts, “in un intatto scenario di cieli alti e ondose foreste che giungono – come in un ‘sublime diluvio’ – a sfiorare gli edifici del Collage a cui il villaggio deve la sua fama” (Marisa Bulgheroni). Cosa dire di lei che ha vissuto nella sparizione, spiraglio per versi memorabili? Basti poggiare un verbo sulla sua fronte, come un fiore. Ho chiesto un ricordo narrativo a Silvio Raffo, che della Dickinson ha tradotto moltissimo – in particolare: 1174 poesie nel ‘Meridiano’ Mondadori. Autore della biografia esegetica Io sono Nessuno. Vita e poesia di Emily Dickinson (Le Lettere, 2011), Raffo ha curato, inoltre, La Bella di Amherst. Il racconto della vita di Emily Dickinson di William Luce. Soprattutto, per la casa editrice De Piante, Raffo ha costruito una edizione degli aforismi della Dickinson: il libro, Pochi amano veramente, uscirà in febbraio, ho avuto il privilegio di guardarlo in anteprima. Le agnizioni di ED ci colpiscono, frantumando stinchi e certezze, come da un oltre tempo, con formule d’estasi. Calco alcuni frammenti, estratti da lettere, appunti, visioni istantanee: “Il cielo perdura non per quello che le stelle hanno fatto, ma per quello che faranno”; “Della bellezza riusciamo a trattenere solo l’evanescenza”; “Non si può strappare un incantesimo, e poi rammendarlo come un vestito”. (d.b.)

È il 10 dicembre 1859, pieno inverno ad Amherst, ed Emily Dickinson, che per celia una dozzina di anni fa si è battezzata con una sua ex compagna di collegio “la Bella di Amherst”, compie ventinove anni. La soglia di un’età temuta dalle signorine di buona famiglia. L’anno venturo, trentenne, priva di fidanzato e pretendente di sorta, segnerà inequivocabilmente l’ingresso nella condizione dello zitellaggio. Ma Vinnie, che quella soglia l’ha appena superata, non sembra affatto distrutta da tale consapevolezza. E se non lo è Vinnie, che come è noto è la Saggezza incarnata, perché dovrebbe esserlo lei? A dir la verità, Emily a queste cose non pensa per niente: anni, pretendenti (pretendenti a che cosa poi?), scadenze, compleanni. L’età in particolare non è qualcosa di decisamente irreale? Oggi, 10 dicembre 1859, si registra il ventinovesimo anno della comparsa nel mondo di Emily Elizabeth Dickinson. 29 è indubbiamente un numero molto elegante, ed è altrimenti indubbio che rappresentando il numero precedente il compiersi di una decina rechi con sé un indefinibile senso d’ansia… In realtà ogni volta che qualcuno le chiede quanti anni abbia Emily per un attimo non se ne ricorda e l’attimo dopo quando il numero le si configura nella mente le sembra un’entità assurda e insignificante, non riesce neanche a formulare con le labbra i fonemi che la rappresentano. 

In realtà è segretamente convinta di non essere mai nata.

Nella sterminata miriade dell’epistolario dickinsoniano datata a10 dicembre è appunto quella del 1859 destinata alla Signora Bowles, moglie di Samuel Bowles, direttore dello “Springfield Republican” (uno dei tanti personaggi che avrebbe potuto aiutarla a non rimanere il Nessuno che Emily volle rimanere), ma il particolare incredibile è che non vi compare alcuna allusione o riferimento all’Emily’s birthday. C’è una meravigliosa descrizione di stormy weather: “Qui ad Amherst c’è una tempesta invernale – nevica, poi piove, poi una nebbia soffice come un velo si attacca a tutte le case, e poi le giornate diventano di topazio, come la spilla di una dama… Il mio giardino è un piccolo poggio con dei volti, e solo i pini salmeggiano, ora che gli uccelli sono assenti. Non posso camminare fino agli amici distanti in serate crude come queste, così appoggio le mani al vetro della finestra, e cerco di capire come volano gli uccelli, li imito, e fallisco… State bene questa sera? Spero che siate felici. Chiedo a Dio, in ginocchio, di mandarvi tanta prosperità, pochi giorni d’inverno, e tanti di sole. Ho la speranza infantile di riunire tutti quelli che amo – sedermi accanto a loro, e sorridere”.

Ma… questo tempestoso giorno di dicembre non è stato anche il tuo compleanno, Emily?

Non se ne ricorda. Oppure le sembra un evento di scarsa importanza. Come tutto nella sua vita, che infatti le biografie definiranno uneventful… Ma un evento, che cosa sarà mai? A Emily sembra già tutto così misterioso che ogni secondo di vita dovrebbe essere considerato un miracolo e ogni miracolo dovrebbe essere ammesso nell’eventuale. In tale contesto essenzialmente insignificante e impenetrabile non c’è altro pericolo che morire d’estasi. Per morire però bisogna essere nati… e lei sente stranamente di non essere mai nata. Proprio perché sente di morire d’estasi al solo pensare a un balzo del leopardo nel cielo (il Sole) o alla unsuspected Maid (la rugiada) che ha visitato i fiori all’alba. Ma tutti questi “eventi” quando e dove veramente “accadono”? In un luogo e tempo “reali”? Non si sa.

Quindi che senso avrebbe ricordare nella lettera alla Signora Bowles che oggi si è festeggiato il suo compleanno.

Certo che la torta al cioccolato di Vinnie era stupenda. E quando mai qualcosa di confezionato dalle mani di Vinnie non era stupendo?

Silvio Raffo

*

IV

Buongiorno mamma. Come ogni mattina

la salutasti. Alla finestra il sole

premeva, e un canto blando di cicale.

Le pettinasti i grigi bei capelli.

Del tuo silenzio non carpì il segreto.

Soltanto tua rimase la notturna

visita: l’ospite senza volto, l’amico

che mai forma acquistò ma che t’aveva

posto alla vita la salda cintura.

Silvio Raffo (da: “Suite for Emily”, in “Il canto silenzioso”, Marna, 2005)

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