Il 25 giugno scorso nello splendido gioiello di impianto medievale che è Montegridolfo (RN), presso Palazzo Viviani, si è tenuto un concerto a cura di Blumen Trio; composto da Davide Tura, riminese, al pianoforte, Claudia Lapolla al violino e Veronica Conti al cello. La serata ha visto l’alternarsi fluido di brani musicali e piccole note introduttive, ma tutto su un unico filo conduttore: la musica per il cinema. Davide Tura ha condotto il pubblico in un percorso guidato tra maestri famosi e altri meno conosciuti che hanno scritto musica per cinema, in un punto speciale e unico di incontro tra immagini, storia e suono. Tra i brani eseguiti ci è stato concesso anche qualche inedito scritto dallo stesso Tura, uno in particolare finirà in un film che appena presentato alla Mostra del cinema di Venezia. Al concerto era possibile accedere gratuitamente, un dono vero e proprio fatto a chi ha voluto partecipare a questa serata. Questo ovviamente è stato possibile grazie a chi ha donato, ai così detti mecenati. Una sola piccola riflessione però devo fare; siamo ormai in un’epoca dove – fortunatamente o meno – l’artista non è più servo e servitore del potere, usato come fonte di promozione per far circolare il nome e le gesta del mecenate che lo paga, l’artista quindi non è legato al potere del mecenate in forma così diretta e spudorata; questo perché il mecenate può attingere ad altre forme di propaganda, di pubblicità. Sarebbe meraviglioso – e lo continuo a sperare – che i mecenati d’oggi siano lupi capo branco: il lupo capo branco è l’ultimo della fila, perché nessuno deve occuparsi di lui, egli è l’ultimo perché è il primo, non ha necessità di primeggiare, di stare avanti a tutti. Qui intervisto il giovane pianista e compositore Davide Tura.
Davide Tura, pianista e compositore
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Da esecutore e insegnante di pianoforte, seppur giovanissimo, sei passato alla composizione. Qual è stato il primo esatto momento in cui hai sentito battere nella mente la tua prima personalissima nota? C’è stato un giorno o un istante che ricordi, particolarmente importante?
La musica, in qualsiasi forma la si prenda, è depositaria di un codice misterioso è portatrice di messaggi emotivi che vanno a toccare nel profondo di qualsiasi individuo si apra ad essa. Mi vedo giovanissimo a fine anni ’90/inizio anni 2000 impegnato a tradurre le migliori pagine della letteratura pianistica. Le mie interpretazioni sconfinano però regolarmente in libere rivisitazioni e stravaganti improvvisazioni. Mi accorgo che proprio lì è nata la mia necessità di dire qualcosa con le note. È proprio dallo studio metodico e dal confronto con i Maestri istituzionali che muove un pensiero individuale. Così i pomeriggi delle estati più afose diventano un banco da lavoro come in una falegnameria, in una fucina in cui da uno spunto dato (una melodia, un’armonia, una ritmica) le ore passano alla ricerca di note, tecniche e modi di fare per comunicare qualcosa che gradualmente diventa sempre più rappresentativo ed originale.
Ti avranno ripetuto molte volte che la vera musica è solo quella classica, è una ninna nanna che si sente blaterale spesso. Come dialoghi con i tuoi demoni e le tue paure quando componi?
La musica di altri è sempre stata unicamente fonte di stupore e fascino. Non provo alcun tipo di sofferenza al pensiero dei grandi compositori classici, anzi solo una grande ispirazione. Allo stesso tempo non avendo più idoli, sorpassando quindi la fase di reverenza servile inculcata dalle mentalità più accademiche, non mi sento strettamente dipendente da una scuola di pensiero, da un debito generazionale, da un confronto schiacciante. Accogliere i grandi e piccoli esempi musicali che mi circondano è il modo per non soccombere alle frustrazioni, invidie ed impotenze tipiche della fase creativa. Molto più preoccupante è invece il castello immaginario che mi creo in fase di progettazione e poi la sua attuabilità in fase creativa ecco, lì sì che le due cose non coincidono mai e creano forti lacerazioni tra il volere ed il potere della realizzazione di un’opera nuova. Va però a sua volta accettato come momento di stimolo per non ripetere delle procedure che appiattirebbero il senso ed il valore che ogni volta mi lega ad una nuova composizione. Il tutto ovviamente, quando non esistono commissioni o quando i tempi del committente sono sensibili alla creazione.
Ogni artista è un creatore che effettua un atto poetico, ovvero crea dal nulla. Ognuno però ha un suo metodo; c’è chi scrive tutta l’opera al primo getto come immerso in uno stato di flusso trainante, e c’è chi sente una parola o una singola nota come un mantra per tutto il giorno finché non la incatena al foglio. Tu come crei?
Ho sempre bisogno di un agente scatenante per poter trovare le note di partenza di una nuova opera. Chiaramente non è solo accidentale il primo passo ma tanto materiale è già pronto in un cassetto molto spesso della mente, che aspetta solo la giusta occasione per essere riscoperto. Tornando però alla scintilla iniziale, ho bisogno di entrare gradualmente nell’ottica che il brano nuovo possa rappresentare qualcosa di molto specifico, che si inserisca in un progetto o in una fase artistica con spiccato senso. Quindi spesso mi trovo dopo un lungo periodo di osservazione, ruminazione e gestazione a comporre in un unico grande flusso tutta la musica. Quando sento l’urgenza scottante è lì che capisco che qualcosa di unico o importante per le mie possibilità sta arrivando e deve essere scritto e concluso. Nell’arco creativo la parte calda è molto breve ma intensa, ed è fatta di scottature ed idee bruciate, di illusori infatuamenti e ardenti soluzioni che magicamente connettono tanti punti irrisolti o passaggi morti che non avevano seguito fino a poco prima. Più passano le opere ed i brani scritti è più cerco di godermi questo momento unico dove sembra di assistere ad un miracolo della natura, ad una congiunzione astrale celata fino a poco prima, ma cercata sempre con veemenza e tanta asfissiante determinazione.
Mia madre è depressa: “Sono moscovita, mio padre ha fondato il Museo delle Belle arti, sono poetessa e traduttrice, ho quarantasette anni e a Mosca non c’è posto per me”
Una tua composizione sarà colonna sonora di un film che uscirà a breve nelle sale, raccontaci di questo progetto.
Diversi progetti hanno avuto un seguito importante soprattutto incrociando le altre arti. Uno su tutti è il rapporto tra musica e cinema. Dopo aver approfondito per anni le diverse relazioni tra le due arti ho potuto candidare uno dei miei brani per il nuovo film di Giuseppe Nuzzo. Ho cercato tra le pieghe del montaggio i momenti e le sfumature che mi rappresentassero. In due momenti molto toccanti del film e rinominati come il risveglio e il ricordo ho elaborato un tema arioso e calmo per orchestra d’archi. I provini furono registrati da due grandi amiche e colleghe con cui suono regolarmente; Caroline Drouin (violino) e Veronica Conti (violoncello). Il regista, il montatore ed il supervisore musica hanno veramente apprezzato il mio materiale. La notizia l’ho ricevuta in una video call con il film che scorreva, arrivato ai punti dove era la mia musica per fortuna ero online perché dal vivo non avrei potuto esprimere la mia gioia e commozione. Il film si chiama Quel posto nel tempo interpretato principalmente da Leo Gullotta, in uscita nei cinema il 21 Settembre 2022 è stato mostrato in anteprima nazionale alla Mostra del Cinema di Venezia il 2 settembre.
Parliamo del futuro, dove ti stanno portando le note che senti nella testa? Quali ricerche stai svolgendo?
Ho tante cose per le mani attualmente, ma sarà sempre il prossimo progetto il più motivante ed intenso. Uno su tutti sarà comporre miei brani e anche arrangiare ed orchestrare brani di Béla Bartók per un concerto della prestigiosa Sagra Musicale Malatestiana di Rimini, programmato per il prossimo 26 Ottobre al Teatro Galli. Ad eseguire le musiche sarà l’Orchestra giovanile di Rimini composta dalla Eyos (orchestra del liceo Einstein di Rimini) e dalla Banda giovanile cittadina, che avrò anche l’onore di dirigere insieme al collega Andrea Brugnettini. Inoltre il rapporto tra musica e le immagini riprenderà presto perché dopo una fortunata esperienza di sonorizzazione del film muto The Lodger di Alfred Hitchcock, sono pronto a scrivere per altri grandi capolavori!