I giornalisti italiani sono davvero confinabili nella categoria “puttane e sciacalli” come dicono Di Maio e Di Battista? Ci ho riflettuto. Mi sono preso qualche giorno per annusare l’aria, vedere le reazioni di colleghi, politici e gente comune e, in effetti, credo di poter dire qualcosa di originale in proposito.
La premessa è questa. A differenza di altri commentatori, a me non imbarazza il passato di bibitaro allo stadio di Di Maio o la recente scoperta che Di Battista faceva l’animatore nei villaggi col nome d’arte di “Cuore di Panna”. Il motivo è semplice. Mario Monti è uno dei connazionali con il curriculum più adeguato a ogni tipo di incarico d’alto livello eppure nei sondaggi è risultato uno dei presidenti del consiglio meno amati di sempre. È facile tirare le somme. Adeguato o no, bravo o difensore dei poteri forti, gli italiani lo hanno sfanculato perché non si riconoscono in lui, essendo, nel nostro piccolo, un po’ tutti bibitari, animatori e, a volte, anche puttane e sciacalli.
Perciò, riflettendoci, sì, è vero: la categoria dei giornalisti (e dei relativi editori, non dimentichiamo loro, mi raccomando!) è piena di puttane e sciacalli. Per quello che mi riguarda ne conosco parecchi che sono a vario titolo delle puttane (per chiarezza, anche solo scrivere una bella recensione del brutto libro dell’amico-collega rientra nella marchetta, senza entrare in sfere ben peggiori dei giornalisti a libro paga di chicchessia), per non parlare degli sciacalli. Ripeto, parlo per esperienza personale. Di forti con i deboli e deboli con i forti la categoria è piena. Non più tardi di qualche settimana fa incontro un esperto cronista di nera che in una città del nord osserva una siepe. Lo saluto, gli chiedo cosa fa. Mi risponde che c’è un tizio sdraiato sotto la siepe e non si muove da 20 minuti. Gli chiedo se ha chiamato l’ambulanza. No, risponde, perché al pronto soccorso gli bruciano la notizia. Invece ha chiamato un suo amico in questura e ha detto che mandava una pattuglia a controllare. La pattuglia arriva in quel momento. Un calcetto al tizio che dopo qualche istante si muove. Falso allarme ma con la morale che è meglio non bruciare la notizia in esclusiva che salvare la vita a un tossico che magari sta morendo.
Puttane e sciacalli o di una ipocrisia senza fine, come i colleghi scesi in piazza in difesa dell’Ordine dei giornalisti che, uguale ai Centri per l’impiego, serve solo a dar lavoro a chi ci lavora (a proposito, se volete il mio tesserino ve lo restituisco volentieri, così almeno smetto di pagare la quota annuale e anche l’INPGI).
Sempre per esperienza personale, gli italiani peggiori che ho conosciuto tra puttane e sciacalli non sono alcuni colleghi giornalisti. Sono alcuni politici, dipendenti pubblici (anche alti funzionari), militari in carriera, professori universitari e medici specializzati (pensate alla cronaca e vi verranno in mente anche a voi). Ecco un altro esempio recente. Professore universitario stimato, seduto in poltrone retribuite di diversi enti e associazioni più o meno importanti. Alle ultime politiche cercava un seggio sicuro in parlamento. Si è impegnato molto ma il seggio sicuro non gliel’hanno dato. Non si è scoraggiato. E in confidenza – con un ghigno che era tutto un programma – mi ha fatto l’elenco di una mezza dozzina di poltrone in scadenza dove lui era in pole position, in attesa della prossima tornata elettorale.
Quindi cosa voglio dire? Che di puttane e sciacalli è pieno il mondo, in ogni categoria, in ogni paese. Però politici e giornalisti, senza bisogno di tessere e tesserini, hanno un altro aspetto in comune. Devono rispondere al loro pubblico: elettori e lettori. E, se non meritano la loro poltrona, devono andare a casa.
Michele Mengoli