15 Maggio 2019

“Era una fregnaccia che sposò una tedesca e scrisse libri zozzi”: sull’eterno, scandaloso D. H. Lawrence. Scrive Anthony Burgess

Mi colpisce questo silenzio improvviso sulla Cina letteraria ora che se ne potrebbe parlare. Eppure. Nel 2012, parliamo di pochi anni fa, Mo Yan vinse il Nobel e disse qualcosa di singolare: “la mia sfida più grande viene dallo scrivere romanzi che affrontano le realtà sociali, non perché io abbia paura di essere apertamente critico degli aspetti più oscuri della società, ma perché le emozioni accese e la rabbia consentono alla politica di sopprimere la letteratura e di trasformare un romanzo in un reportage su un evento sociale”. Il discorso si chiudeva ironicamente dicendo che verità e giustizia avevano trionfato. Sarà vero? Falso?

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Secondo voi per quale motivo i giornali inglesi si rimpallano Burgess? Sarà diventato la solita political hot potato? È chiaro, a questo punto, perché se Guardian passa l’impegno di pubblicare materiali inediti di Burgess a Times vuol dire che i tempi sono pronti per rilanciare tutto di lui: dopo la sua vena libertaria, quella ultralibera.

Se sfogliate l’archivio di Guardian trovate pezzi mirabolanti come quello uscito su Observer (inserto settimanale) il 31 dicembre 1989 e dedicato a profetare gli anni Novanta. Attacca da vero inglese sparando sui tedeschi, sulla loro riunificazione di facciata che sarebbe arrivata nel giro di un anno, il 3 ottobre 1990; e Burgess farà in tempo a vedere la vera unione tedesca, quella monetaria di Maastricht che è del 1 novembre 1993 –morì il 22 di quel mese.

Insomma scriveva che: “La riunificazione della Germania avrà luogo e farò in tempo a vederla, e ci sarà un risorgimento di patriottismo tedesco, la necessità di vivificare di nuovo vecchi miti di grandezza tedeschi, ma per ora non immagino un nuovo Führer. Ora che guardo sulla televisione italiana l’incontro di un politico slavo e di un papa slavo [Giovanni Paolo II], mi domando che piega prenderebbe il futuro se un cardinale impazzito sfoderasse una pistola e li facesse fuori entrambi, in diretta”. Fobia o follia di Burgess? Forse non c’è poi tanta differenza. Tant’è vero che, rimanendo terra terra, conclude salomonicamente: “Ho paura che l’egoismo potrà solo aumentare per l’inabilità dei nostri insegnanti e dei nostri pastori di inculcare un senso di moralità. Se mai ci sarà una filosofia delle nazioni, sarà qualcosa di edonistico con una molteplicità di piaceri volgari e scelta selvaggia di fast food”.

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Fin qui su testate progressiste. Ma siamo fortunati perché Burgess scriveva ovunque gli aprissero dei varchi, e pochi giorni fa Times Literary Supplement ha inforcato il giusto faldone negli archivi infiniti di Burgess: e ne è venuto fuori un piccolo saggio su come scrivere di Lawrence. Il testo apparve su Writers’ Monthly nel 1986, un anno dopo il suo libro su Lawrence, Flame into being.

Siano benedetti gli archivi e le fondazioni, soprattutto quelle del Texas che comprano anche i cestini degli scrittori ancora caldi come Burgess e le cassette degli attrezzi di contemporanei come McEwan. Per ora eccovi Burgess e le sue note sulle parole cestinate di Lawrence: in questo caso, l’intimo di uno sposo la notte di nozze. Tra Burgess e Lawrence non c’è solo un bel gioco di specchi; erano entrambi infiammati. Lo scrittore gioca a fare l’arrabbiatissimo per non farsi mangiare dalla politica, arrabbiata con lui ma non quanto lui.

Andrea Bianchi

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Anthony Burgess pubblica “Flame into Being”, il suo libro su D.H. Lawrence, nel 1985

La fiamma della convinzione

Il Vostro editore mi ha chiesto di darvi qualche consiglio pratico sul genere di lavoro che si richiede nel pianificare ed eseguire un libro come quello che ho pubblicato – un testo di circa 80000 parole su uno scrittore-amico come D. H. Lawrence. In genere non mi piace dare consigli simili, perché i metodi di uno scrittore non vanno bene per gli altri: metodo è emanazione di personalità. Però Lawrence è in un dato senso uno di quei santi patroni di chi si agita nel mestiere dannato di metter assieme parole tentando così di guadagnarsi da vivere. Come ogni altro scrittore, cominciò a livello amatoriale e non fu pubblicato. Ebbe successo e divenne un prolifico professionista. Ma il combattimento per imporsi al pubblico dei lettori gli prese poi tutta la vita. In quanto figlio di un minatore di carbone di Nottinghamshire non era nato dentro l’establishment letterario e dovette prevalere sul disdegno di chi ne era parte. Scrisse di sesso quando l’argomento era un feticcio vietato. Il suo stile era altamente individuale e non facilmente accettabile da parte di un pubblico che pensava che un libro vada letto agilmente, come un quotidiano. Morì a 44 anni di tubercolosi, per niente arricchito, aggredito dai proibizionisti del sesso che avrebbero tagliato le gole dei loro figli piuttosto che lasciare nelle loro mani L’amante di lady Chatterley. Un secolo è passato ed appartiene al rango dei classici britannici. Pure, ha ancora nemici.

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Mi è stato chiesto da Messrs Heinemann di scrivere un breve libro per onorare Lawrence, ma hanno dato la commissione con un certo ritardo. Ho ricevuto una visita dall’editore responsabile nel gennaio del 1985 e mi disse che, per mettere in commercio il libro in tempo per il centenario della nascita di Lawrence in settembre, la mia bozza a macchina doveva essere pronta per la fine di aprile. La sola idea di scrivere un libro rapidamente non mi ha mai inorridito. Semmai, preferisco la sfida di battere il tempo. Scrivere un libro su un romanziere deve prendere però del tempo in più, in ogni caso, rispetto a un romanzo che uno scrive di testa sua. Non ti godi la lussuria inventiva. Di più, devi leggerti tutti i romanzi del tuo soggetto.

Certo Lawrence fu più che un romanziere, fu un poeta molto ricercato, scrittore di viaggi e di opera teatrali. Una sorta di strambo elucubratore sociale e un maestro di short story e saggi discorsivi. Scrisse molto, come tutti i professionisti sono tenuti a fare, e uno dei compiti per chi scriveva di lui era non soltanto leggere, o rileggere, tutti i suoi libri, ma notare i temi e le immagini ricorrenti lì dentro. E poi c’è l’affare di paragonare le diverse versioni dei lavori del tuo autore. Per esempio, l’edizione Penguin di L’arcobaleno mantiene una frase che l’edizione originale Heinemann lascia fuori. È a proposito della biancheria intima dello sposo prima che entri nel letto con la moglie – inaccettabile per i primi lettori di Lawrence, ma non per i posteri.

E, se leggete troppo di fretta e senza attenzione, è facile perdita il riferimento dentro lo stesso romanzo al pavone, tema del primissimo romanzo, fin dal titolo. Sembra, una volta che abbiate riletto tutta l’opera, che ci sia una specie di conflitto ornitologico in Lawrence, tra il pavone bianco (donna) e la fenice (uomo).

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Dopo il lavoro dell’autore, la sua vita e personalità. Lawrence morì nel 1930 e ci sono pochi viventi che si ricordano di lui. Ma era necessario viaggiare verso l’est boschivo, il villaggio minerario di Nottinghamshire dove nacque, per vedere le case dove visse da bambino, sentire l’accento locale e chiedere ai cittadini che pensassero del loro figlio famoso. (La maggior parte di loro non pensava affatto a lui: “Era una fregnaccia che sposò una tedesca e scrisse libri zozzi. Visse all’estero, figurati, quasi si vergognasse del suo stato nativo”). Era più facile concentrare l’attenzione sugli aspetti topografici di Lawrence facendo uno sceneggiato televisivo su di lui. L’ho fatto. L’occhio apprende quel che orecchio e intelligenza spesso sottovalutano.

Se non puoi trovare viventi che ti dicano dell’autore estinto da tempo devi consultare i libri scritti su lui. Simili libri saranno memorie di amici o nemici, anche loro estinti, e non necessariamente affidabili. Inoltre, quasi tutti saranno finiti fuori stampa. La nostra epoca fa accadere queste idiozie – una maledizione, stampare troppi libri per magazzini minuscoli, con editori concentrati sul nuovo più che sul valore. Ma chiunque scriva su Lawrence deve benedirlo per essere un scrittore di lettere del genere ossessivo compulsivo. Leggetele, alcune sono lunghe e dettagliate, e leggerete un’autobiografia ancora da sbozzare, ma è lì già pronta.

Mi era stata commissionata la scrittura di un libro breve – circa 40000 parola – ma ho scoperto che non riuscivo a rimanere sotto le 80000. Con questo non s’intendeva che avrei percepito il doppio di quanto stabilito. Se il libro si era trasformato in un mammut di un milione di parole il denaro era rimasto invariato. La cosa importante è conoscere approssimativamente la taglia del libro prima di cominciare a scriverlo. Come quando un compositore che conosca la lunghezza della sinfonia che si propone di scrivere, ancor prima di chiamare la musa perché gli dia le melodie. Mi sembrava che il libro avrebbe raggiunto le 290 pagine di bozze a macchina, circa 400 parole per pagina, probabilmente da spezzare in 18 capitoli, dove il primo sarebbe stato su Lawrence e me e l’ultimo sulla sua attuale reputazione e il suo significato generale oggi. Nel mezzo c’era l’affare di trattare il suo lavoro con un ordine più o meno cronologico e relazionarlo con la sua vita. Scoprii che il libro non era cosa facile.

Infatti, ci sono delle circostanze nelle quali un autore che ha accettato una commissione di scrivere un libro, che ha completato la sua ricerca e che potrebbe magari già aver compost una bozza sommaria, si trova inabile di portare a fondo il suo compito. Magari ha anche ricevuto un anticipo dei diritti e l’ha già speso. Ora deve restituire tutto e guardarsi indietro mestamente, mesi di lavoro sprecato. Una mia amica si era messa a scrivere di Maria Antonietta lavorando sodo per un anno su un progetto che poi abbandonò. Ci riusciva, stava riuscendo, stava per produrre un libro di qualche tipo ma che non l’avrebbe soddisfatta. Non esistono al mondo lavori così frustranti e che ti facciano sprecare il tempo.

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Intitolo il mio libro Lawrence Flame into Being. Si tratta di una frase, “fiamme accese”, che DH usa almeno un paio di volte nella sua opera. Non sono sicuro sul suo significato ma suona bene. Sono soddisfatto del libro? Certamente no: è, penso, la cinquantesima cosa che pubblico e nessuna mi ha soddisfatto. Quando i critici mi attaccano stanno facendo un lavoro che io saprei fare meglio. Conosco i difetti molto meglio di quanto mai potranno sapere loro. Il patema di scrivere un libro su Lawrence è che così tanti ne hanno già scritto. Possibile dire qualcosa di nuovo e convincente? Solo se dimostri il tuo senso critico e la tua immaginazione, se le rivesti di onestà, se ti scopri tanto come scopri Lawrence (magari ci riesci del tutto). Tutta la ricerca documentaria di questo mondo non ti aiuta, se ti manca la fiamma della convinzione. Ogni libro che scrivi è fondamentalmente su di te. Ed è la tua unicità particolare, buona o cattiva, che il mondo vuole per sé.

Anthony Burgess

Gruppo MAGOG