05 Febbraio 2019

Dal disastro della miniera in Brasile sbuca un libro di Pessoa. Che cosa ci fa il grande portoghese che fuggiva se stesso in mezzo al fango?

Una frana nel sudest del Brasile non fa notizia. Centodieci morti in una situazione simile producono ancor meno rumore. Una miniera del Sud America denominata Mariana è un ago nel pagliaio. Quando arrivano le notizie in ritardo di una settimana come fossero dei dispacci, resta poco da dire – se da noi non ne parlano i giornali cartacei, forse quelli telematici ruberanno qualche ‘mega’ ai loro server per dare questo numero ‘10 morti’ e il nome ‘Mariana’ e appuntarsi come sciacalli il numero di visitatori. Più banners, più money. E per far contento Il foglio, il motto: è il capitalismo, bellezza.

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I morti della frana in miniera semiscoperta sono dieci e alla BBC sono arrivate il 31 gennaio, le immagini delle telecamere a circuito chiuso. Una poderosa marea di fango, la guardi e dici ‘fermati’. Sembra facile. Non è così. BBC stacca e inquadra un capo-operaio buttato ginocchia a terra, le mani aperte coi palmi per sentire che lì sotto ci sono i ‘suoi’ ragazzi. Davanti a sé tiene un libro di Pessoa.

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Chi è Pessoa? Si può dire che sia esistito uno che si rifrangeva in mille pseudonimi e faceva il gioco opposto di Kafka? Dove Franz Kafka si proietta sulla carta sempre come K per dare adito alle talmudiche operazioni di casa Adelphi, ad opera del mago maestro Calasso, Pessoa si rifugia in nomi diversi, si spacca e si lascia portare via dalla polvere nel vento. E al contrario di Kafka, Pessoa viene manipolato dal culturame come fosse cosa diversa da ciò che è stato. E cosa è stato? Il nulla. Posso dire che l’operaio di Mariana che prega i suoi estinti, come sa lui solo, abbia lo stesso Pessoa che gira qui in Europa? No, mai, Pessoa sfugge più di altri e fa capire bene che la scrittura oltre ad essere finzione è cosa blasfema.

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Da noi, di nuovo, gira la versione caruccia di Pessoa. L’autore delle romantiche sedicenni alla ricerca di se medesime stesse, inquiete solo per essere diventate donne prima di quando i ragazzi possano dire di essere e sentirsi uomini. Oppure. Il Pessoa dei mosci, quello reso dal portoghese all’italiano da Tabucchi. Quando, invece… Si può conoscere e va reso noto solo Pessoa come uno ‘giusto’, iniziato, probabilmente, da elementi dell’‘Ordine di Dio’, quello che era rimasto in Portogallo della marina militare dei Templari. Tutte cose che i laici progressisti a usura che hanno spianato le scuole e reso i giovani italiani dementi come gli yankee, cocacola in mano e OK davanti alle telecamere, laici alla Pombal –  tacciono nei manuali e per questo la scuola è stata annichilita. Parentesi. Buco nero. Pombal? Sì, il ministro anticlericale del Settecento portoghese che nei manuali è detto colui che scacciò per primo i gesuiti da uno stato europeo. Pombal. Che dovette riparare a Londra, in una casa vicino al bordello spagnolo dei Piccoli peccati, oggi giusto vicino Piccadilly, perché stava sulle palle con quel suo fare da illuminato e da progressista a vuoto. Pombal che proibì ai gesuiti di insegnare in Brasile ai candidi selvaggi e negò loro di usare la lingua madre. Solo portoghese. Ecco. Per tornare alla frana. Capitano queste cose in giro per il mondo e torni all’essenziale. A capire che non c’è storia che tenga, se ognuno prende un libro a modo proprio, lo mette sullo scaffale o lo getta nel fango morbido per la preghiera a chi è morto, non abbiamo più scuse. Pessoa è laggiù sotto terra, le sue parole un riverbero sulle labbra dell’operaio rimasto vivo.

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Questo un laico becero lo troverà irritante. Insistiamo. Il sud del Brasile dove ci sono stati i dieci morti è terra dura, non ha quelle malinconie feroci, quei ripensamenti che invece vedi sul viso di una brasiliana del nordeste.  Oppure se non hai coraggio questa malinconia te la vai a trovare nelle storie di puttane riprese da Amado: Jubiaba, Teresa Bautista… Terra più realistica, il sud Brasile. Ti muoiono i compagni e butti per terra Il libro dell’inquietudine, mica quella fantasia scettica scritta da un lettore di Luciano: Os sertoes di Euclide de Cunha. Libro di sogno, al confronto della spada di Pessoa.

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Se si leggesse meglio l’elemento iniziatico delle grandi avventure marittime del ’500. Il libro recente Bollati sulla biblioteca del figlio di Colombo, Il catalogo dei libri naufragati, è a malapena un inizio. Un dettato scolastico, anche se scritto a Cambridge, non basta. Nel romanzo di Barbera su Magellano, poi, si sente qualcosa in più rispetto alle note stenografiche di Zweig su navigazione e convinzioni segrete di chi andava per mare. Era gente squattrinata, spesso e volentieri nobili decaduti, i quali invece di scrivere passavano alla creazione vera e propria. Andavano a fondare continenti. 

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Pessoa non voleva nemmeno lui sapere chi era. Prese a scrivere in inglese, per sfuggirsi. Intitolò quelle note On the shadows of ideas. Per dire! Ed era uomo fascinato da tradizioni che oggi diremmo spurie come la teosofia. Conclusione. Pessoa nel fango della miniera invocato per i morti dell’incidente è più vero di altri sedicenti ‘Pessoa’To sum up, il nostro poeta lusitano, amico del capo della propaganda di Salazar, altro che compagneria tabucchista, non sapeva vedere la differenza tra bianco e nero. Ma è raro il contrario – e per questo sfuggiva da se stesso.

Andrea Bianchi

Gruppo MAGOG