26 Giugno 2018

Da UK ci avvisano che anche la filosofia è morta. Il problema è che siamo diventati una massa di imbecilli. Ora che tutto è morto, troviamo le parole per la nascita

Siamo ossessionati dalla morte – ed è questo a rendere questa epoca particolarmente eccitante. Predichiamo la morte, ne facciamo semina. Sono morte ‘le tradizioni’, è morta la democrazia, è morta la poesia, il romanzo, poi, è da un ventennio che sta morendo, l’Occidente è morituro da un secolo, e a leggere il TLS, che è il magazine più fighetto di Londra, ora è morta la filosofia, Philosophy is Dead.

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L’ossessione per la morte in un’epoca così piena di vita è il sintomo di una cocente frustrazione. Vorremmo essere graziati da un evento epocale, desideriamo qualcosa di definitivo, ammirare una lotta angelica, sanguinaria, tra personalità fenomenali. Invece. La bagarre nucleare ha il volto da fumetto di un tiranno in Corea del Nord e di un improbabile magnate a Washington D.C. Nessuno ha voglia di sporcarsi il culetto nello Yemen né di affiliarsi a qualche mercenario in Ucraina: eppure, ballando il tango con il carrello della spesa, sorridendo a una cena ‘da amici’, mentre i figli ci succhiano le ginocchia come biberon, sappiamo che la vita ha senso solo in prossimità della morte.

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Sul tema, per gli interessati, lo storico Henri-Irénée Marrou ha scritto un pamphlet di caustica eleganza, La fine del mondo non è per domani. Da tempo – almeno, dai tempi di Agostino – l’uomo viene al mondo desiderandone la fine,  desiderando la fine del mondo, claustrofobico paradosso. Così, non riuscendo a fertilizzare settant’anni di pace – una primizia – servi del primo stipendio che ci viene concesso, rosolati in desideri assurdi, aneliamo, almeno, il sublime sussurro della ghigliottina.

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Raymond Geuss, figlio della pace – classe 1946 – è prof emerito all’Università di Cambridge, compare di Richard Rorty, filosofo assai apprezzato. Beh, anche Raymond Geuss titilla l’organo intimo della morte, dichiarando che “la filosofia è morta: i segni vitali prodotti una quarantina di anni fa, l’eccitazione, la creatività, l’inventiva sono sostituite, ormai, da tediose recite e rievocazioni storiche”. Insomma: i filosofi sono scomparsi, semmai esistono falangi di accademici, di ‘storici della filosofia’. Ma che senso ha studiare la storia della filosofia se poi non si filosofa più? Continuare a mettere la cipria alle reliquie e ad addobbare i cadaveri non è un gesto grottesco? D’altronde, il libro in cui Geuss ci avvisa che la filosofia è morta s’intitola Changing the Subject ed è, appunto, una storia dei filosofi from Socrate to Adorno.

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Per la filosofia accade un po’ ciò che capita nell’ambito della musica classica. I compositori non esistono – sono ridotti a pianisti da pubblicità – ci sono gli interpreti. Conta quanto sei bravo a fare Chopin, non se sai creare una sinfonia geniale. D’altronde, anche le colonne sonore, ormai, hanno lo status di composizioni sinfoniche degne di essere riprodotte in pubblico: Ennio Morricone – un genio del ‘genere’ – è suonato manco fosse Gustav Mahler o Richard Strauss. In effetti, Camilleri – quello di Montalbano – non vale Simenon che non vale Céline o Montherlant, è tutta una gara al ribasso, perciò si legge Raymond Geuss per rimpiangere un aforisma qualsiasi di Nietzsche, un pensiero appena sbozzato di Wittgenstein. Dove sta il problema? Che siamo diventati una massa di imbecilli. L’istruzione diffusa non ha prodotto sapienza, ma che dico, non ha disciplinato neanche all’ascolto. L’ossessione per il denaro ha prodotto la fobia per il geniale, l’abissale, il vertiginoso. Incapaci di soggiogare l’Everest, desideriamo essere invitati alla festa esclusiva di un qualche vip della politica all’ultimo piano di un palazzo milanese, che pena.

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Ma il desiderio di morte cela la volontà di rinascere; si muore, sempre, per risorgere. La filosofia nasce dalla morte della sapienza presocratica, la filosofia esiste come discorso amichevole intorno alla cosa ultima, la morte. Ora che siamo diventati morte – tutto ciò che l’uomo occidentale tocca evolve in morte – e che la filosofia – come il romanzo, come la poesia, come la democrazia, come ciò che il Novecento ha portato ad esaurimento – è morta, dobbiamo trovare parole per la nascita. Rialfabetizzare il mondo. Intanto, togli la piastrella di casa, solleva la pietra, scava una piccola buca nel giardino, sillaba una parola, sotterra. Vediamo cosa spunta. (d.b.)

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