15 Marzo 2023

“Sono lo schiavo delle mie visioni”. L’epopea della Cuala Press, la casa editrice irlandese degli Yeats

Di tutti loro, Elizabeth – detta, amichevolmente, ‘Lolly’ – possedeva il carattere più determinato – con punte di perlacea vaghezza. Nei ritratti del fratello, John Butler Yeats, il più giovane della nidiata, appare tra le nebbie di un sogno, affilata, afflitta, aperta a ogni bisbiglio. Aveva studiato alla Dublin Metropolitan School of Art, era stata accolta nel circolo di William Morris, fu la prima editrice indipendente d’Irlanda a lavorare con il torchio a mano, commerciando edizioni in di pregio, spesso rare. Conosceva le virtù del bello; quanto alle economie, lasciamo stare.

Ad aiutarla, la sorella più grande, Susan, detta ‘Lily’, dalla personalità anodina, informe: spesso malata (tra l’altro, contrasse il tifo in Francia, nel 1896), era abilissima nel ricamo d’arte. La casa editrice delle sorelle Yeats aveva tre obbiettivi, al di là di quello imprenditoriale: ‘liberare’ le donne attraverso il lavoro nell’editoria artigiana; saldare l’opera letteraria – il contenuto – a quella artistica – la forma – creando libri unici, rilegati con genio (sotto l’aura del grande avo del fratello, William Blake); risvegliare l’identità irlandese tramite la pubblicazione di giovani autori in grado di reinterpretare miti e toni della tradizione celtica.

Generoso talento delle sorelle: quelle di Boris Pasternak – Lydia e Josephine – hanno sacrificato il loro talento per perpetuare quello del fratello, traducendone le opere in Inghilterra e Germania; quelle di Yeats hanno pubblicato, in libri mirabili, le sue poesie. Nel 1902 Elizabeth, insieme all’artista Evelyn Gleeson, fonda a Dundrum, nei pressi di Dublino, uno studio di arts and crafts, “Dun Emer”, che ha tra i suoi scopi la pubblicazione di libri d’arte di ispirazione celtica. Una fotografia blocca, nel laboratorio, tre ‘operaie’ dalle larghe gonne: concentratissime; una arma il torchio. Nel nome – Emer è la moglie dell’eroe irlandese Cú Chulainn – è evidente la missione ‘politica’: insieme all’Abbey Theatre – che nasce nel 1904 – è all’Irish Literary Revival, creato, di fatto, da William Butler Yeats – nel 1888 pubblica i Fairy and Folk Tales of the Irish Peasantry – “Dun Emer” è uno dei tasselli per la creazione di un’autarchica identità culturale (ed editoriale) irlandese. Nel 1904 per la “Dun Emer” pubblica Douglas Hyde, poeta dal talento orizzontale, guida della Gaelic League, primo Presidente della Repubblica d’Irlanda nel 1938 (come a dire: la funzione poetica è anteposta a quella politica laggiù); ecco un suo testo:

“Non morirò per te
donna dal nome altisonante:
puoi massacrare i vili
ma io non sono dei loro.

Perché dovrei spirare
per quell’occhio infuocato,
la vita stretta, le braccia simili
a un cigno: di cosa dovrei morire?”

L’attività editoriale della “Dun Emer” durò sette libri, spesso mirabili: Yeats vi pubblicò, nel 1903, In the Seven Woods: being poems of the Irish heroic age. Nel 1908 Elizabeth compiva quarant’anni, si separò dalla socia e insieme al fratello e a ‘Lily’ fondò la Cuala Press – Cuala era il nome dei territori a sud del Liffey, in gaelico, prima della conquista normanna dell’Irlanda.

La Cuala Press fu la vera impresa dei fratelli Yeats, in grado di determinare, con grazia, una visione del mondo: dei settanta titoli complessivi, 48 sono di W.B. Yeats, che usava la Cuala Press per editare le proprie primizie liriche – Wild Swans at Coole e Responsabilities, ad esempio –, i testi identitari, autentici amuleti librari. Nel 1916 Ezra Pound vi stampa Certain Noble Plays of Japan, il manoscritto tratto da Ernest Fenollosa; l’anno dopo cura una selezione dalle lettere di John Butler Yeats, il papà di W.B., pittore di raffinatissimo talento, che aveva ‘informato’ i propri figli a una vita d’arte e di occulti. Nel 1914 la Cuala Press ospita The Post Office, un play di Tagore, neo laureato Nobel per la letteratura; nel 1933 pubblica A Pilgrimage in the West di Mario Manlio Rossi, il filosofo amico di Yeats e di Lady Gregory; nel 1942 ‘battezza’ The Great Hunger, opera seconda di Patrick Kavanagh. Elizabeth era morta d’infarto nel gennaio del 1940, esattamente un anno dopo il fratello: la Cuala Press, guidata per un po’ da Georgie, la vedova Yeats, la visionaria, priva di identità, si apprestava al tramonto. Le uscite, a singhiozzo, proseguirono fino al 1946: Stranger in Aran, di Elizabeth Rivers, fu l’ultima pubblicazione.

Nel 1922 Yeats era stato nominato senatore dell’Irish Free State; l’anno dopo, un secolo fa, ottiene il Nobel per la letteratura, segno eminentemente poetico-politico. Pensava, Yeats, di esercitare un ruolo da druido, di poeta insigne che insegna la politica agli uomini: la guerra civile, i torbidi che portano alla costituzione dell’Éire lo infastidiranno:

“Continuò a sostenere il diverso compito di un poeta rispetto all’uomo pratico e al politico, la sua indispensabile dignità di custode dell’identità storica della propria nazione. Intendeva consegnare all’Irlanda un’eredità simbolica”.

Rosita Copioli in: W.B. Yeats, Il crepuscolo celtico, SE, 2001

L’attività di una casa editrice di edizioni d’arte, aristocraticamente distante dal ‘mercato’, per di più dedita ai contemporanei, non era facile. Nel 1938 il poeta, vecchio d’anni ma non d’ardore, va a contrattare con la National Bank di Dublino per spianare i debiti della casa editrice, registrata da allora come società a responsabilità limitata. Con la Cuala Press pubblicò i suoi ultimi libri, New Poems (1938) e Last Poems and Two Plays (1939), oltre alla raccolta di pensieri al vetriolo On the Boiler (“Inadeguati il comunismo, il fascismo, perché la società è lotta di due forze opache alla ragione, la famiglia e l’individuo”). Come a dire, la Cuala Press era il cuore di Yeats, il cuore d’Irlanda.

***

Qui si pubblicano una serie di testi, finora inediti in Italia, di autori che fanno parte del catalogo storico della “Cuala Press”.

J. M. Synge

(1871-1909)

Alla sorella di un nemico dell’autore, che ha disapprovato “The Playboy”

Signore, conforti la vostra scontrosa sorella
lucidatele il cranio con lebbra e vesciche
occludetele la laringe, i polmoni, il fegato,
sapete: le viscere le danno noia.
Lasciate che si guadagni la cena
a Mountjoy, tra quegli squallidi peccatori:
Signore, le siano utili i miei consigli,
per sempre suo servitore, J.M. Synge.

*

Regine

Sono passati sette giorni da cane
per trovare i nomi delle regine
di Glenmacnass, nomi rari e regali
che pergamena di pecora verminosa
conserva ancora: Etain, Helen
Maeve e Fand, Deirdre
dalla tenera mano dorata,
Bert dal piede enfiato, cantata
da Villon, Cassandra per un misero Ronsard.
Regine di Saba, di Meath e di Connaught
incoronate con berretti sgargianti
regine il cui dito manda in estasi i vassalli,
regine divorate da pulci e vermi
regine decorate come Monna Lisa
o accoppate con il veleno a Roma e a Pisa,
abbiamo nominato Lucrezia Crivelli
e la dama di Tiziano dal ventre d’ambra
regine che sanno l’arte del peccare
le caviglie sottili di Jane di Jewry;
regine che fecondano le paludi di Glanna,
Giuditta nella Scrittura, Gloriana,
regine che hanno devastato l’Oriente per noia
che hanno guidato il carro di un boia
ma queste sono corrotte – vi chiedo
perdono – e noi qui abbiamo sole, rocce
e giardini: sono corrotte, come te,
Regina di chi è vivo e di chi non è.

*

Lord Dunsany

(1878-1957)

Notte

La notte crolla improvvisa
sul Sahara: a sprazzi
il fuoco acceso dagli Arabi
fende il buio.

Grani di cenere nel fumo:
chissà da quale fuoco
sorgono gli atomi
e dove vanno…

Nello spazio selvaggio, nella tenebra,
nebulose a spirale
che roteano come anelli
di fuoco: in una di quelle siamo noi.

Chi può dire per quale ragione
sorgono e dove andranno…
lo chiedo agli Spiriti: mi vengono
incontro, con un dito sulle labbra.

*

Edward Dowden

(1843-1913)

Nel giardino II: Visioni

Qui sono lo schiavo delle visioni. Quando la calura
di mezzogiorno scalfisce le pareti rosse e l’aria che ci accerchia
è tessuta dal sole; quando nessuna creatura osa
affrontare l’ora fervida, dal mio oscuro ritiro
dove una rete di foglie avvolge il sedile di faggio,
con il mento sul palmo e gli occhi spalancati, fisso,
al di là del brivido liquido e dei bagliori,
quelle belle figure che si muovono con passi silenziosi.
Le Tre, traslucide, in strette vesti, che passano
spesso e toccano il liuto: non si curano di me
attente, piuttosto, agli uccelli e alle ombre; quel bimbo
nudo simile a una colomba è Psiche, che dorme nell’erba
alta: dorme, dorme – ignora il Silvano selvaggio
che sgranocchia una mela rossa fino al torsolo.

*

Lady Augusta Gregory

(1852-1932)

Grido contro l’Amore

Ci sono tre diavoli, eleganti, raffinati, che divorano
il mio cuore – mi hanno tolto tutto, tranne il dolore:
forgiano l’Amore, forgiano il Male – e ora
non sono che una tasca vuota, rovina e rottura.
La povertà mi ha levato la maglia
sono a piedi nudi, tutta gambe, senza riparo;
l’ossessione mi polverizza il cranio;
il corpo è un miserabile, mera brutta cosa.
Amore mi rende un cubo di carbone sul pavimento
della cucina, brace bruciata a metà, che non muore.
Peggio di qualsiasi maledizione
peggio della più miseria più nera
è il diavolo che la gente si ostina a chiamare Amore:
se fossi di nuovo giovane, non accetterei
né darei neanche un bacio!

*

F.R. Higgins

(1896-1941)

Inverno cinese

Dagli alberi spogli
i nidi dello scorso anno
sono malinconici calligrammi
contro la luna; la luce
rende ancora più spogli i campi:
dicembre scarabocchia su ogni pozza ghiacciata.

La luce lucida i tronchi
vi si radica un’ombra scura:
l’amore dello scorso anno
mi conficca nella notte nera.
Dove l’amore tracciava
marchi infuocati ora
è solo un memoriale nel ghiaccio.

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