03 Marzo 2018

Cronache dalla fine: “Non mentirei mai a mio figlio”. La storia di Nicola, “il nostro campione”

Ospedale Bambino Gesù. Aspetto l’arrivo di Chiara e di Nicola, il figlio di undici anni. Nicola, nonostante sia un bambino, è perfettamente al corrente della sua situazione. Così hanno preferito mamma e papà dopo la scoperta della malattia. Questo – da quello che mi ha detto Chiara al telefono – aiuta moltissimo Nicola. Il bambino vive con intensità ogni esperienza; fa tesoro così di ogni luce e di ogni affetto. E lo sconforto se ne va subito. Così come viene. Chiara è più giovane di quanto pensassi. Non supera i trentacinque. Spinge la sedia a rotelle di Nicola. Mi saluta da lontano; le vado incontro.

Nicola mi abbraccia forte; incredibile per essere il nostro secondo incontro.

Il bar è troppo affollato per chiacchierare in pace. Optiamo per l’area giochi che adesso è vuota. Io e Chiara ci sediamo vicini. Nicola di fronte a noi.

Nicola: Ma il mio nome poi lo metti nell’intervista, vero?

GG: Certo che lo metto.

Nicola: E anche il cognome?

Chiara: No, il cognome non metterlo.

GG: Hai sentito la mamma?

Chiara: Niente cognome, assolutamente.

Nicola: E poi la gente come fa a sapere che sono proprio io a parlare?

Chiara: Quelli che dovranno sapere lo sapranno.

GG: A che ora avete la visita?

Chiara: Tra un’ora. Stiamo tranquilli.

GG: Hai fratelli, Nicola?

Nicola: Tre.

Chiara: Lui è il più grande. È la nostra roccia, il nostro campione.

Nicola sbuffa. A disagio per ciò che dice Chiara. È una sensazione che conosco bene: quando si è bambini e la mamma tesse le nostre lodi davanti a degli estranei. Atroce. Do una pacca sulla spalla a Nicola. È così magra che sembra di toccare direttamente l’osso.

Nicola: Cazzo, mamma, smettila!

Chiara: Cos’hai detto?

Nicola: Ho detto mamma smettila.

Chiara: Prima.  

Nicola: Cavolo.

Chiara: Uhm.

Nicola: (a sua mamma) Raccontiamo a Gabriele tutta la storia dall’inizio?

Chiara: Raccontagliela tu. Ti va?

Nicola: (mi guarda, indeciso) No, dai, dilla tu.

Chiara: Va bene. (Rivolta a me) Hai acceso già il registratore?

GG: Sì, sì, è acceso da prima.

Chiara: Non è una storia chissà quanto speciale, te lo dico da subito.

GG: Mah, io alle storie speciali non ci ho mai creduto.

Chiara: Te l’ho detto così non corri il rischio di rimanere deluso. Dunque, abbiamo saputo della malattia di Nicola sei mesi fa. In quel periodo Nico era sempre debole, fiacco. I linfonodi gonfi, specialmente quelli dell’inguine che erano diventati enormi. Gli facevano molto male quando camminava tanto erano grandi. Lo andavamo a prendere a scuola e subito si addormentava sul sedile posteriore. Dormiva tantissimo e lui non era mai stato un dormiglione.

Nicola: E voi pensavate a uno scherzo!

Chiara: Mah, uno all’inizio che ne può sapere? Il pediatra ci diceva: “è una semplice influenza, non preoccupatevi, è la crescita e poi gli passa”. Ma dopo due mesi ancora nulla. Nessun miglioramento. E allora mio marito ha parlato con un suo amico medico che gli ha prescritto tutte le analisi del caso.

Nicola: Io l’avevo capito da subito che era grave. Ma voi niente.

Chiara: (ignorandolo) Quando ci sono arrivati i risultati siamo inorriditi. Tutti i valori alterati. Niente al suo posto. L’amico medico ci consigliò alcuni esami più specifici. Intanto, Nico stava sempre peggio. La mattina non riusciva nemmeno a reggersi in piedi, dopo essersi alzato dal letto. In cucina si addormentava facendo colazione. Avevamo paura. E infatti, si trattava di una leucemia.

Nicola: Scoperta già all’ultimo stadio.

Chiara: Io e mio marito discutemmo a lungo. Ci confrontammo anche con diversi psicologi e tutti ci dissero che il bambino doveva sapere il meno possibile sulla sua condizione. Che gli avrebbe fatto soltanto male. Ma come? ho pensato io. Come possiamo nascondergli una situazione simile? Il bambino ci chiederà spiegazioni; ci chiederà i motivi del suo male. E noi? Inizialmente mio marito non era d’accordo. Diceva che a un bambino non puoi dire che sta per morire. Abbiamo riflettuto insieme. Nico stava sempre peggio e mi sembrava ingiusto tenerlo all’oscuro di tutto. Decidemmo di prendere le cose alla larga, di andare avanti cauti ma decisi. Ogni sera dopo cena guardavamo insieme film che con delicatezza trattassero il tema della morte. Film per tutta la famiglia, in cui la morte non era vista come fine ma come inizio di qualcos’altro, un nuovo inizio. Ti ricordi quanto hai pianto alla fine di Al di là dei sogni, Nico?

Nicola: Non è vero.

Chiara: Insomma, cercavamo di abituarlo. A poco a poco, gli abbiamo spiegato tutta la situazione. All’inizio non è stato facile. Voglio dire, non è mai facile per nessuno e figurati per un bambino. Per alcuni giorni, Nico non ci ha rivolto parola e nemmeno ha parlato con i suoi fratelli. Tu gli domandavi qualcosa e lui non rispondeva.

Nicola ha intanto smesso di ascoltarci. Sta giocando con un tablet; si è infilato le cuffiette. Chissà perché, Chiara abbassa il tono della voce. E io con lei.

Chiara: Poi un pomeriggio viene da noi, da me e mio marito, e ci abbraccia. Ci fa un sacco di domande e noi gli rispondiamo pazienti. Ci chiede cosa c’è dopo la morte, se i fratellini si ricorderanno di lui una volta adulti.

GG: E voi?

Chiara: (risentita) Certo che ce lo ricorderemo, cosa domandi?

GG: No, intendevo: voi cosa avete risposto?

Chiara: Che naturalmente lo avremmo ricordato tutti.

GG: E quando ha chiesto cosa c’è dopo la morte?

Chiara non riesce a trattenere le lacrime.

Chiara: Che ci avrebbe soltanto anticipato di là. Che poi lo avremmo raggiunto tutti, un giorno. Ma intanto si sarebbe fatto un sacco di amici e poi ogni notte ci avrebbe raccontato tutto nei sogni.

Nicola non si è accorto del cedimento della mamma. Continua a giocare. Abbraccio Chiara.

Chiara: Poi ci ha chiesto: è tutto già deciso o posso ancora guarire? C’è ancora una possibilità?

GG: Cosa gli avete risposto?

Chiara: La verità. Che guarire era purtroppo impossibile. E mio marito gli ha detto: “Cucciolo, non ti perdi niente, anche perché tra un po’ scoppia la guerra ed è meglio che tu non la viva; è solo tanta sofferenza”. Però te lo dico: qui mi sono incazzata. Ho trovato l’uscita di mio marito deleteria, di nessuna utilità. Tant’è che gli ho detto lì per lì: “Ma cosa dici? Sei coglione?”

GG: Ma un trapianto di midollo osseo? Possibile che non ci sia alcuna possibilità? Eppure hai sentito il caso di quella bambina…

Chiara: Se ci fosse stata una possibilità, i medici lo avrebbero detto.

Chiara guarda Nicola, accertandosi che sia concentrato sul gioco. Si accosta a me.

Chiara: Oggi lo ricoverano. Nicola ancora non lo sa. In macchina ho la valigia con i cambi. Non glielo abbiamo detto prima perché altrimenti avrebbe fatto un casino. Però qui possono dargli dei palliativi, tenere sotto controllo i dolori… e poi è meglio anche per i fratellini. Vederlo così è un incubo per loro.

GG: Avete parlato anche ai fratellini della malattia?

Chiara: Certo. Ma sono più piccoli di Nico e gliel’abbiamo spiegata a misura loro. Io dentro sto morendo, anzi sono già morta. Perché, credimi, niente può alleviare il dolore di una perdita come questa. Vedere tuo figlio andarsene un po’, giorno per giorno… certo, poi esiste la speranza. Nico è fermamente convinto che questo non sia un addio, ma solo un arrivederci temporaneo. Una specie di centro estivo, una vacanza per farsi le ossa.

GG: Anche tu la vedi così?

Chiara: Non lo so. Non so cosa pensare. Forse non ho ancora realizzato bene l’intera situazione. Penso che non realizzerò mai. Nemmeno quando Nico se ne sarà andato per sempre. Perché parliamoci chiaro: su questa terra nessuno vedrà più Nico. Dall’altra parte, chissà. È una incognita. Ma sai una cosa? Rifarei tutto daccapo, se potessi tornare indietro. Non mentirei a mio figlio, nemmeno per un secondo. Abbiamo fatto bene a dirgli la verità fin da subito. Adesso bisogna solo aspettare.

Alzo gli occhi. Nicola si è tolto le cuffie e ci sta guardando. Da quanto? Chiara fa finta di nulla; le squilla il cellulare. Risponde.

Chiara: (a Nicola) Nico, è arrivato papà! Andiamo a prenderlo all’ingresso.

Li saluto entrambi.

Nicola: Ricordati il nome! Il nome nell’intervista!

Gabriele Galloni

Gruppo MAGOG