15 Maggio 2019

La pubblicità con le celebrità (o sfruttando le malizie degli influencer) non funziona più. Meglio tappezzare gli autobus di Montecarlo con un orologio che costa 810mila euro!

Nel mondo di oggi, lo sappiamo tutti, se non ti distingui, non esisti. Ma la difficoltà, ovviamente, è distinguersi con classe e originalità, in modo intelligente, meglio con un filo d’ironia. Mentre, troppo spesso, nel mondo della pubblicità e della comunicazione in genere, assistiamo a una gara all’eccesso o all’involontariamente ridicolo per il marchio che la propone.

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Prendiamo il settore dell’orologeria meccanica di alta gamma, quella, per capirci, che varia da un listino prezzi di qualche migliaio di euro fino a oltre il milione per orologi senza pietre preziose, che quindi sono così tanto esclusivi per la difficoltà del savoir faire meccanico – oltreché, bisogna dirlo, per una precisa scelta di marketing.

In questo caso per eccesso e zero senso del ridicolo intendiamo tutti quei marchi che ancora oggi puntano, senza averne il benché minimo requisito, all’immagine del fine artigiano chinato sull’antico banco di lavoro in legno a decorare manualmente un orologio, di fronte a una finestra dal panorama innevato d’alta montagna, magari per un brand industriale che in una grande città svizzera produce decine di migliaia di pezzi all’anno dentro una sede che in realtà assomiglia molto di più a una modernissima fabbrica di automobili con catena di montaggio annessa.

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Figura ancora più barbina la fanno i marchi che puntano gran parte della loro comunicazione sui testimonial: sia attori, cantanti e sportivi famosi. Perché è sbagliato e, talvolta, sfocia addirittura nel ridicolo? Perché quasi sempre questi attori, cantanti e sportivi famosi vengono poi immortalati nel loro tempo libero con al polso i soliti 3 marchi che fanno tendenza, alla faccia dell’azienda che invece li ha pagati per indossare orologi che in realtà queste celebrità non porterebbero nemmeno sotto tortura.

Ma nella scala di riuscire a fare ancora peggio in termini di comunicazione super banale e squalificante ci sono i tanti marchi che si affidano agli onnipresenti influencer su Instagram. Perché? Semplice. Ieri l’influencer di turno ha fatto un post con il marchio Tizio. Oggi ne fa uno con l’orologio Caio. E domani ne fa un altro con Sempronio. Che esclusività trasmette un messaggio del genere? La risposta è altrettanto semplice. Che questi marchi sono alla canna del gas.

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Per fortuna non tutto è perduto. Una delle più evocative campagne di sempre è stata lanciata nel lontano 1996 – nel campo della pubblicità è preistoria – e funziona ancora alla grande. È quella dell’agenzia londinese Leagas Delaney per la storica e sempre in salute Patek Philippe, con due celeberrimi slogan: “Ogni tradizione ha un suo inizio” e “Un Patek Philippe non si possiede mai completamente. Semplicemente, si custodisce. E si tramanda”. Ciao, c’è tutto!

Se quasi sempre non sono originali i marchi, figurarsi i punti vendita concessionari multibrand. Allora vale la pena chiudere con un’accoppiata al top. Il marchio Greubel Forsey propone orologi da 200mila euro a oltre il milione, con una produzione annuale di un centinaio di pezzi. Mentre la boutique Art in Time di Montecarlo è uno dei più noti “incubatori” di marchi della migliore orologeria indipendente. Che mossa hanno studiato? Tappezzare gli autobus monegaschi di un orologio che costa 810mila euro!

Originalità, intelligenza e ironia. E chi sarà dietro quell’autobus, magari in Bentley, Rolls Royce e Lamborghini, lo saprà apprezzare. Tutti in piedi e 10 minuti di applausi!

Michele Mengoli

www.mengoli.it

Gruppo MAGOG