“In un luogo che precede la parola”. Omaggio a Bill Viola
Arte
Camilla Gaetano
Seduti su esili sedie rosse, due scheletri attendono il loro turno. Vicino a loro tre strani esseri dalla testa fungina, camici rossi e stivali con speroni, infilano una muta umanoide a un terzo scheletro. Più in là, altre figure a cui è stato appena montato il nuovo rivestimento di carne si guardano allo specchio. La descrizione di questa macabra sala operatoria viene dal Codex Seraphinianus, l’enigmatica enciclopedia creata da Luigi Serafini negli anni Settanta. Il disegno, accompagnato da una scrittura insensata, è stampato sulla bella carta di una preziosa edizione Franco Maria Ricci, l’editore che fece voto di raffinatezza ingannandosi in un labirinto. Voltando pagina: altre scene, altri segni, altri mondi.
Il Codex di Serafini è una bizzarra enciclopedia che raccoglie disegni esplicativi di fenomeni da un ecosistema che non conosciamo. Nell’impossibilità di trovare un significato alla scrittura delle generose didascalie che corredano le figurazioni, il codice è ritenuto un libro asemico, privo di senso. Per questo l’opera viene spesso accostata al Manoscritto Voynich, un testo illustrato del XV secolo con disegni di piante fantastiche e un sistema di scrittura indecifrato. Tuttavia, che un linguaggio non compreso venga considerato asemico fa riflettere e all’incapacità di decifrare una lingua dovrebbe corrispondere anche l’impossibilità di valutarla asemica per predisposizione. Ciò che ai nostri occhi è privo di un contenuto logico non è detto che lo sia in generale. In effetti, ogni libro di cui non conosciamo la lingua è per noi un libro privo di un senso e che, potenzialmente, ne possiede di infiniti. Forse è proprio questo che fa brillare di un sognante fascino il Codex Seraphinianus; e, forse, è proprio questo il segreto della magia della vita dei piccoli, quando nulla è svelato e tutto può significare tutto.
Gioco dell’immaginazione o meno non fa alcuna differenza: come insegna Jorge Luis Borges, creare un’enciclopedia utopistica equivale a costruire un mondo perfettamente concreto. Inoltre, dal momento che non possiamo essere veramente certi che il reale sia reale, la realizzazione di un immaginario assume particolare autorevolezza. Del resto, da quasi mezzo secolo molti parlano delle proteiformi chimere del Codex, oggetto tanto di discussione accademica quanto di semplice chiacchiera.
A testimoniarne il successo trasversale non manca una fertile cultura underground, celata nella penombra dei blog, dove le allucinate metamorfosi del libro sono studiate con minuzia e passione. Le creature fantastiche di Serafini sono entrate nelle case di decine di migliaia di persone, ispirando pensatori, appassionati e artisti (insospettabilmente, persino il rapper Rancore ha affermato di essersi rivolto al Codice in cerca di suggestioni). L’opera si è imposta nell’immaginario e le sue spore hanno contaminato il nostro mondo, dove hanno prodotto meravigliosi fiori. Tutto ciò, è già abbastanza.
Antonio Soldi