03 Luglio 2023

La negromante della letteratura. Due racconti di Clarice Lispector

Una specie di negromanzia attraversa l’arte narrativa di Clarice Lispector. Di ogni destino, in qualche modo, osserva lo specchio contrapposto, la parola che darebbe viatico ad altre mille, la millesima notte di una vita. Sortilegio, sortita nei regni ulteriori: ogni oggetto, così, è un feticcio, un idolo con gli aghi in bocca, e la morte può essere perfino una bella ragazza che prova gli abiti in una località di mare – dove l’oceano ha toni di un azzurro assassino. La vedova, il morto per annegamento, l’astuzia e la malizia mostrano che esistere è un miraggio, calafatato di intenzioni fatue. Che le strade sono punteggiate di spettri – che Clarice adorasse Poe, fino a tradurlo rifacendolo, è un fatto, da tombaroli di sfingi.

Clarice Lispector (1920-1977)

I racconti che seguono, tratti da Onde Estivestes de Noite (1974), tra gli ultimi testi della Lispector, sono, più che altro, ‘notturni’. Stellate improvvise, candele a bracciate, fuochi infimi. Da ogni banalità, Clarice Lispector intuisce il ‘segno’, la faglia, la sfasatura. Scrivere è opera di santi o di vampiri: c’è chi dissangua e chi cuce un lupo nel corpo nuovo.

***

Un morto nel mare di Urca

Stavo nell’appartamento della signora Lourdes, la sarta, a provare il vestito che aveva disegnato Olly, quando la signora Lourdes mi disse: un uomo è morto in mare, guarda, ci sono i vigili. Ho guardato e ho visto soltanto il mare, che doveva essere assai salato, il mare azzurro, le case bianche. E il morto?

Il morto in salamoia. Non voglio morire!, ho gridato, a graffi, tra me e me, muta, dentro il vestito. Il vestito era giallo e blu. E io? Morta di calore, mica morta nell’azzurro mare.

Ti dico un segreto: il mio vestito è molto bello e non voglio morire. Venerdì il vestito sarà pronto, a casa mia, e sabato potrò indossarlo. Nessuna morte, soltanto il mare azzurro. Esistono nuvole gialle? Sono dorate, piuttosto. Non ho alcuna storia. La posseggono i morti? Sì, è certo: stava nuotando nel mare di Urca, quell’uomo, ed è morto; chi lo ha invitato, chi lo ha inviato lì? Quando sono in acqua, faccio molta attenzione, non sono avventata, e vado a Urca soltanto per provarmi il vestito. E tre camicette. S è venuta con me. È molto scrupolosa durante le prove. E il morto? È scrupolosamente morto?

Vi racconto una storia: c’era una volta un ragazzo che voleva farsi un bagno al mare. Per questo, una mattina, era mercoledì, andò a Urca. A Urca, tra gli scogli di Urca, brulicano i topi, per questo non ci vado. Ma il ragazzo non dava attenzione ai topi. E i ratti non davano attenzione a lui. Al bianco negozio di Urca non dava attenzione. C’era una donna che stava provando un vestito proprio lì dentro, ma era troppo tardi: il giovane era già morto. Salato. C’erano forse dei piranha nel mare? Ho fatto finta di non capire. Non capisco la morte. Un giovane? Morto?

Morto da cretino. Si va a Urca soltanto a provare vestiti allegri, cangianti. La donna – che poi sarei io – vuole soltanto la gioia. Ma mi inchino al cospetto della morte. Quando arriverà, arriverà. Quando? Eccola, può arrivare in ogni momento. Ma io, che stavo provando un vestito nella calura mattutina, ho chiesto una prova a Dio. Ho sentito qualcosa di molto intenso, un troppo intenso profumo di rose. Dunque, ho chiesto la prova. Due prove: quella di Dio e quella dell’abito.

Si dovrebbe morire soltanto di morte naturale, non per un disastro, mai per annegamento. Chiedo protezione per i miei, che sono tanti. La protezione, ne sono certa, funzionerà.

Ma che dire del giovane? E la sua storia? È possibile che fosse uno studente. Non lo saprò mai. Sono rimasta da sola, nel negozio, a fissare il mare. La signora Lourdes, imperturbabile, mi chiedeva se avesse dovuto aggiustare l’abito alla vita. Ho detto di sì, che la vita sembri più stretta. Ero attonita. Sbalordita, direi. Sbalordita dal mio splendido vestito.

1974

*

Le arti di doña Frozina

Inoltre, con quei pochi soldi…

Così dice doña Frozina, la vedova, della sua pensione. Vorrebbe comprare latte di rosa e fare bagni miracolosi in quel liquido latteo. Dicono che renda la pelle sensazionale. Usa lo stesso prodotto da quando è ragazza, ha un odore di mamma.

È molto cattolica e vive nelle chiese. Tutto profuma di latte di rose. Come una bimba. Restò vedova a ventinove anni. Da allora, niente uomini. Vedova del tempo antico. Senza scollature, soltanto maniche larghe.

Doña Frozina, come potete stare senza un uomo?, vorrei chiederle.

Conosco la sua risposta. Astuzia, figlia mia, astuzia.

Dicono di lei: le giovani non posseggono il suo spirito. Ha già settant’anni, la straordinaria signora Frozina. È una brava suocera e un’ottima nonna. La sua nascita fu esatta. Discendenza che continua a dare buon frutto. Vorrei avere una conversazione sera con doña Frozina.

Doña Frozina, avete qualche legame con Doña Flor e i suoi tre mariti?

Cosa dite, amica mia, che peccato mi attacchi? Sono una vedova vergine, io, cara figliola.

Suo marito si chiamava Epaminonda, faceva Mozo di cognome.

Signora Frozina, ci sono nomi peggiori del suo. Conosco una che si chiamava Flor de Lis, e siccome le hanno affibbiato un nome sbagliato le hanno dato un cognome peggiore: Miñora. Come se fosse la minore di tutti. E quei genitori che hanno chiamato i figli Brasile, Argentina, Colombia, Belgio, Francia? Per lo meno, sei riuscita a non essere un paese. La signora e le sue astuzie. Si guadagna poco, dice, ma mi diverto.

Divertirsi? Dunque, non conosce il dolore? Ha evitato il dolore per tutta la vita? Sì, signora, grazie alle mie astuzie l’ho evitato.

Doña Frozina non beve Coca-Cola. Le pare una sottomissione alla modernità.

Ma la bevono tutti!

Mio Dio! sembra un insetticida per scarafaggi: che Dio mi guardi e liberi.

Se la giudica in questo modo, vuol dire che l’ha provata.

La signora Frozina usa il nome di Dio più del dovuto. Dio non deve essere nominato invano. Ma quella norma in lei non attecchisce. Inoltre, ai aggrappa ai santi. I santi sono stufi di lei, per quanto abusa di loro. Per non parlare di “Nostra Signora”; la madre di Gesù è continuamente irritata. Visto che viene dal Nord, vive esclamando “Vergine Maria!” per ogni cosa che la sorprende. E una vergine ingenua è perennemente sorpresa.

Doña Frozina pregava tutta la notte. Sgranava una preghiera per ogni santo. Ma poi accadde il disastro: si addormentò a metà.

Doña Frozina, che orrore, addormentarsi mentre si prega e abbandonare i santi in questo modo!

Lei rispose con un disinvolto gesto della mano: Figlia mia, a ciascuno il suo.

Fece un sogno piuttosto strano: sognò di vedere il Cristo Redentore con le braccia incrociate e non più aperte. Era stufo, come a dire: ragazzi, arrangiatevi voi. Era un peccato, quel sogno.

Doña Frozina conosce molti trucchi. Cammina con il suo latte di rosa, Io me ne vado (si dice così in italiano quando qualcuno vuole andarsene?). Doña Frozina, eccellentissima signora, sono io che sono stufo di voi. Addio, allora. Mi addormentai nel mezzo di una preghiera.

P.S. Cerca nel dizionario cosa vuol dire maniganças. Ti facilito l’impresa. Manigança: prestidigitazione; opera misteriosa; arte di incantare. (Dal Piccolo dizionario brasiliano della Lingua portoghese).

Da piccola, a Sergipe, Doña Frozina mangiava accovacciata dietro la porta della cucina. Non si sa perché.

Clarice Lispector

Gruppo MAGOG