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Cultura generale

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Letterature
Marilena Garis
Le librerie, come gli aeroporti, come le librerie negli aeroporti, stanno diventando quei non-luoghi che nel loro essere ovunque una la copia dell’altra dovrebbero risultare accoglienti e farti sentire sempre a casa tua, se casa tua diventasse standard e impersonale e tu ci sapessi abitare dentro con la flemma lucida a rassegnata di una merce sullo scaffale. A Pomigliano d’Arco entrare nella libreria Wojtek di Ciro Marino, editore della casa editrice omonima, è significato essere ospitato dai libri che ti danno il benvenuto con la facondia dei padroni di casa, ci tengono a offrirti da bere, a indicarti dove poterti sedere, a insistere perché tu resti a mangiare qualcosa con loro. È esattamente quel posto e nessun altro, dove i racconti si sono dati appuntamento per trascorrere del tempo assieme prima di riprendere ciascuno la sua via nel mondo. Con Marino si è parlato di libri come si parla di viaggi o della vita propria o altrui, nella convinzione confermata dai fatti che il discorso della letteratura non si sia ridotto a un bisbiglio tra pochi accoliti né a una prece alla cara estinta, ma che corrisponda a un moltiplicarsi di voci che si diramano ovunque, sempre più inarrestabile e necessario. (antonio coda)
Lettore, libraio, editore. Tre nature in un corpo solo?
È stato inevitabile. Per me non poteva che andare così. Il primo passaggio è stato da lettore a editore: nel 2007 io e mio fratello fondammo Ad est dell’Equatore. E nel mezzo una esperienza da fotoincisore, assieme a mio padre, era il suo lavoro. I libri non solo mi piace leggerli, mi piace proprio farli. Dopo un cambio di rotta c’è stato il ritorno con la casa editrice Wojtek fondata nel 2018 assieme a Lucio Leone e Antonio Corduas, e il rilancio: la libreria Wojtek, a Pomigliano d’Arco.
Il primo libro che hai letto.
La mia iniziazione alla letteratura è avvenuta con Il signore delle mosche. Quella che all’epoca era la mia professoressa di inglese delle superiori regalò libri scelti da lei ai suoi alunni. Per me scelse il romanzo di Golding. Poi vennero gli altri scrittori: Salinger, Bukowski, Fante… Così come ce ne erano stati degli altri prima. Ma la mia prima volta da lettore consapevole fu con Il signore delle mosche, anche per le domande suscitate dal gesto della professoressa: perché lo aveva scelto proprio per me, perché proprio quello?
Il primo che hai venduto, da libraio.
Ti rispondo con un libro che mi è piaciuto diffondere, La bomba voyeur di Alfredo Zucchi. Rappresenta al meglio l’idea della proposta letteraria che voglio portare avanti con la libreria: un testo impegnativo, che non arretra di fronte alla complessità, che si mette alla prova mettendo alla prova chi lo legge.
Il primo che hai pubblicato.
Il primo libro pubblicato con la Wojtek è Gli affetti provvisori di Anna Adornato. Una scelta nel segno della continuità: è della Adornato uno degli ultimi titoli che ho pubblicato quando ero a bordo di A est dell’equatore. Vale come biglietto da visita della Wojtek. È di quelle autrici, magari sconosciute ai più, che bisogna aver letto per poter comprendere quanto sia grande il suo talento e cosa può dire e fare la letteratura italiana contemporanea. Per darti un’idea della sua personalità, meravigliosa, e dei risvolti sempre un po’ comici della vita: avevamo fissato con la Adornato un appuntamento per firmare il contratto di pubblicazione, poche settimane prima sparisce completamente, non abbiamo più sue notizie, risulta impossibile contattarla. D’un tratto si fa viva, dice che ha una sorpresa per noi. Ci incontriamo e la sorpresa è che aveva partecipato a una edizione della trasmissione televisiva Saranno Isolani, reality la cui vincita consentiva d’entrare nel cast del più noto Isola dei famosi. Noi stavamo costruendo un piano editoriale colto, spinto su un’ambizione alta della letteratura, di sicuro non era questo il tipo di richiamo su cui volevamo puntare. Decidemmo comunque di non discriminare alla rovescia, anche perché: semmai un tronista dovesse scrivere un grande romanzo noi lo pubblicheremmo, ma per il grande romanzo che avrà scritto, certo non per il suo essere stato un tronista.
Cosa significa per te leggere?
È una delle più belle attività consentite alla specie umana, a patto però di spogliarla di qualunque aura di sacralità con cui si provi a zavorrarla. Leggere è divertente. Certo, può porti di fronte alle domande più importanti. Io non ne sottovaluto neppure la pericolosità, e su questo mi spendo molto quando vengo invitato nelle scuole e mi confronto coi professori: si possono fare dei grandi danni dando da leggere dei libri di merda a dei ragazzi che hanno letto poco nella vita.
Da persona che la vive sul campo, secondo te qual è lo stato di salute della letteratura e qual è il suo futuro? E cosa ne pensi del mantra: La letteratura l’è morta.
Chi lo sostiene ha semplicemente smesso di leggere letteratura contemporanea, che non solo non è morta ma è in formissima, gode di ottima salute come ne godono i tantissimi scrittori e scrittrici italiane viventi e come ne godono le lettrici e i lettori disposti a leggerli e a continuare con loro il discorso della letteratura. A farmelo affermare è la mia esperienza da libraio a Pomigliano, centro urbano che conta circa quarantamila abitanti. L’autore Gianni Montieri durante una conversazione mi ha detto: una libreria così a Giugliano chiuderebbe in poco tempo. Ma Giugliano è un comune di più di centoventimila abitanti, non possono non esserci lettori, i quali con buona probabilità si riforniranno tramite gli store online o alle librerie di catena presenti nei centri più grandi. I lettori sono ovunque e soprattutto sono ovunque i lettori di qualità che la richiedono a quello che vogliono leggere.
Ci sono più lettori che librerie nei loro paraggi?
Mancano i librai, e su questo ci tengo a sottolineare come non basti essere una libreria indipendente per essere una buona libreria: quello del libraio, come qualunque altro, è un mestiere che bisogna saper fare. Fino a poco tempo fa i librai erano corteggiati neanche fossero dei tronisti, per riallacciarci a quanto detto prima, perché erano i finalizzatori di una filiera, la sorte del libro passava dalle loro mani. Oggi che non è più così ci stiamo riducendo alla retorica del presidio di cultura. Guarda, di recente mi hanno chiamano per avvisarmi di un’intervista che avrebbero voluto farmi alla trasmissione Fahrenheit, il tema: le librerie del sud e quanto sia difficile al sud tenerle in vita. L’intervista poi non ha avuto seguito, e meno male, perché è un discorso che non fa per me. Le parole sono sempre quelle: il fiore nel deserto, la resistenza, il luogo di resilienza, il libraio come missionario, come martire. Il rischio del patetico è altissimo.
Di cosa si parla allora quando parliamo di libri e di letteratura?
Di un lavoro che presuppone una passione. Che va raccontato meglio: meno autoreferenziale, meno pomposo. Il libraio è sempre coraggioso? No, può essere in tutta tranquillità sia libraio sia deficiente. Una delle frasi che dico spesso è: ho smesso di resistere quando ho aperto la libreria. Io mi diverto. Mi piace stare in libreria. Sono un libraio felice della periferia napoletana. Le grane ci sono, le fatture da pagare pure, ma quelle le metti in conto.
Quali sono, se per te ce ne sono, gli ostacoli da rimuovere perché un libro che merita incontri un lettore che se lo merita?
L’editoria è diventata un gioco un po’ sporco, è innegabile. I grandi gruppi editoriali gestiscono tutto quello che c’è prima e tutto quello che c’è dopo il lavoro strettamente editoriale. Gestiscono i giornali, le librerie, la promozione, ogni piccolo passaggio della filiera. E bisogna tener conto che nelle librerie di catena, dove dati alla mano si vendono statisticamente, più libri, difficilmente è dato spazio alle case editrici medie e piccole. Non saprei dirti se esistono altri settori in cui il problema della concentrazione di mercato è così forte, predominante. Ti dico nella libreria come l’ho risolto: ormai la metà dei libri che ci trovi a disposizione l’hanno consigliata i lettori che la frequentano, dalle persone che prima di incrociarsi alla Wojtek non si erano mai conosciute, in una città come Pomigliano che ripeto non raggiunge i quarantamila abitanti, e che sono state le prime a stupirsi a vicenda di quanta qualità ci fosse al di fuori dei grandi gruppi editoriali. Aggiungo una cosa: secondo un mio modestissimo calcolo Pomigliano si pone nella top five delle città con maggior numero di librerie rispetto al numero di abitanti. Nell’area di un chilometro quadrato c’è una Feltrinelli, c’è una Mondadori, c’è una bellissima libreria per l’infanzia che si chiama Mio nonno è Michelangelo, c’è una bellissima fumetteria, tra le venti e le trenta cartolibrerie. Lavoriamo tutti. A dimostrazione del fatto che allargare l’offerta va a vantaggio di tutti.
La tua idea di libro da leggere a ogni costo.
La lingua per me è fondamentale. Io non voglio girare la pagina per scoprire chi sia l’assassino o per sapere come va a finire la storia d’amore. Io leggo per il piacere di stare sulla pagina. Quelli da leggere a ogni costo per me sono i libri di Antonio Moresco, ma voglio dirti pure i titoli più sorprendenti che mi hanno fatto conoscere i lettori che frequentano la libreria: La cattedrale di Jacek Dukaj e La fabbrica dell’Assoluto di Karel Čapek, entrambi pubblicati da Voland; Cosmic Bandidos di Allan C. Weisbecker, pubblicato dalla Marcos y Marcos ma prima ancora da Meridiano Zero. Attenzione, non parlo di libri che debbano far sanguinare gli occhi. Di recente all’interno di un gruppo di lettura è toccato a un titolo di Juan Pablo Villalobos, che io trovo sia uno scrittore enorme: ce ne stavamo piegati in due dal ridere, tanto sono divertenti le sue pagine.
A cosa ti fa pensare la solitudine del lettore?
Io per primo, prima dell’apertura della libreria, non avevo mai frequentato così tanti lettori. Non è brutto essere un lettore solitario, ha il suo perché. Poter condividere certe letture, però, potersi entusiasmare assieme, ora che l’ho provato ti dico che è un’esperienza da fare. Per poi magari ritornare lettori solitari. Non è necessario esserlo sempre, come non lo è il non esserlo mai. Il Festival della Letteratura Indipendente di Pomigliano, il FLiP, nasce proprio per rispondere a un’esigenza di tutti, e quando si tratta di organizzarlo nella libreria c’è una vera e propria mobilitazione generale, compresi quelli che si mettono a disposizione per andare a prendere gli autori e le autrici alla stazione per portarli all’albergo. Il FLiP fa grandi numeri di partecipazione e mi faccio vanto di dire che non ha mai avuto al suo centro temi sociali o di aggregazione civica contro i fenomeni criminali. Qui al sud, qui in periferia, ad aggregare, a fare da collettore, è il discorso sulla letteratura al suo meglio.
Consigli per un aspirante lettore: come può orientarsi nella mole abnorme di pubblicazioni ormai a ritmo quotidiano?
Tornare ad avere il proprio librario di fiducia, ma così come si ha il salumiere di fiducia e il macellaio di fiducia. Persone di cui potersi fidare. Io ce li ho il salumiere, il macellaio, il fruttivendolo di fiducia che magari mi dicono: scegli questo e non quello perché oggi è di qualità superiore. O che mi chiedono se possono tenermi da parte un prodotto quando sono sicuri della sua bontà. Penso poi che ci siano delle riviste online che facciano un ottimo lavoro e che diano degli ottimi consigli. E intendo anche quelle riviste che magari di un libro del catalogo Wojtek possono aver parlato male, ma vivaddio, libere da ogni forma di condizionamento.
Ti chiedo ancora nomi, cognomi e titoli. I libri migliori che hai letto più di recente.
Perversione di Jurij Andruchovyc, Del Vecchio Editore, stupefacente. Ti vendo un cane, di Juan Pablo Villalobos, per Cento Autori; avevo già letto altro di Villalobos, ma quest’ultimo l’ho trovato particolarmente felice. E i libri di Annie Proulx, scrittrice premio Pulitzer che non avevo ancora mai letto prima che me lo consigliasse una frequentatrice della Wojtek, una professoressa. E mi piace farti il nome di un autore nordirlandese, Brian Friel, e la sua meravigliosa raccolta di racconti Tutto in ordine e al suo posto.
Gli scrittori che ti piacerebbe pubblicare, tra quelli che non hai ancora mai pubblicato, o dei quali comunque ti piacerebbe fosse pubblicato qualcosa di nuovo.
Come editore ho già realizzato uno dei miei più grandi sogni, pubblicare Antonio Moresco. Dello stesso Moresco aspetto il prossimo libro, che promette essere un lavoro all’altezza della sua fama. Poi mi ha incuriosito e ingolosito l’ultimo romanzo inedito di Aldo Busi, annunciato e non pubblicato. Quanto sarebbe bello se si scoprissero degli inediti di scrittori già morti? Di David Foster Wallace per esempio. O di Breece D’J Pancake, suicida come D. F. Wallace, autore di quell’unica bellissima raccolta di racconti che è Trilobiti, pubblicata in Italia da minimum fax. Per Wojtek tra gli italiani mi piacerebbe pubblicare Luciano Funetta, Giordano Tedoldi, Gianni Solla, ce ne sono tanti. Decisamente, chi dice che la letteratura italiana di gran pregio non esiste più non sa di cosa sta parlando, ha soltanto rotto il cazzo.
Per finire, i tuoi long seller, i libri che non manchi di proporre a chi passa in libreria.
Ci sono quelli che ti ho già detto, e ce ne sono altri: Il giorno della nutria di Andrea Zandomeneghi, per Tunué; i libri di Clio Pizzingrilli, che sono una vera chicca. Come pure quelli di Volodine e Cărtărescu e Gospodinov. Proposte che sono un po’ anche delle esche. So che chi li leggerà non potrà che ritornare.
Libri esca, che però sono anche un rischio. Sono guanti di sfida gettati al lettore.
La stessa sfida che mi lanciò la professoressa di inglese quando mi propose Il signore delle mosche. Perché chi legge possa poi chiedersi: perché questo libro? Perché proprio a me?