29 Ottobre 2018

Che senso ha spendere 42mila euro per un orologio? O siete come George Best o piove sempre sul bagnato…

La vita è strana o piove sempre sul bagnato, scegliete voi come iniziare questo “ammazzacaffè” che parla di passione e – una volta su mille – diventa investimento economico.

Da anni scrivo di orologeria meccanica di alta gamma. Attualmente lo faccio per il “Quotidiano Nazionale”, con la rubrica settimanale “Tempo al tempo” che trovate ogni martedì sul “Resto del Carlino”, “La Nazione” e “Il Giorno” e i relativi dorsi specializzati di decine di pagine a fine maggio e fine novembre sempre sul nazionale del “QN”. Qualche anno fa ho anche diretto l’edizione italiana di “Revolution”, il più noto magazine internazionale del settore. Chiaramente tutto ciò nasce dalla passione per le lancette e dal relativo tic tac del cuore meccanico che le anima e così, quella volta, dalle pagine economiche del “Sole 24 Ore” sono passato con piacere a quelle dell’orologeria di diverse testate.

Detto ciò, non parlo mai di orologi di alta gamma fuori dal contesto del mestiere, degli addetti ai lavori e degli appassionati. Perché? Lo spiego. Una volta ho assistito a questa scenetta tra un gruppo di amici. Orologio nuovo al polso di uno che lo fa vedere agli altri. Bello sì, bello no. Quanto costa? Tanti soldi, per capirci più di un anno di un buon stipendio medio. A quel punto la fidanzata di un amico ha detto al tipo con l’orologio nuovo al polso: “Io ci metto due anni a guadagnare quei soldi, per me tu sei uno stronzo”.

Etica, buon senso, eccetera, per certi aspetti aveva ragione lui, per certi aspetti lei. In ogni caso – tolto il marketing – è impossibile giustificare attraverso discorsi logici qualcosa che può costare dai mille euro al milione e passa e che serve solo a indicare l’ora a fine 2018 – anche da addetto ai lavori.

Per fortuna – sia per gli orologi da polso, sia per le auto, sia per tutto ciò che a vario titolo viene definito di lusso – non parliamo di macchine salva vita, quindi diciamolo: chissenefrega.

Va anche detto che come con ogni altra passione, gran parte dei soldi investiti finisce in fumo in un baleno e quando esci dal negozio di orologi, auto, moto o bici da corsa – o mtb – il valore di mercato sia già calato del 50% e che ciò rappresenti un dato di fatto per il 95% della normale produzione mondiale. Sempre che uno non la pensi come George Best, l’indimenticato funambolo del calcio, che forse aveva capito tutto con la sua celeberrima frase “ho speso molti soldi per alcool, ragazze e auto veloci, il resto l’ho sperperato.”

Sperperato o no, ci sono un paio di orologi che negli ultimi decenni hanno reso ai fortunati possessori come pochi altri loro investimenti finanziari: parliamo del Daytona della Rolex e del Nautilus di Patek Philippe, soprattutto nelle rispettive versioni in acciaio. Oggi rarissimi – si parla comunque di produzioni industriali –, costosi e ricercatissimi, la loro storia dura da decenni e dopo gli inizi stentati di entrambi, il presente è semplicemente trionfale. Prendiamo il Nautilus nella Referenza 5711. Nel 2006 aveva un listino di 15mila euro e spiccioli, oggi il listino è a 27mila e spiccioli, per lo stesso orologio. Ma a meno che non siate un cliente ultrafidelizzato dei pochi concessionari nel mondo, non si trova a meno di 40-42mila euro. Stronzi o non stronzi a possederlo, qual è la morale? La vita è strana o piove sempre sul bagnato.

Michele Mengoli

www.mengoli.it

Gruppo MAGOG