Nel 1952 Louis-Ferdinand Destouches, rientrato dall’esilio in Danimarca (a proposito, quanto Shakespeare c’è nella poetica di Céline?) dopo aver evitato la condanna a morte comminatagli anni prima dalla giustizia postbellica francese – ma non evitando la sua consacrazione definitiva di Grande Reprobo della letteratura – dava alle stampe per Gallimard il suo primo romanzo del secondo dopoguerra: Féerie pour une autre fois.
Céline ritornava dal suo eremo a Meudon sulla Montmartre e sulla Parigi dei suoi anni passati; gli anni fatali della guerra, dell’Occupazione, dei suoi amici (sempre meno) della bohème della Buttecome Gen Paul, Marcel Aymé e Robert Le Vigan, il La Vigue di Da un castello all’altro, e dei suoi nemici (sempre di più) da Jean-Paul Sartre e Aragon al comunista irregolare e libertino Roger Vailland; proprio quest’ultimo, dopo la Liberazione autoproclamatosi Maquis, fu protagonista di una accesa polemica letteraria ma non solo con Céline: e credo bene, essendo ambedue stati inquilini durante la guerra dello stesso palazzo al 4 di Rue Girardon! Ritornava, in Féerie pour une autre fois e nel suo seguito Normance, tra una polemica e una recriminazione, ai bombardamenti Alleati su Parigi sul quartiere operaio di Billancourt e poi proprio su Montmartre e Saint-Denis, alle bombe delle Fortezze volanti, alle loro terrificanti esplosioni e alle vibrazioni delle onde d’urto rese, strappate sulla carta dalla petite musique céliniana che si affina per la grande prova della Trilogia del Nord: “Raccontare tutto questo dopo… è una parola… è una parola!… Si ha, comunque, l’eco ancora… brroumn!… la capa ti oscilla… anche con sette anni passati… la zucca!… il tempo non è niente, ma i ricordi!… e le deflagrazioni del mondo!… le persone che si sono perse… le pene… i compagni sparsi… gentili… malvagi… smemorati… le ali dei mulini… e l’eco ancora che ti scuote… sarei scagliato nella tomba insieme!… Porco di un vento! ne ho piena la testa!… pieno lo stomaco… Brrroum!… risento… avverto… vibro delle ossa, qua nel mio letto…”.
Céline scrive immaginandosi ancora, a tratti, nella sua cella del carcere di Vestre Fængsel in Danimarca nel 1945-1947 – ma dalla lettura dei suoi quaderni dal carcere, la cui edizione integrale è uscita in Francia l’altr’anno, sappiamo che il Dottor Destouches veramente disegnava già la sua mappa personale sul come tornare Céline, scrivendo, ricostruendo, riscrivendo, ricordando proprio nomi, circostanze, “deliri e persecuzioni” degli ultimi suoi anni di vita e di peripezie, dalla Parigi del Passage Choiseul, dell’editore assassinato Denoel, del successo del Voyage e dello scandalo dei pamphlet al castello dei rifugiati di Vichy a Sigmaringen. A tal proposito Lucette Almanzor, ultima moglie, musa e infine custode dell’opera di Céline, scomparsa l’anno scorso, dichiarò in una intervista: “Là [in carcere], Céline terminò Pantomima per un’altra volta, che aveva cominciato in prigione. In quei cinque anni, si comportò come un animale, chiudendosi in se stesso, e poi scriveva, quando ne aveva la forza. Era molto malato, aveva avuto la pellagra, perso trenta chili… ma era stato colpito soprattutto moralmente… Sapete bene che Céline esagerava tutto, ma, molte volte, la realtà era peggiore di quello che diceva… aveva due paia di guanti, mantelli all’infinito… e questo è durato cinque anni”.
Einaudi pubblicò i due libri, Pantomima per un’altra volta e Normance, nel 1987 e 1988 separatamente e nella bella traduzione di Giuseppe Guglielmi: negli anni successivi, le edizioni francesi hanno presentato al lettore i due romanzi in un unico tomo, permettendo al lettore di percepire appieno la “trilogia mancata” di quest’opera, perché tale era infatti l’intenzione di Céline. Infatti, come scrive Massimo Raffaeli nella sua introduzione alla nuova edizione Einaudi appena giunta in libreria, riunente in un unico tomo i due romanzi: “A metà degli anni Ottanta, la pubblicazione di un abbozzo a suo modo già compiuto di Féerie, il cui titolo Maudits soupirs pour une autre fois allude a quello definitivo, testimonia del fatto che in origine il romanzo prevedeva una terza parte dedicata alla vita dello scrittore sulla Butte fra il ‘29 e il ’44 […]”.
Chissà se questa “terza parte” del romanzo fosse una delle bozze andate perdute quando l’appartamento céliniano in Rue Girardon fu saccheggiato dalla Resistenza francese nel 1944, e ai quali accennò Lucette Almanzor a Philippe Dijan nel 1969: “Sì. Gli sono stati sottratti almeno quattro o cinque manoscritti abbozzati, delle opere che erano al quarto o al quinto rimaneggiamento… la fine di Casse-Pipe, certamente, questo romanzo doveva essere completamente terminato, penso. Ma un gran numero di questi documenti riapparirà alla mia morte”.
Nell’attesa, rileggiamoci ciò che Einaudi ha finalmente ristampato.
*Il libro: Louis-Ferdinand Céline, Pantomima per un’altra volta – Normance, introduzione di Massimo Raffaeli, Einaudi, Torino 2020.
*Per approfondire: Andrea Lombardi, Céline contro Vailland, Eclettica, Massa 2019; Francois Gibault, Céline, II Délires et persécutions (1932-1944), Mercure de France, Paris 1985.
**L’articolo di Andrea Lombardi è stato pubblicato come “Pantomima per un’altra Parigi” su Satisfiction.