
“Cercate l’oscurità e il silenzio”. A Venezia con Maurice Barrès
Libri
Alessio Magaddino
Una lettera acidamente comica di Louis-Ferdinand Céline al suo avvocato Jean-Louis Tixier-Vignancour del 1949, quando il rivoluzionario del linguaggio e Grande Reprobo francese, riparato in Danimarca e lì arrestato, carcerato e esiliato dopo aver vagato Da un castello all’altro per la Germania, era in attesa del suo processo in contumacia in Francia, con l’art. 75 (condanna a morte per tradimento dello stato) appeso al collo! Nella lettera Céline gioca la sua carta di patriota assoluto veterano di due guerre per la Francia, di capro espiatorio – coinvolgendo nella sua invettiva anche suoi amici fedelissimi, come lo scrittore Marcel Aymé, che sorvolò su questo e altro rimanendogli sempre affianco; ma come non perdonare il geniale, folle Ferdinand furioso? – , di bersaglio facile per chi è in cerca di notorietà, di inclassificabile immune agli opportunismi politici: una miscela irresistibile di vero, verosimile e falso assoluto, di scrittura e di ritmo… insomma, tutto ciò di cui sono composti Louis-Ferdinand Céline e gli altri giganti della Letteratura.
Andrea Lombardi
*
Il 17 sett[embre 1949.]
Mio caro amico –
Vi scrivo. Naud non risponde mai alle mie lettere, e forse non ha nemmeno il tempo di leggerle![1] Ho letto la vostra, di ieri. Mi sono rimaste impresse le parole “commissario del governo”[2], quindi la questione finirà presto, e mi tireranno il collo. Bene. Ma non è ancora finita. Finora sono stato tutto bravo e tranquillo – ma da condannato farò cantare i miei grossi calibri. E allora vi assicuro che internazionalmente e in Francia sarà un bel Badabum! Ho delle proposte – dappertutto – in Francia sul Samedi Soir, sul Dimanche Soir[3]. Vuole celebrità, il Sig. commissario del governo? La avrà! Gli garantisco, sulla parola, una fama mondiale e il suo passare alla storia! Il giudicarmi è una vergogna, infamia assoluta. Sono scappato? Bella storiella! A Parigi mi si sgozzava. Chi lo negherebbe, seriamente? Avrei raggiunto i 100.000 assassinati purificati![4] Dove potevo andare? Volevo andare in Danimarca – mi hanno trattenuto in Germania[5] – E poi cosa? C’erano 2.000.000 di francesi trattenuti in Germania![6]
Se mi avessero steso nell’agosto del 1944, ora avrebbero buon gioco nel coprirmi di tutte le accuse immaginabili! Di tutta la merda possibile! Chi risponderebbe? Non ho mai chiesto nulla a nessuno e mi è stato tolto tutto. Che cosa resta da prendermi? Io sono il patriota assoluto perseguitato assoluto – mi vorrebbero vedere a Fresnes[7] – Ah, che vi si faccia entrare prima Paul Morand, 2 volte ambasciatore di Pétain! e Bergery, grand’amico dell’Ambasciata – e Chautemps presidente del Consiglio, condannato per tradimento – tutti questi signori se ne vanno in giro in lungo e in largo – il più tranquillamente possibile!
Paul Morand non è nemmeno accusato! Montherlant pubblicava nei quaderni franco-tedeschi – Marcel Aymé su Je suis Partout – Mercadier l’editore di La France a Sigmaringen è libero come l’aria a Parigi – e mille altri! Giustizia vuol dire prima equità – PRIMA DI TUTTO. Pubblicherò la requisitoria del Sig. Commissario in un giornale francese a grande tiratura, e allo stesso tempo la mia difesa – integralmente – Se il signor Commissario non ha mai sentito una piuma solleticarlo lungo il corpo avrà questo piacere. E farò stampare il tutto da tutta la stampa americana. Sarà il bouquet, l’apoteosi della bella reputazione delle corti civili e civiche! Un’altra vittoria per la Francia – il Sig. commissario ci si vuole misurare? Sono a sua completa disposizione – mica abbiamo finito di ridere! Gli assicuro che sono ben capace di far ridere – e rider giallo.[8] Tutte queste mezzeseghe si prendono delle libertà sino a quando si beccano un bel colpo d’arresto[9]. Mi occuperò del colpo – e sarà atroce. Lo avverto, e il governo pure. La questione andrà al di là dell’importanza di questo botolo da tribunale.
È chiaro è lampante.
Se Hitler avesse vinto, tutti quelli che oggi mi perseguitano compresa la corte e compreso il commissario, starebbero benissimo con Hitler. Un solo francese credo ci starebbe male, e sarei io. Non mi si parli del caso Rouquès[10] – quello schifoso cagasotto durante tutta l’occupazione tedesca (temendo parecchio per il suo culo) preoccupato che gli facessi pagare il suo processo per diffamazione (avvocato de L’Humanité), andava in giro a dappertutto dietro ai miei amici perché mi convincessero che mi aveva citato in giudizio solo perché costretto e forzato, che mi teneva in alta stima ecc… Come se mi importasse di Rouquès! come se fossi stato così idiota (se avessi voluto vendicarmi) di andarlo a citare in una prefazione! Ma vaffanculo! sono così coglione? Non avevo che da ucciderlo io stesso, in una notte senza luna!
Chi mi avrebbe detto qualcosa? E altri cento che ora mi smerdano e mi ritirano fuori! Mio caro amico, avverta Naud la prego, e il commissario e il Papa che se mi si fa questa brutta mossa la questione uscirà dalla zona dove politici, botoli da tribunale ecc. giocano a fare le stelle e gli eroi, per entrare in un mondo dove sono solo dei poveri bastardini afoni con i culi rotti – coinvolgeremo la grande stampa, le grandi penne e il grande pubblico, in Francia e all’estero – tutto è pronto. Il mondo intero sarà entusiasta di seguire questo nuovo affare Dreyfus (alla rovescia!) indipendentemente da quanto si dica!
Con amicizia e riconoscenza
L F Céline
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[1] L’avvocato Albert Naud, legale facente parte dell’équipe difensiva di Céline assieme all’avvocato Tixier-Vigancour.
[2] Sic per France-Dimanche.
[3] Céline attacca in questa lettera l’intera giustizia francese prendendo a pretesto il commissario del governo Jean Seltensperger, con cui era in realtà in rapporti epistolari tutto sommato positivi.
[4] Cifra iperbolica questa indicata da Céline; tuttavia le epurazioni dei “Collaborazionisti” in Francia nel 1944-1949 furono in effetti rilevanti: circa 40.000 francesi, che a vario titolo avevano avuto rapporti o con lo Stato di Vichy o con l’Amministrazione tedesca, svolgendo funzioni burocratiche, amministrative e intellettuali, oppure avevano militato in raggruppamenti politici o in unità militari, paramilitari o di Polizia furono condannati a pene detentive e privati dei diritti civili. Furono inoltre eseguite ben 7.037 condanne a morte, che colpirono anche gli intellettuali ritenuti rei di “collaborazione con il nemico”, come Robert Brasillach, Jean Luchaire e molti altri, mentre 10.000 francesi caddero vittima di esecuzioni sommarie. Ancora nel 1952, 2.400 francesi si trovavano in prigione con l’accusa di collaborazionismo.
[5] Céline, la moglie Lucette e il loro gatto Bébert partono dopo lo sbarco Alleato in Normandia nel giugno 1944 per la Danimarca. Trattenuti a Baden-Baden e non ottenendo il visto, sono trasferiti a Kranzlin, poi a Sigmaringen, nella Germania meridionale, assieme al governo Laval in esilio e 1.500 civili, militari e paramilitari collaborazionisti.
[6] In Germania lavorarono dal 1942 al 1945 circa 1.500.000 lavoratori volontari e coatti e prigionieri di guerra francesi.
[7] Località nel cui carcere, utilizzato prima dagli occupanti tedeschi, furono rinchiusi molti collaborazionisti francesi: diversi di essi, tra i quali Robert Brasillach (che qui compose i suoi Poemi di Fresnes), vi furono condannati a morte e giustiziati.
[8] “et jaune” nel testo. Da “Rire jaune”, “Ridere giallo”, espressione idiomatica per “ridere controvoglia”. Dalla pelle giallastra dei malati epatici, soggetti a variazioni dell’umore, e che pertanto devono spesso sforzarsi per ridere.
[9] Nella scherma, un colpo tirato all’avversario per impedirgli di portare a termine un attacco.
[10] Il dottor Rouqués intentò una causa nel marzo 1939 per diffamazione contro Céline, che lo aveva citato nel suo L’École des cadavres.