06 Agosto 2021

“Verso l’ignoto”. Catherine Pozzi, tradurre l’amore tradito

Tradurre l’amore tradito di Catherine Pozzi, “la presenza reale di questo sogno dello spirito”, proprio come l’aveva definito lei, è impresa da tentare. Giustappunto quando il suo Lionardo, così com’era giunto nella sua vita, ora se ne andava, forse ingiustamente. Ma questo noi non lo sapremo mai. O meglio, non ci riguarda. Sappiamo, invece, dalle parole stesse della poetessa ‒ appunto musa, e amante tradita di Paul Valéry ‒, che Quello che non può diventare notte o fiamma / lo si deve mettere a tacere. Per ciò, scrive di un addio. Un addio verso l’amato che dapprima abbracciava con un Ave, per poi risospingerlo con ulteriori versi che portano il titolo quasi opposto di Vale.

Dunque sul Journal, in data 11 maggio 1926, Catherine Pozzi ricorda di aver composto questi versi in treno, di notte, mentre da Vence tornava a Parigi, dopo l’ennesimo litigio con Paul Valéry (Lionardo). «Verso mezzanotte andai nella toilette: seduta per terra, mi feci un’iniezione di Sédol. Presto sopraggiunse la ben nota tranquillità. Potei pensare a Lionardo senza disperarmi. Al ritmo del treno, mi cantavo inventando lentamente, verso dopo verso, la forma della sofferenza». Due giorni più tardi, aggiungerà: «Nessuna lettera. Non aveva ricevuto a sera la mia dalla stazione? Non risponderà? La riceve solo in questo istante? Ma la speranza mi fa alzare, abbigliare, uscire alle dieci e mezza, per cercare un parrucchiere. Fa freddo in questo appartamento: parto. A casa, a mezzogiorno. Nessuno è venuto, nessuna lettera. Ne divento pazza, è evidente! Intravedo l’universo maniacale, dove mi sto dirigendo. Parigi è là, non ne provo invidia: le signore sono là, le donne graziose e i vestiti, la lucentezza dei giorni, forse dei successi… non ne provo invidia. Riscrivo i versi del treno. Forse sono belli. Nel mio animo, li sento essere belli, con indifferenza».

Si può quindi scrivere di un amore tradito, tra i sobbalzi del treno; ricordando “L’estremo istante del nostro unico abbraccio / Verso l’ignoto”. Ci si può sedere per terra, disperati, nella toilette del treno, prendendo un calmante che plachi un amore inquieto verso mezzanotte. Forse a Catherine bastava poco: nel buio, la luce di una candela; “Il paradiso dove l’angoscia è desiderio”, che fu il suo inferno. Un cuore, infine e dopotutto, sbattuto in petto dal dolore.

Giorgio Anelli

***

Vale

La grande amour que vous m’aviez donnée

Le vent des jours a rompu ses rayons ‒

Où fut la flamme, où fut la destinée,

Où nous étions, où par la main serrée

Nous nous tenions

 

Notre soleil, dont l’ardeur fut pensée

L’orbe pour nous de l’être sans second

Le second ciel d’une ȃme divisée

Le double exil où le double se fond

 

Son lieu pour vous apparaît cendre et crainte,

Vos yeux vers lui ne l’ont pas reconnu

L’astre enchanté qui portait hors d’atteinte

L’extrême instant de notre seule étreinte

Vers l’inconnu.

 

Mais le futur dont vous attendez vivre

Est moins présent que le bien disparu.

Toute vendange à la fin qu’il vous livre

Vous la boirez sans pouvoir être  qu’ivre

Du vin perdu.

 

J’ai retrouvé le céleste et sauvage

Le paradis où l’angoisse est désir.

Le haut passé qui grandit d’ȃge en ȃge

Il est mon corps et sera mon partage

Après mourir.

 

Quand dans un corps ma délice oubliée

Où fut ton nom, prendra forme de coeur

Je revivrai notre grande journée,

Et cette amour que je t’avais donnée

Pour la douleur.

 

Catherine Pozzi

*

Quasi addio

Il grande amore che mi hai dato

Il vento dei giorni l’ha mandato in frantumi ‒

Dove fu la fiamma, dove fu il destino,

Dove eravamo, dove per mano stretta

Noi stavamo

 

Il nostro sole, il cui ardore era pensato

Il mondo per noi di essere senza un secondo

Il secondo cielo di un’anima divisa

Doppio esilio dove il doppio si fonde

 

Il suo luogo per te appare cenere e paura,

I tuoi occhi verso di lui non l’hanno riconosciuto

La stella incantata che sviava lo sguardo

L’estremo istante del nostro unico abbraccio

Verso l’ignoto.

 

Ma il futuro che ti aspetti di vivere

È meno presente del bene scomparso.

Qualsiasi raccolto che alla fine ti porta

Lo berrai senza poter essere così ubriaco

Del vino perso.

 

Io ho ritrovato il celeste e selvaggio

Il paradiso dove l’angoscia è desiderio.

L’altisonante passato che cresce di età in età

È il mio corpo e sarà il mio senso

Dopo la morte.

 

Quando in un corpo la mia gioia dimenticata

Dove fu il tuo nome, prenderà la forma del cuore

Io rivivrò il nostro grande giorno,

E questo amore che ti ho dato

Per il dolore.

Gruppo MAGOG