I balsami di Venere è uno squisito e divertente saggio dello storico forlivese Piero Camporesi, edito per la prima volta nel 1989, ripubblicato da Il Saggiatore nel 2019. In questo saggio Camporesi mette sullo stesso piano, o forse farei meglio a dire sulla stessa tavola, cucina e sessualità. I due principi cardine dell’esistenza: il cibo che ci nutre e tiene in vita, il sesso che ci permette di trasmettere parte di noi in altri esseri umani. Due strumenti che ci fanno percepire vagamente l’eternità. I balsami di Venere espone un complesso ricettario dal medioevo al Settecento tutto impegnato a diminuire o aumentare gli spiriti bollenti, a rimpolpare le dimensioni del membro maschile, far ritornare il tratto vaginale non corrotto. Un insieme di ricette a partire dalla cucina. Il sesso quindi si fa in cucina, metaforicamente parlando.
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“Non è cosa né cibo che più sia conforme al nutrimento dell’uomo quanto è la carne umana, se non fusse l’abbominazione che la natura ha a quella”: questa la prima frase del libro di Camporesi tratta dal medico – astrologo Girolamo Manfredi alla fine del Quattrocento. Il simile si cura con il simile, se non fosse che ci sembri abominevole. Ma niente è meglio di una cura a base di umano, per l’umano stesso. Ed ecco che da qui si può partire a riflettere su tutte le ricette che Camporesi ci ha mirabilmente riportato in questo libro. Nelle officine degli speziali e nei laboratori degli spagirici il cadavere dell’uomo era una fonte incredibile di segreti da sezionare, da essiccare, da stagionare. Questo perché la morte non era vista come qualcosa di estraneo alla vita ma parte integrante della stessa, dall’amore alla morte il passo è breve per gli amanti. Morte e vita, sesso e cucina erano tutti strettamente legati, più di quanto ora noi moderni non vorremmo ammettere.
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Ma d’altra parte il sesso cosa è se non una forma surrogata di cannibalismo, nel sesso ci si mangia a vicenda, ci si spolpa energeticamente, ci si scambia anche quello che non vorremmo davvero scambiare o scoprire. L’innamorato vuole divorare l’oggetto amato, “ti mangio di baci”, non è una novità. Farlo talmente proprio che l’unico modo è introiettarlo nelle viscere. Come la famosa vicenda di Artemisia narrata da Agellio e Valerio Massimo: “fatte in polvere le ossa di Mausolo defunto e nell’acqua con certi odori stemperate, se le bevesse. La violenza dell’affetto che costei portava al marito, non le permise di vederlo altrove sepolto che nelle proprie sue viscere”. In questo saggio dovrete smettere molto presto di storcere il naso o di guardare altrove, dovrete accettare che la medicina moderna parte anche da qui, dall’ossessione per gli antichi per il mistero del sesso, dei suoi segreti, dei suoi problemi. La medicina moderna è frutto di prove e prove di alchimisti, spagirici e cuochi, tutti in cucina a tentare il miracolo.
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Insomma leggendo questo saggio ci si rende perfettamente conto che la sessualità, il coito maschile e femminile era un’ossessione. Qualcosa a cui pensare costantemente, non solo in camera da letto. Ora invece pare che su questo tema abbiamo perso interesse; le pubblicità a cui siamo continuamente sottoposti che esagerano la nudità portano la società di massa a esser soddisfatta di questo facile erotismo da consumo prima ancora di consumarlo veramente. L’uomo e la donna sono impegnati a investire le loro energie nel lavoro e nella casa, nel vivere sociale, negli obiettivi finanziari. Quindi il residuale energetico è scarso, inadatto persino al sesso di bassa qualità. I medici attuali vedono un proliferare incredibile di sindromi da impotenza e di frigidità per le donne. Sappiamo come funziona il corpo, ma non lo sappiamo più utilizzare. Che forse quindi “il mistero del coito”, per riprendere il titolo del primo capitolo del libro, dovesse rimanere tale per interessare l’uomo? Si sa che in amore ciò che si conosce ci stufa, ciò che rimane imprendibile è invece alla base del desiderio, e quindi della seduzione.
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Dalla cucina si cercavano i primi rimedi, siamo ciò che mangiamo. E quindi in questo libro vedrete un lunghissimo incredibile elenco di ricette, dall’utilizzo dei testicoli di toro, ai passeri stufati, ai cervi, agli unguenti da spalmare sul membro per renderlo più turgido e aumentarne la dimensione. Agli intrugli per le donne, per riportare la loro carne corrotta dalla passione sfrenata ai loro giovanili splendori. Tra questi speziali viene nominata persino Caterina Sforza, Signora di Forlì, che era particolarmente esperta nel “ripristinare parti ed organi logorati dall’uso”. Camporesi comunque non lascia impunite le nuove generazioni: “Le nostre generazioni teledipendenti (…) potrebbero riflettere utilmente sugli abusi sessuali degli uomini del passato e su questi mariti giovani, in particolare, che “ne’ primi congiungimenti” tanto si lasciavano “trascinare da diletti carnali” da esser afflitti da gravi problemi di restauro e di reintegrazione del sangue perduto”. Per Camporesi le nuove le generazioni sono quasi completamente anestetizzate da un approccio voyeuristico al sesso, dalla esuberanza di materiale pornografico gratuito, che ormai dato che è più semplice guardare il sesso che farlo ci si riduce solo a questo. Il saggio è stato pubblicato nel 1989, a mio avviso estremamente preciso, con un effetto pronostico eccellente se pensiamo ad oggi. E infatti i medici devono curare l’impotenza, più che la lussuria. Insomma, prepariamoci a cucinare una “gigantesca frittata di testicoli di agnello innaffiata da moscadello ispano”, una energica frittata da propinare al nostro amato.
Clery Celeste
*In copertina: Jacques Luis David, “Amore e Psiche”, 1817