02 Marzo 2018

I burattini sono più seducenti di una PS4 (e i bambini lo sanno). Piccolo trattato con burattinai, tarocchi, Paul Klee e Céline. Il prestigiatore lo fa Davide Bregola

La butto lì perché non ho trovato nessun riscontro vero, però mi sono accorto che stavo ragionando su un ipotetico saggio-articolo dedicato ai burattini e sono finito a ragionare su elementi esoterici.

Ho avuto l’intuizione che alcune di queste figure, ossia alcuni burattini della tradizione, potrebbero derivare dai Tarocchi: Le Pendu, L’Appeso dei Tarocchi potrebbe essere Pulcinella e di conseguenza Mr. Punch, il Pulcinella anglosassone. Questi burattini della tradizione vengono sempre impiccati e ammazzati ma poi rivivono, e l’Appeso è l’arcano numero dodici che vive nel sogno della sua idealità, muore ed è visto esattamente come Pulcinella e Punch. TarotL’Appeso ha una tunica bianca e rossa così come Pulcinella ha una veste bianca e un nastro rosso che la tiene legata in vita. Così come nel Guignol c’è il Diavolo sempre presente come nei Tarocchi Marsigliesi. In tutti i burattini che si rispettino c’è il bastone, cioè il Valet de baton. E così via. La Mort, sempre presente nei burattini. La si può vedere, bellissima e inquietante, nei burattini che costruì Paul Klee per suo figlio negli anni ’20 dello scorso secolo. Il Bagatto, è l’illusionista, il grande prestigiatore, e spesso la figura del mago nei burattini è presente proprio perché fa sospendere l’incredulità degli spettatori. Insomma si prefigurerebbe una lettura esoterica che non ho mai letto da nessuna parte, almeno qui in Italia, e che non trova riscontro nel fondamentale testo di Oswald Wirth I Tarocchi, ma le cui similitudini cromatiche e simboliche con i burattini della tradizione mi sembrano evidenti. Sono sicuro che marionette e burattini erano molto popolari all’epoca della codifica dell’antico tarocco di Marsiglia per cui simboli, immaginario, erano proprio quelli lì nel Medioevo e primo Rinascimento. C’è un immaginario popolare comune: Gli Arcani Maggiori e Minori dei tarocchi venivano usati per giocare a carte e scommettere soldi. Erano molto popolari così come erano popolari gli spettacoli equestri del teatro di figura degli artisti di strada. È chiaro che Céline nel suo Bagatelle per un massacro e Guignol’s Band avesse proprio in mente le marionette e i burattini per adulti, ma di lì a provare l’attinenza con figure dei Tarocchi e burattini è un azzardo di cui mi prendo la responsabilità. Le bagatelle erano i teatrini usati dai bagatellari in Campania. Il Guignol è un tipo di burattino ideato a Lione nel 1700 proprio nello stesso periodo in cui Nicolas Conver crea lo standard iconografico per gli Ancien tarot de Marseille.

Dici burattini e il pensiero va a quegli spettacoli che ci facevano vedere da bambini e nei quali c’era la messa in scena di personaggi che se le davano di santa ragione in un teatrino. Oppure pensi a Pinocchio che Collodi aveva sottotitolato Storia di un burattino. Roba vecchia si dirà, roba passata, ora che i bambini sanno usare il tablet e lo smartphone come fai a proporre loro dei pupazzi? E invece il trucco per avere la loro attenzione è proprio quello di fargli vedere oggetti, personaggi, fargli sentire suoni molto lontani dalla loro realtà quotidiana. Mi spiego: da cinque anni porto in giro per Nido, Scuola dell’Infanzia e Primaria i burattini didattici. E funziona. Funziona nel momento in cui si propone qualcosa che nella loro immaginazione non esiste. I bambini da zero ai sei anni sono abituati a guardare monitor dentro ai quali si muovono pixel sotto forma di immagini da comandare con un touch, ma quando vedono muoversi un burattino di cartapesta che dialoga con loro assieme ad altri burattini dentro a un teatrino in miniatura, cambia la loro percezione e rimangono attenti e incantati. Sarà che già Rodari nel suo libro Grammatica della fantasia parlava di marionette, burattini e del loro linguaggio particolare. Mario Lodi, il maestro di Piadena, li usava in classe e Benjamin in Figure dell’infanzia raccontava la malìa di giocattoli e burattini. Da allora è passato molto tempo, sembra strano possa ancora colpire l’immaginario dei bambini un burattino mosso con le mani. Sembrerà strano, ma ai bambini ora colpisce molto di più vedere una scatola meccanica in cui si muovono ingranaggi, rispetto a schermi LCD dentro ai quali viene rappresentato un film d’animazione con effetti speciali in 3D. Questo avviene perché le cose vecchie per loro sono nuove e quindi i burattini e le marionette risultano degli oggetti non identificati che li incuriosiscono proprio perché è innata in loro la curiosità per le cose nuove. Si penserà che la meraviglia dura il tempo di un battito d’ali. Invece no: stanno seduti davanti alla baracca per più di un’ora e guardano, ascoltano, partecipano, ridono, collaborano. Io propongo loro di inventare rime, poesie e filastrocche.

burattini BregolaPer l’esattezza sono i miei burattini fatti di stoffa e cartapesta a parlare con loro. Spesso i bambini sono tanti, più di cento, a volte tantissimi, trecento e più. Insegno loro le regole del ritmo della parola, lo faccio giocando attraverso il teatro di figura, e il patto è chiaro: ci si diverte, si impara. I bambini del Nido rimangono colpiti da qualcosa che appare e scompare, e infatti se andate indietro nella memoria vi ricorderete della passione dei più piccoli per il “bubù settete” grazie al quale basta un pezzo di stoffa a coprire il volto e a farlo apparire per suscitare ilarità e risate incontenibili. Per i bambini della Primaria lo stesso trucco funziona se invece di fare apparire o scomparire il viso si fa apparire o scomparire un fazzoletto o un fiore. E’ così, se ci pensate, anche noi adulti proviamo ammirazione per il prestigiatore che fa apparire e scomparire oggetti, rimaniamo colpiti e meravigliati. Ci chiediamo qual è il trucco, ma dentro di noi, in uno spazio recondito, c’è il bambino che rideva nel vedere apparire e scomparire la faccia di nostra madre o di uno zio burlone. Al tempo non ci ponevamo il problema del trucco utilizzato, ma c’è un filo rosso che lega quel bambino là con l’adulto che guarda le magie. I bambini rimangono impressionati dai suoni mai sentiti. Se i trecento piccoli spettatori iniziano a spazientirsi basta prendere in mano uno strano strumento a fiato dal suono flautato per avere di nuovo silenzio e attenzione assoluti. I burattini sono una macchina narrativa perfetta, più imprevedibili di un video game, più seducenti di una PS4. Sono strani, sembrano veri. Burattini che parlano, burattini della tradizione come Polonia, la moglie di Sandrone, sdentato e dal lungo cappello bianco e rosso. Un Diavolo terribile, una Guardia guercia e Fagiolino. Sono maschere antiche con caratteristiche estetiche precise. Potrebbero fare paura se avessero voci cavernose e stridule. Invece hanno una voce normale, la mia, e io esco ed entro dal teatrino facendo vedere i burattini inseriti nel braccio. I bambini rimangono colpiti dai colori, rimangono colpiti dalle scatole che contengono chissà cosa. Più della parola è importante il gesto, la musica di un’ocarina o di un’armonica a bocca e il suono che produce l’accostamento di parole: bolla, molla, bella, caramella, gatto, ratto, topo, dopo.

Nella trama di una messa in scena c’è sempre l’Innamorato, la Forza e il Matto che, a ben guardare, fanno parte degli Arcani Maggiori dell’Antico Tarocco di Marsiglia; mi viene in mente che è possibile trovare attinenze tra queste due discipline all’apparenza così lontane, proprio perché entrambe fanno parte di una cultura orale, popolare ma anche esoterica. Il burattino all’origine era nato per riti pagani. Non è un caso che i fantocci fossero utilizzati nella magia bianca e nera e solo successivamente sono stati utilizzati per la messa in scena.

Sembra strano, nella nostra epoca fatta di algoritmi, però “fare i burattini” può toccare corde emotive e istinti talmente remoti da far pensare che Jung, con la sua idea di archetipi e inconscio, non è mai stato così presente come quando i bambini giocano e si divertono assieme a fantocci di cartapesta e un teatrino di legno e stoffe. Mi sa che su tutti questi aspetti ci sia da ragionare seriamente nei prossimi mesi.

Davide Bregola

 

Gruppo MAGOG