
Un Ulisse da rotocalco rosa, viveur sullo yacht. Guido Gozzano interpreta Omero
Poesia
Nicolò Bindi
Ieri sera ‒ a volte accadono cose belle e inaspettate! ‒ ho parlato a lungo con una persona che inizio a conoscere e a stimare. Tra le innumerevoli questioni che sono saltate in ballo, una in particolare mi ha colpito inaspettatamente, poiché si è accennato al «cuore».
Sì, quel tamburo battente che non smette mai di sfidarci a cielo aperto, come quando persino è avvolto da turbini e tempesta.
Cosa c’entra questo cuore con noi e tutto il resto? Cosa c’impone di fermarci ad ascoltarlo a volte, anche se non del tutto? Per questo motivo (provando a rispondere alle domande) riporto una poesia di Charles Bukowski che forse potrebbe schiarirci le idee, Il cuore che ride:
La tua vita è la tua vita
non lasciare che le batoste la sbattano nella cantina dell’arrendevolezza.
stai in guardia.
ci sono delle uscite.
da qualche parte c’è luce.
forse non sarà una gran luce ma
la vince sulle tenebre.
stai in guardia.
gli dei ti offriranno delle occasioni.
riconoscile.
afferrale.
non puoi sconfiggere la morte ma
puoi sconfiggere la morte nella vita, qualche volta.
e più impari a farlo di frequente,
più luce ci sarà.
la tua vita è la tua vita.
sappilo finché ce l’hai.
tu sei meraviglioso
gli dei aspettano di compiacersi
in te.
Ma forse, non è proprio esattamente di questo che si voleva parlare. Poiché, accennando al cuore, si pensava al proprio lavoro, che è un’opera e che, per farla diventare tale, per accrescerla e coltivarla come un giardino, abbisogna di un lavoro non soltanto di testa ma, per l’appunto, di cuore. Quel tamburo battente che non ha niente a che spartire con l’istinto, bensì con la poesia sua musa.
Poiché, quando la nostra opera diventa una missione e non un obiettivo; quando la tentiamo di collocare al posto giusto nonostante le infinite frustrazioni, allora ‒ e forse solo allora ‒ quel cuore che ci dona l’anima (oltre che la poesia) probabilmente ci aiuterà a dedicarci compiutamente al tutto. Ed ogni particolare ‒ soprattutto nell’incontro con le persone, ma anche con la forma che alla nostra opera vogliamo dare ‒ non verrà più lasciato al caso. L’attenzione e la cura saranno le stesse di chi un tempo costruiva una sedia al di là del salario, come cesellava un’unica pietra di un’imponente e meravigliosa cattedrale.
Giorgio Anelli