07 Marzo 2020

Sono tornato dall’Inferno di Rimbaud senza avere Umberto Eco alle spalle. Ecco perché “Brama” è un romanzo di straordinaria potenza. Credetemi e leggete

Torno a Pangea semplicemente perché è qui, su queste pagine, che si srotola il tappeto dell’avanguardia e il genio trova spazio. Attraverso Pangea e Critica Impura l’underground dei 14.000.000.000 di individui, che compongono la genia dei ratti, trova i propri pifferai.

Nulla di meno voluminoso potrebbe competere con le dimensioni del calco in gesso che ho richiesto mesi fa, per mezzo di un invio multiplo, a tutte le principali testate italiane, quotidiane, periodiche, patinate. Ho sfidato la stampa nazionale. Mi sono dichiarato inestimabile. Mai sarò un pennivendolo. Sono un cazzuto Poeta. Ora ve lo dimostrerò…

Se è vero che ho sarcasticamente richiesto la Luna e Stanley Kubrick per lavorare per uno qualsiasi dei giornaletti nazionali, è altrettanto vero che ero serissimo nella mia offerta a Libero Quotidiano. Ho richiesto il calco in gesso del pene di Feltri, più il 51% della proprietà del Gruppo, più il ruolo e lo stipendio di Direttore.

In una e-mail collettiva, un inoltro pubblico.

Mesi prima avevo effettuato uno scherzo telefonico notevole a uno degli innumerevoli uffici Mondadori. Sostenevo la necessità di ricevere un anticipo faraonico per poter compitare un paio di capolavori, distante dalla schiavitù dell’acqua e del pane. “La piccola casa editrice che ha prodotto l’affaire Fabrizio Corona, potrà senza dubbio permettersi di devolvere un obolo all’arte”.

Sarà un semplice caso di omonimia, ma questa cosa del Corona, non devono averla presa bene.

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Giungo: qui avevo recensito Disturbi di luminosità in maniera viscerale e sviscerata.

Mi ero sperticato in violenza di alpinista e avevo posto bandierine, ma non è vanagloria, si tratta dello stile caro a coloro i quali sanno di essere scrittori o lettori d’avanguardia, anarchici arditi, equilibristi del pensiero, funamboli della rivoluzione culturale.

Ilaria Palomba e io non ci facciamo i po**ini a vicenda. Ella è fresca sposina, unita in fronte al suo Dio e agli uomini, a uno scrittore di notevole talento. Non ci annusiamo i deretani o altro: siamo legati a doppio filo da qualcosa che è esoterico ed essoterico, prima ancora che letterario. Ho vissuto la sua medesima psicosi, quella che ha prodotto Brama, su un treno di ritorno dall’Enfer Rimbaudiano. Se avessimo un raccomandato fenomenale come Umberto Eco alle spalle, se fosse un periodo da poesia in prima pagina, se il Venerabile Silvio Berlusconi non avesse puntato tutto su uno strumento scialbo e potente come la televisione, per parlare al più ignorante degli italiani, che è un ragazzo riccio e alcolizzato di circa quarant’anni con cui ogni tanto bevo un succo di frutta, Ilaria, suo marito, le mie sette mogli e io, oggi possiederemmo Lesbo al posto dei fascisti greci. Il gineceo vivrebbe. Non ci interesseremmo neanche più di problematiche gender e femminismo.

È palese che il femminino rappresenti il Logos Erotico, là dove l’essere umano è antidoto all’Entropia e il maschio semen, Aleph.

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La lettera di Ilaria e la mia sono intrecciate a filo doppio. Solo leggendoci potrete scoprirlo, il potenziale rivoluzionario ed eversivo, specie della narrativa di Ilaria, in atto, scardina millenni di patriarcato, passa a reclamare il plauso dall’antico matronato cretese, poi pace… le donne non mandano mariti e soprattutto figli a morire in guerra. Ilaria avversa la psichiatria in Dissipatu, il suo blog e io per formazione sono un epistemologo psichiatrico inquisito dal Sant’Uffizio, recentemente apostata in odore di scomunica, qualunque cosa significhi.

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Questa cosa di ripudiare la stampa nazionale e la grande editoria però, potrebbe essermisi ritorta un tantino contro: nessuno recensisce Brama (Giulio Perrone Editore, 2020) o lo pubblicizza. Trattasi fin dai primi giorni di censura sistematica e oscurantismo. Ilaria Palomba è la migliore prosatrice italiana vivente. Sto leggendo Brama e ho ricevuto spoiler dall’autrice. È un’altra operazione nipposamurai della nostra affezionata Bri-bri dalla katana inossidabile (è il suo nome mohicano).

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Rino Gaetano, la cui unica pecca fu evidentemente quella di guidare peggio di me, che un giorno vi racconterò una storia già scritta, da commissione patenti, cantò “Mio fratello è figlio unico […] perché non ha mai criticato un film senza prima vederlo”.

Non solo critico i film senza vederli, ma anche i libri senza prima leggerli. Brama è un romanzo onnivoro di straordinaria potenza. Sono al capitolo terzo, indeciso fortemente sul da farsi: leggere altre pagine o stuprare e assassinare qualche foglio word per l’ennesima volta, bussare a Brullo di prima mattina e aspettare che ghigni e se la senta.

Nel frattempo amici, ho scritto gli ultimi periodi, mentre le casse mi rimandavano The Spy e Land Oh! The Doors. Non ho molto altro da dire, se non che l’imperativo categorico per quanti credono ancora in un’umanità migliore, libera da clan d’highlandistica memoria, comitati d’affari, centri di potere, censure e brain trust, strapoteri economici, l’imperativo per chi crede alla libera espressione, per chi come Charles Baudelaire è convinto che l’artista borghese stia lì in veste di filtro e parafulmine tra il pubblico e il genio, è comprare Brama e parlarne, fosse anche solo per metterlo a pareggiare la gamba ben spezzata d’un tavoletto di campagna; uno di quei suppellettili, la cui anima non attende altro che qualche goccia di vino rosso la domenica.

Sostenere Ilaria Palomba oggi, significa non dover inventare una neolingua domani.

Made the scene
Week to week
Day to day
Hour to hour
The gate is straight
Deep and wide

Mi assumo la responsabilità artistica, storica, sociale, antropologica e politica di quanto scritto. La scrittura è legittima. Non m’interessa che sia Giusta.

Luca Perrone

*In copertina: Francis Bacon, “Three Studies for Portrait of George Dyer “, 1967

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