31 Maggio 2018

“Bossi è stato l’ultimo politico di genio, Vallanzasca è meglio di Berlusconi, il popolo italiano è triste e non scopa più… ci vorrebbe una guerra!”: Massimo Fini a go-go

L’episodio ha il nitore di un simbolo. “Avevo trent’anni e un weekend di Pasqua ero andato a trovare, come allora facevo abbastanza spesso, Susanna Agnelli nella sua bella ma discreta villa all’Argentario, di cui era diventata da poco sindaco”. Ritorno verso Milano. Autosole. 180 all’ora “in perenne sorpasso in terza corsia, con la mia Volkswagen Scirocco”. Una macchina, improvvisamente, sterza dalla seconda alla terza corsia. Frenata. Volkswagen che sbatte contro il guardrail. Si trasforma in una biglia impazzita. Camion. “Occhi sbarrati dell’autista”. Per puro miracolo l’auto sbanda in corsia di emergenza, il camion la lambisce come un ciglio sfiora l’iride dell’occhio. Sintesi cinica. “Se fossi morto quel giorno, a trent’anni, mio figlio non sarebbe nato, non sarei diventato un giornalista noto, non avrei scritti dei libri, non avrei avuto delle relazioni sentimentali importanti. Ma non credo che sarebbe stato decisivo. L’essenziale l’avevo già capito, da tempo: la mancanza di senso. Sarei morto nello splendore della giovinezza. Nella pienezza della salute. Sarei morto in bellezza”. Partiamo da qui. Dalla morte posticipata, dalla vita. “L’occhio, spietato, che da sempre mi guarda vivere mi pone col suo linguaggio muto l’eterna e inesaudita domanda: che senso ha avuto la tua vita? Nessuno, rispondo”. Lo inchiodo lì. Ma se la vita non ha senso, che senso ha vivere? “Da un punto di vita razionale e logico, ribadisco, nessuno… però non siamo fatti di pura razionalità”, fa lui. Eppure il tuo libro trabocca di vita, di vitalità, è una rumba nel delirio, mica un requiem. “È vero. La mia vita ha sempre ondeggiato entro una notevole vitalità, una energia violenta. Devo dire, però, che negli anni della giovinezza e della maturità, ho usato in parte questa energia per autodistruggermi”. Massimo Fini. Classe 1943, giornalista assoluto – dall’Europeo all’Indipendente, ora firma per Il Fatto Quotidiano, “quando volevo lasciare tutto, Marco Travaglio ha fatto di tutto, anche attraverso amici come Ermanno Olmi e Renzo Arbore, per avermi: gli sono grato. D’altronde, come dice Borges, con il suo tipico humour nero, cosa resta a cieco se non scrivere?” – promotore, nel 2002, del ‘Manifesto dell’antimodernità’ (che leggete qui), autore di libri ‘alieni’ in questo Paese di faine e di galline, come Elogio della guerra (1989), Il vizio oscuro dell’Occidente (2003), Sudditi. Manifesto contro la democrazia (2004). fini libroOra. Marsilio sta raccogliendo, in tomi grossi così, l’opera omnia di Fini. Nel 2016 è uscito La modernità di un antimoderno. Tutto il pensiero di un ribelle; quest’anno è pubblico Confesso che ho vissuto. Esistenza inquieta di un perdente di successo (pp.552, euro 22,00), che raccoglie la trimurti biografica, il Di[zion]ario erotico, Ragazzo. Storia di una vecchiaia e Una vita. Un libro per tutti. O per nessuno. Titolo rubato a Pablo Neruda, Confesso che ho vissuto, per un esercizio di prepotente narcisismo, gli dico. “Ho raccolto i miei libri più personali, sì. L’idea è quella di capire il pensiero dell’uomo attraverso la sua biografia. Un po’ come ho fatto quando ho scritto la biografia di Nietzsche. Con le rispettose distanze…”. Massimo Fini avatar di Nietzsche. L’idea è quella di rimbambirlo di domande. Con il dovuto rispetto.

Partiamo dal Viagra. “Idiozia pericolosa”, lo definisci.

“Così è. Se non viene più duro, una ragione ci sarà e bisogna farsene una ragione. Giorgio Bocca diceva che se è più una fatica che un piacere, meglio lasciar perdere. Quanto a me, attendo ancora con ansia la pace dei sensi”.

Ma lo sai che anche i ragazzi, oggi, pigliano il Viagra? Qualche giorno fa mi è capitato di registrare le confessioni di una venticinquenne: le donne faticano a trovare un giovanotto che le sappia trombare.

“Non mi stupisce. Il permissivismo sessuale ha reso la relazione tra i due sessi – mi rifiuto di usare la parola generi – molto più difficile di un tempo. Un po’ per l’aggressività della donna ‘liberata’. La donna è più vitale dell’uomo e i maschi hanno sempre avuto una paura istintiva della donna: per questo l’hanno recintata per secoli. Oggi, liberi e liberati, assistiamo a una difficoltà di relazione tra i sessi, a un aumento dell’omosessualità maschile e del lesbismo femminile”.

…e poi c’è il ‘caso Weinstein’, il movimento MeToo…

“Terribile. Il fatto è che, antropologicamente, all’uomo spetta la prima mossa, cioè un atto intrusivo nella sfera di lei. Ai miei tempi esistevano dei codici non detti piuttosto precisi, per cui sapevi fino a che punto osare con una donna. Oggi, negli Stati Uniti, si stabiliscono i contatti fisici per contratto, il che fa immediatamente precipitare la libido”.

Torniamo ai giovani, con cui tu hai un ottimo rapporto: a me, che non nutro una particolare estetica della giovinezza, mi paiono un po’ fiacchi, dei morti in piedi.

“Non ho una cattiva percezione delle giovani generazioni. Sono dei bravi ragazzi, in genere. Quello che rimprovero loro, sul piano esistenziale, è una certa mancanza di spavalderia. Fanno figli per assicurare loro il corso di nuoto o di tennis… Contando che in Italia il tasso di fertilità medio per donna è di 1,3 figli, in Oriente è di 2,5 e in Africa di 5, il problema esistenziale diventa sociale e politico: saremo sommersi, è una questione, per così dire, ‘fisica’”.

Ti cito. La tua è l’autobiografia di un “perdente di successo”, di un uomo a cui “sono sempre piaciuti i personaggi maledetti della Storia. Ma anche i maudit di tutti i giorni”. In sintesi: la vita non va vissuta ma dissipata. Giusto?

“La vita va vissuta, questo è certo. Quanto al resto. Diciamo che bisogna temere gli astemi. Travaglio è astemio, e su questo ogni tanto gli rompo le scatole. No. Non bisogna perdere totalmente i vizi”.

Ti ri-cito: “Fra il Bene e il Male ho sempre preferito il Male, a Dio la titanica ribellione di Lucifero”.

“Già. Ho forti, fortissimi dubbi quando qualcuno si presenta come il bene o come il bene assoluto. Guarda gli Usa. Credono di essere il bene assoluto e ne hanno fatte di tutti i colori, coltivando guerre disastrose di cui a pagarne le spese è l’Europa. Bisogna accontentarsi di piccoli beni che producono piccoli mali, ecco. I beni assoluti sono pericolosissimi”.

Sintesi: il male si fa sempre a fin di bene.

“Proprio così. I santi mi fanno paura. Mi spiego con un esempio. Uno dei miei amici è Renato Vallanzasca, che spesso metto in contrapposizione a Silvio Berlusconi. Vallanzasca è senza dubbio un malavitoso, ma con una sua etica; l’altro è un malavitoso senza alcuna etica. Chiaro il concetto?”.

Giornalismo. “Il mio cuore si è fermato all’‘Indi’”, scrivi riferendoti all’“Indipendente”. E ora, com’è messo il giornalismo italiano?

“Dal punto di vista giornalistico, L’Indipendente è stata l’ultima grande esperienza. È stato il sogno di ogni giornalista: l’editore non metteva becco; con il direttore, Vittorio Feltri, siamo passati da 20mila a 120mila copie vendute. Poi Feltri è andato a il Giornale e io non gliel’ho perdonata. Eppure, devo dire che Feltri, che pure è permalosissimo, ha continuato a pubblicarmi tutto, anche quando altri avevano paura. Quanto alla seconda parte della domanda. Beh. Il giornalismo sulla carta stampata è destinato a finire, sostituito da quello via web. Ormai i giornali di carta te li tirano dietro”.

Giornalismo, ancora. Fammi i nomi dei tuoi maestri. Dino Buzzati, Giuseppe Berto, Indro Montanelli…

“Curzio Malaparte. Rispetto a Montanelli ha una visione europea più ampia, rispetto a tutti ha una cultura figurativa che nessun giornalista aveva né ha avuto. È stato il più grande giornalista italiano di tutti i tempi”.

Ti tocca fare il Nostradamus. Cosa succede, si fa il Governo?

“Non credo alla democrazia rappresentativa, ma nutro simpatia per il Movimento 5 Stelle, sono ragazzi per bene, e non è poco. La cosa più ragionevole è che Salvini eDi Maio (e la Meloni, se ci sta), facciano questo governo. Dandosi il cambio come Presidente del Consiglio”.

Il politico che ti convince di più.

“L’unico vero uomo politico di questo ultimo quarto di secolo è Umberto Bossi. La sua idea delle macro-regioni, cioè aree coese da un punto di vista economico, culturale e sociale, nel contesto dell’Europa unita, destinata a far sparire gli Stati nazionali, è intelligente. Ma avere idee intelligenti, in questo paese, è pericolosissimo”.

In un recente articolo, chiosando la decisione del Presidente Mattarella di far saltare l’ipotesi di Governo Lega+5 Stelle scrivi, “quando si è in presenza di una situazione antidemocratica c’è anche la possibilità di una risposta diversa. Quella violenta dei cittadini che si vedono lesi nei propri diritti democratici fondamentali”. Non mi pare che il popolo italiano intenda pigliare i forconi per ripigliarsi ciò che è suo…

“Vero. Manchiamo di vitalità. Siamo un paese vecchio, che ha una media di 45,5 anni di età – in Tunisia è di 32 anni. Il benessere ci ha fatto male. Oggi gli italiani sono spenti, tristi, a Barcellona, al contrario, situazioni simili alla nostra sono affrontate con più allegria. Ci vorrebbe un avvenimento fondante, ci vorrebbe… una guerra. Gli adulti, dopo la guerra, erano più felici, erano i sopravvissuti”.  

Buona chiusa, chiuderei qui. “Ti basta?”, mi fa Fini. Ringrazio per la pazienza. E lui ingrana la sesta. “Della situazione in cui siamo precipitati, comunque, più responsabili dei politici sono gli intellettuali e i giornalisti che non hanno fatto il loro mestiere”. Tutti più o meno servili lacchè, faccio io. “Non ci sono parole di verità, ci sono solo le mezze verità, peggio della menzogna. Sono tutti American oriented, senza considerare che è da almeno 15 anni che gli Usa fanno solo danni all’Europa”. Pausa. “Al di là della buona fede del M5S, la democrazia è una farsa turlupinante”. Buona l’ultima. (Davide Brullo)

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