26 Giugno 2020

“Paul, sei formidabile”. Ritratto di Paul Blackburn, il poeta che ha portato Julio Cortázar negli Stati Uniti e gli ha insegnato a fare l’autonauta

“Amatissimo Paul, le tue notizie mi hanno fatto molto felice. Però tu dovresti considerare gli editori come dei veri e propri pazzi. Questi figli di mignotta se lo meritano, diamine. Sono stato direttore della Publisher’s Association (Càmara del libro) a Buenos Aires e li conosco molto bene. Come diciamo in Argentina, sono una manica di atorrantes (a pack of heels, more or less degli svergognati). Può darsi che a qualcuno piacciano le tue traduzioni e che i Cronopios incomincino a viaggiare in subway e in taxi e a spremere il dentifricio fino al 98simo piano del Rockefeller Center (facendo raggiungere allo schizzo proprio il 98simo piano). Paul, la tua traduzione è formidabile”.

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A scrivere queste parole non è un encomiastico battitore libero di casa editrice ma Julio Cortázar che si congratula con Paul Blackburn (1926-1971). La lettera è del 29 giugno 1959 – si trova anche in Chi scrive i nostri libri di SUR – e il nostro Blackburn aveva appena concluso la traduzione delle Storie di Cronopios e di Famas che seguiva a quella di Fine del gioco.

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Blackburn nelle foto sembra un personaggio da Corbucci & Leone con cappello da cowboy, non era però un genio anonimo.

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Nella lettera Cortázar continua a infilargli elogi: “Ho letto la tua versione per due volte, annotando alcune osservazioni che vorrei farti, ma sono meri dettagli. Hai perseguito lo spirito della cosa con la maniera che ho avuto io nei riguardi dei Cronopios ed è magnifica in inglese (al momento mi fai pensare un poco a Damon Runyon, lo ammiro sempre moltissimo). Mi congratulo con te e ti abbraccio forte forte (con un solo braccio però perché l’altro è in frantumi)”.

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Parentesi neworkese. Chi è questo Runyon che Cortazar tirava in ballo per fissare l’amico Blackburn in una tradizione novellistica? Per la storia, Damon Runyon era uno scrittore di short stories, stesso metro della lunghezza di Cronopios e Famas. Runyon nella New York proibizionista dove ci si uccideva col whisky di legno.

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Blackburn si laurea a 24 anni all’università del Wisconsin in letteratura provenzale, va a riverire Pound al sanatorio puritano e per sorte ottiene una borsa che gli consente di viaggiare in Francia per tradurre. Fa lo scrittore a servizio dei classici, senza rinnegarsi, una pratica desueta oggi visto che lo scrittore deve fare lo sbronzo sul palco e il fesso in televisione (quando ci va). Insomma, Blackburn traduce le poesie scelte di García Lorca e tesse la sua versione del Cantar de mi Cid. 

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In effetti, Paul Blackburn fa solo quel che dovrebbero intestardirsi a eseguire gli scrittori in partenza. Tradurre cose buone. A maggior ragione se poi vogliono rivestire il ruolo di poeti e non quello di romanzieri.

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Possibile che di Blackburn non si trovi nulla da noi? Possibilissimo, visto che al letterato piace confidarsi nel cliché del raffinato. Possibilissimo, e altrettanto comprensibile che il nome di Blackburn compaia alla macchia solo nel carteggio editoriale di Cortazar stampato da Sur uscito a inizio 2019.

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Rimediamo. Perché Blackburn non era poeta unius libri. Aveva all’attivo una dozzina abbondante di raccolte poetiche quando morì stroncato da tumore all’esofago a 45 anni. E poi, meraviglia delle meraviglie, fu Blackburn a suggerire a Cortázar di comprarsi un camper col quale attraversare la Francia in autostrada per farne un libro di viaggio fantastico. Cosa che Julio puntualmente fece, ricordando con parole commosse l’amico Paul nel finale de Gli autonauti della cosmostrada. Cortázar omise però il fatto centrale. Non ci disse nulla, nel libro di viaggio, di quanto Blackburn fosse bravo a scrivere di suo.

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Alcune poesie di Blackburn le trovate sulla solita Poetry. Ne scelgo una come emblematica della sua passione per Cortázar e le sue storie a specchio cavo. S’intitola Rituals VII.

Lascia che te lo dica
che ti dica che
sono le ripetizioni
che ci consentono di andare
ovunque

La tipa carina che attraversa il fiume
col traghetto delle sei e che ignora così bellamente
tutte le attenzioni che riceve
si farà adulta
e avrà figli
aumenterà la popolazione o forse no
giungerà ad apparire diversa
a cambiare le sue idee e così

Molti anni dopo a partire da ora
un’altra tipa
non troppo diversa da lei
si siederà al suo stesso posto
ma senza fumare
in balia di un caffè orribile e rimanderà quasi fosse una nave
il segnale acustico 
verso una vita indistinta

e il processo ricomincerà

Quella vecchia pubblicità dello sgrassante
con quella vecchia faccia di olandese
che tiene in mano uno sgrassante 
che ritrae lo stesso sgrassante
con un’altra immagine dentro questa, solo un poco più piccola

Sempre un poco più piccola

La stessa cosa
ancora e sempre

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Negli Autonauti Cortázar inserì un racconto speciale. Un uomo e una donna viaggiano insieme e si fermano al motel. Non c’è una camera per due, ma la commessa – com’è come non è – trova una singola per la donna e poi, furtivamente, porta lui in un’altra camera. I due si danno il bel tempo e il racconto assume una dimensione onirica anche perché lei gli fa scoprire un modo di poggiarle sopra la gamba che lui non aveva azzardato prima di allora. Il racconto nel racconto si chiude col protagonista che torna alla macchina la mattina dopo insieme alla compagna la quale pensa che lui abbia fatto nottata sul divano all’ingresso del motel. Dopodiché alla sosta successiva lui adopera di nuovo la gamba nel modo che gli è stato insegnato e nel racconto si riapre una faglia onirica. È come se il protagonista non avesse mai incontrato la commessa del motel, una volta che ha imparato quel che lei gli voleva trasmettere.

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Il racconto di Cortázar in sintesi è la vicenda delle persone che fungono come ponti solo per arrivare, o tornare, ad altre figure più importanti. Questo fa capire bene perché valga la pena di leggere gli Autonauti di Cortazar, attraversandoli come un ponte lanciato sul vuoto per recuperare tutti dal loro oblio.

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Dietro Cortázar c’era qualcuno che gli sussurrava cosa inventarsi. Purtroppo il sogno di Paul Blackburn è durato per poco.

Andrea Bianchi 

 

Gruppo MAGOG