16 Ottobre 2022

Barbara Alberti o della rivoluzione letteraria

Voglio essere capito nel mio paese, dice Majakovskij in epigrafe a Gelosa di Majakovskij, una delle biografie romanzate (e sognate) di Barbara Alberti: Voglio essere capito nel mio paese, / altrimenti / pazienza! / Gli passerò / di fianco / obliquo / come la pioggia. Questi versi possono essere rovesciati non soltanto su quel fulmine incendiario che fu Vladimir Majakovskij per la Russia ma anche su ciò che è stata ed è Barbara Alberti per l’Italia, una rivolta del linguaggio e del ritmo che all’amore e alla poesia, alla poesia dell’amore non corrisposto (il tumulto dell’amore non corrisposto nei libri di Barbara Alberti!), deve la sua forza. In Italia, Barbara Alberti potrebbe essere capita o meno, passare per una brava scrittrice sentimentale ed eccentrica o per la scrittrice rivoluzionaria che è, pur nel labirinto dei sentimenti umani, nella caducità dell’amore che sbrana e incanta e talvolta uccide, come in Povera bambina o in L’amore è uno scambio di persona, perché nelle sue opere amore e rivoluzione sono un tutt’uno e se è vero che Barbara Alberti è una scrittrice sentimentale è altresì vero che il suo sentimento è fatto di poesia e rivoluzione e incanti e struggimento.

Poi c’è lo stile, che in lei è frutto di istinto e di passione per il suono, uno stile che la fa talvolta più poeta che narratrice, sebbene le sue narrazioni, le sue storie, in alcuni casi le sue fiabe, lascino sempre il lettore appigliato a ciò che deve accadere, al mutare della parola (cioè della poesia) in azione; e questo è uno dei tratti più importanti della sua opera: Barbara Alberti è una scrittrice che racconta storie. Tuttavia è anche una stilista, e il suo stile è spesso il primo protagonista dei suoi romanzi.

“Che cosa significa per te lo stile?” le chiedono nell’intervista iniziale di Fulmini. La risposta:

“Non mi far domande da letterato! lo stile è la totalità. Ognuno ha strumenti segretissimi io so per certo che tutta la mia fatica, il lavoro disperato, è per non tradire la prima ispirazione, se scrivi ti allontani da una frase dieci volte… la prima è sempre quella dalla quale dovrai tornare – dove torna la poesia”.

L’intervista di Fulmini insegue la “perfetta imperfezione della parola parlata”; Fulmini è uno dei tanti libri fuori edizione di Barbara Alberti, la cui opera andrebbe riletta e riscoperta (e dunque rieditata!). Tornando allo stile, ovvero agli “strumenti segretissimi” dello scrittore, in Alberti c’è di certo molta poesia, a cominciare dagli amati Majakovskij e Cvetaeva, sebbene anche il suo lavorio di sceneggiatrice abbia lasciato delle tracce nella sua prosa, oltre al fabulare, al suo essere una narratrice tanto istintiva quanto pura, perché la Chiara di Donna di piacere non è lontana dal miglior Maupassant e i paesini di Memorie malvage o Il ritorno dei mariti o Mio signore non sarebbero dispiaciuti, nella loro variopinta e comica umanità, a Balzac. Eppure anche gli scritti sacri e le fiabe hanno formato la sua scrittura, come si evince da Vangelo secondo Maria – uno dei suoi libri più importanti e rivoluzionari – o da Francesco e Chiara.

Lo stile di Alberti è fatto di velocità e incanto. “I cunicoli diventeranno cieli” dice un suo verso in epigrafe a Il signore è servito, e ci sembra una perfetta epigrafe per ogni sua opera, una frase a un tempo oscura e luminosa, la promessa di una verità disvelata che lascia l’uomo (il poeta: talvolta l’oscurità) di fronte a qualcosa che non sapeva di avere, nella luce, “sull’orlo di diffondere la speranza”, seduto “sulla fine del mondo come se fosse l’inizio”.

Barbara Alberti è una scrittrice che crede nell’uomo, nel poeta, sia pure nella disperazione e nell’incomprensione dei vili e dei violenti – ma il poeta resiste. L’immaginazione è la nostra forza. La poesia è l’anelito dell’uomo a quanto c’è di umano e di meraviglioso in lui; e per tale poesia bisogna combattere. Ma la poesia è anche gioco, come l’amore, in fondo come la vita, e quindi i libri di Barbara Alberti sono pure una danza di sentimenti e umori e umanissime cattiverie e più che umanissime speranze e disperazioni e compassioni. Alberti esordisce nel 1976, con Memorie malvage, e nel giro di pochi anni pubblica una serie di libri tanto rivoluzionari quanto estremi, dei libri semplicemente BELLI (l’uso delle maiuscole è uno dei tanti stilismi di Barbara Alberti) – Delirio, Vangelo secondo Maria, Donna di piacere, Povera bambina, Sbrigati Mama… Persino la sua biografia di Sgarbi, Il promesso sposo, è rivoluzionaria, come quelle di Tolstoj e di Majakovskij, giacché Alberti scrive, vestendo i panni di Sgarbi: “Scrivere per me è un dettaglio dell’opera d’arte che è la mia vita. Lentezza della scrittura! poesia meditata – meglio la televisione. Lì io vivo mentre creo – mi muovo nello spazio, sono con voi – contemporaneo dei contemporanei”. Contemporaneo dei contemporanei. A differenza di Sgarbi, Alberti non è mai rimasta intrappolata nella televisione, cioè nella contemporaneità, pur frequentandola, tanto che quando ha bestemmiato in diretta televisiva (“Dio budellone!”) lo ha fatto da scrittrice, riprendendo un suo libro, Sbrigati Mama o L’amore è uno scambio di persona, una delle sue opere più segrete e belle, edita sotto falso nome nel 1984 (“quando mi ero messa in testa di fare la rivoluzione letteraria da sola”, scriverà Alberti) – un libro anch’esso introvabile o quasi.

La rivoluzione letteraria è per pochi. Cosa rimarrà di Barbara Alberti? I suoi libri sono colti, ironici, eleganti, al tempo stesso disperati e coraggiosissimi; sono un treno che tutto investe e tutto mette a soqquadro e tutto reinventa, perché “l’amore è da reinventare”, scriveva il Rimbaud della Stagione, e Alberti lo sa. Riprendiamo quindi i versi di Majakovskij: Voglio essere capito nel mio paese, / altrimenti / pazienza! / Gli passerò / di fianco / obliquo / come la pioggia. Barbara Alberti potrebbe essere riscoperta. Oppure no. Potrebbe rimanere la grande scrittrice sconfitta che è – oppure no. Tutto questo importa poco. Ora Harper Collins dà alle stampe un suo nuovo libro, Amores, una raccolta che riprende alcuni testi già editi e altri nuovi, fra cui un divertente scambio con il fantasma di Gabriele D’Annunzio o i bisticci in paradiso fra Jackie Kennedy e Maria Callas. I fantasmi, come le maschere, sono tanti: D’Annunzio, la regina Elisabetta, Lady Diana, Jackie Kennedy, Maria Callas, Marilyn Monroe, Picasso e le sue donne, Grace Kelly, Colette, Tolstoj, Majakovskij… Quindi attenti, editori, perché l’opera di Barbara Alberti non è l’obliqua pioggia cantata da Majakovskij bensì una festosissima e inarrestabile TEMPESTA IN MASCHERA – in attesa dell’arcobaleno. I cunicoli diventeranno cieli. (Questo pezzo avrebbe dovuto essere scritto in versi).

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