“Ho un’unica ambizione, quella di inventare storie stupende”. Dialogo intorno a Karen Blixen
Dialoghi
Paola Tonussi
Tutto il mondo danza. Ester salta sul letto, dalla finestra vede gli alberi ballare, anche il gatto fa la sua lenta danza sul tavolo, tra poco la pioggia darà musica alle foglie, alle case, che sembrano volare.
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Quando era piccola, Ester faceva le capriole sul letto: da grande, davanti allo specchio, prova le mosse del balletto – lo specchio la risucchia e impara i suoi movimenti, per insegnarli ai piccoli che abitano lì dentro, nel mondo dietro a questo.
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Anche gli occhi danzano, anche l’inverno. Gli sciamani, a Nord, ballano lungo l’Aurora boreale, con gli animali, gli immortali, i morti. Una volta, era agosto, Ester ha ballato in giardino finché la pioggia, simile a una cascata di farfalle, non si è tramutata in luce, è tornato il sole.
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Una volta Ester ha sentito la parola Parigi, e questo nome ha invaso i suoi sogni: non sa chi sia Čajkovskij, se sia stato felice, ma ama Il lago dei cigni. A cinque anni suo fratello la ha portata al fiume, dove ha visto gli aironi, un cane che ballava, in piedi, con i gabbiani. A volte Ester balla con i vestiti, che restano per terra, nella sua stanza, come aquiloni.
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Quando la mamma le ha fatto vedere l’Opéra di Parigi, Ester ha deciso che danzerà in quel luogo. Se un palco è grande, le cose diventano vere, pensa – e pensa che lì potrà volare.
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Quando una ballerina le chiede il gel per rendere fosforescenti i capelli, nel camerino dell’Opéra, Ester ricorda le volte che da bambina correva per le scale di casa, inseguendo le sue risate, come una spirale di api; ricorda tutti i giorni che i genitori l’hanno accompagnata all’accademia di ballo, almeno un’ora prima dell’inizio, il suo pudore e la sua fermezza. Ricorda che quando si arrabbiava ballava, che ballava anche nei sogni, nel letto che sembra una canoa, che ballava a scuola, da dove si vede il mare. A volte il ballo è lentissimo – pensa ai danzatori giapponesi – sempre sul punto di distruggere quel ritmo che rende analfabeta il tempo, ma il ballo c’è sempre, è dappertutto.
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Dalla finestra del camerino Ester vede le nuvole che danzano con bianca eleganza: vorrebbe imitarle. Il teatro sembra una enorme voliera, le ballerine sono fasciate dai fari. Quando le braccia di Ester diventano ali, mentre balla con forsennata precisione, e il suo corpo un cigno, tutti sono così sorpresi che ricordano, forse, il tempo in cui erano bestie, pesci, scorpioni, cervi, predatori. Ester vola per la cupola dell’Opéra, esce da una finestra: Parigi dall’alto sembra il viso di una tigre, e il fiume, su cui si adagia, non è diverso dal cielo. (d.b.)