“Esistono spiriti liberi e coraggiosi a cui piacerebbe non ammettere che hanno un’anima a pezzi, tracotante, incurabile. A volte, impazzire è un travestimento, per chi ha certezze troppo infelicemente sicure”.
Non ho mai letto i libri di Pierdomenico Baccalario, ne ha scritti tanti. Può essere uno scrittore eccezionale – oppure no. Mi sfugge; continuerà a sfuggirmi. So, però, che Pierdomenico Baccalario è “fondatore ed editor in chief” – così si professa – di Book on a Tree, una società (meglio, una Ltd) che si occupa di “servizi editoriali e di scrittura a 360 gradi”. In sintesi: promuovono autori, sponsorizzano testi, sono tra i membri fondatori di Adali, l’Associazione Degli Agenti Letterari Italiani.
Tra le tante cose che fa, Baccalario scrive anche su “La Lettura” del “Corriere della Sera”. Tra l’altro, leggo sulla homepage della sua agenzia letterario-creativa che “Book on a Tree ha aiutato il Corriere della Sera a inventare e realizzare un nuovo inserto, La Lettura delle ragazze e dei ragazzi”. Evviva, è tutto, sulla carta, bellissimo. Meno bello è ciò che mi fa notare un lettore, arguto fino all’incazzatura. Nell’ultimo numero de “La Lettura”, uscito domenica 26 giugno, Baccalario, nelle vesti, in questo caso, di cronachista culturale, di critico di ciò che c’è in libreria, scrive un pezzo dal titolo Il cielo è chiaro sotto le stelle di Margherita. Si tratta di una recensione all’ultimo libro di Federico Taddia, Nata in via delle Cento Stelle (stampa Mondadori), una biografia per bambini che narra la vita di Margherita Hack. La recensione non brilla per vertigine formale, tutt’altro; a sorprendere, piuttosto, sono i toni enfatici: i capitoli del libro biografico (e illustrato), “sono scritti in punta di penna da un Taddia ispirato come non mai”, scrive Baccalario. La frase suonerebbe stonata anche su TripAdvisor. La recensione, in effetti, è redatta con insipida sciatteria, pare che il recensore abbia appena umettato il libro, odorando la quarta e qualche pagina qua e là. Alcuni paragrafi, poi, sembrano sconnessi, fuori registro, come questo:
“È con queste caratteristiche, e molte altre, che troverete tra le pagine di questo libro di invidiabile leggerezza, divertenti e profonde, che il suo lavoro e la sua intelligenza ci hanno restituito un mondo un po’ più chiaro di quello che era. Perdersele, sarebbe una vera turlupinatura”.
Non a tutti è dato il dono della buona scrittura, in ogni caso, percepiamo l’elogio all’eccesso del libro recensito. E qui veniamo al punto. Il libro di Federico Taddia, Nata in via delle Cento Stelle, infatti, è promosso da Book on a Tree, l’agenzia fondata e diretta da Baccalario.In sostanza, Baccalario, sulla “Lettura” del “Corriere della Sera”, celato dal paravento della recensione, promuove un libro della sua agenzia letteraria; presumibilmente, così, guadagna da Book on a Tree, guadagna dalla “Lettura”, piglia per il culo il lettore, che crede di leggere la recensione di un giornalista X sinceramente commosso dalla lettura del libro Y. Immagino che il giochino abbia il beneplacito del “Corrierone”, altrimenti non si spiega.
La vicenda ha un tasso di malizia diverso da quello delle recensioni “agli amici” (e agli amici degli amici che vorrei fossero miei amici). La letteratura, da sempre, è anche questione di gruppi, un’ammucchiata, la gang bang dei romanzieri del rione. I “vociani” si recensivano e pubblicavano tra loro; i futuristi pure; quelli di “Solaria” e di “Officina” idem. All’epoca, è vero, si lottava per una visione del mondo, e dunque della letteratura, oggi è un frastuono di miagolii e, genericamente, un po’ tutti, terrapiattisti del genio, leccano il didietro a chi potrà aiutarli nella ‘scalata’ ai vertici dell’editoria che conta, roba da poveracci. Eppure, è naturale avere dei complici, degli autori stimati su tutti. Io, per dire, leggo sempre, con gioia, a prescindere, i libri di Gian Ruggero Manzoni e di Alessandro Ceni, di Veronica Tomassini e di Francesca Serragnoli, di Andrea Caterini, di Gianluca Barbera, di Andrea Temporelli, di Alessandro Rivali, per dirne alcuni. Alcuni non si conoscono tra loro: piacciono a me, al mio anarchico, incompetente, incoerente gusto.
Ma questa, appunto, è altra cosa. Qui il ‘sistema’, per così dire, fa un salto di qualità. Il direttore di un’agenzia letteraria recensisce il libro di un suo cliente sul giornale più prestigioso d’Italia. Non si fa. Punto. Per onestà, è ovvio. Ma anche, come dire, per eleganza, per statura, per rispetto del proprio lavoro. Piuttosto, se marchetta dev’essere, fatela fare a un altro. Ipocrisia? La forma ha un livello di verità più alto di tale mercato nel tempio. Tra l’altro, Book on a Tree si premura di produrre un “Codice etico” di tredici pagine, fitto di parole alate (“Educazione, lealtà, trasparenza, autorialità, diligenza e responsabilità”), infine disatteso da questo, come dire, conflitto d’interessi, conflittualità morale, confraternita dei furbi. Non è l’unico caso di un’agenzia letteraria che promuove i propri assistiti su testate nazionali tramite recensione camuffata? Avvisateci se osservate casi analoghi. Di norma, sotto una recensione simile andrebbe aggiunta la didascalia “messaggio promozionale”, a tutela del lettore, che si farà una sua idea.
Ah, già, tanto si parla di libri per bambini… Appunto. Non mentiamo ai bambini, non alteriamo la loro digestione estetica con queste porcate. Non diciamo le bugie ai bambini. Almeno a loro.