È la mia prima volta a un festival e a un festival di letteratura: indipendente, per di più, che così si professa: FLiP, Festival di letteratura indipendente di Pomigliano d’Arco. Se sono andato a questo e mai, per dire, a Torino o a Mantova, ma neppure a Roma, mi piacerebbe affermare sia stato perché sono un lettore che fa il muso duro all’editoria mainstream. È che Pomigliano d’Arco dista molto meno da casa mia.
Il primo FLiP per me inizia venerdì primo settembre, il pomeriggio sul presto, forse troppo, decisamente troppo in ritardo per gli eventi programmati al mattino al parco Giovanni Paolo II. C’è Ferruccio Mazzanti che porta in spalla uno scatolone di libri da stand verso Slargo Pannella.
Mazzanti presenta il suo M.C., in combo la presentazione de L’inazione come verità effettiva dell’umanità, di Kazimir Malevič, della Cronopio. Tratto d’unione tra i due libri: il lavoro quando non se ne può più di lavorare così.
Antonio Moresco, che coordina con Antonella Cristiani, a proposito delle molte barzellette raccolte in un capitolo del libro di Mazzanti, dice: “La barzelletta è come il mito”. Propone un festival delle barzellette, come tributo al loro potere disorientante quando sono di quelle belle. Qualcuno se la sente di raccontarne una? Nessuno se la sente. Il fatto che nessuno se la senta di raccontarne una, di saperla raccontare, l’imbarazzo generale di non risultare divertenti, ha un effetto inevitabilmente comico, del genere comicità-agghiacciante, comicità-disagio.
Credo sia stato Mazzanti a fare il nome del filosofo Merleau-Ponty. Capisco si sia a un festival di letteratura indipendente, ma andiamoci pianino. Merleau-Ponty e barzellette: hic sunt leones.
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Incontro successivo, Francesco Recami che dice di appartenere a “una generazione il cui autore preferito è morto.”
Recami: “Firenze s’è venezizzata”, nel senso dei turisti dentro e degl’abitanti a cercarsi un metro quadro possibile sempre più in là. E Napoli quanto s’è firenzizzata? Pomigliano d’Arco si venezizzerà causa FLiP?
Nel romanzo presentato da Recami, Mondo cane, c’è del canicidio. In un altro libro di uno scrittore invitato al festival, Villalobos – il romanzo è Ti vendo un cane– i cani diventano carne per tacos. Uhm, sembrerebbe un festival poco dog-friendly. Io e Rò abbiamo portato al festival con noi Frida, il cane nero femmina. A tutti gli incontri. Ha ricevuto trattamenti di favore se non di adorazione. In effetti quelli che più l’hanno torturata siamo stati io e Rò, costringendo Frida alla pazienza dello spazio stretto tra le seggioline, ad ascoltare lunghi discorsi umani su Merleau-Ponty e barzellette.
Alcune liceali leggono passi scelti dal libro di Recami con sottofondo la ventola dell’aria condizionata dell’osteria alle spalle dello Slargo Pannella.
Recami: “Non si è allungata la vita, si è allungata la vecchiaia”. E spiega la logica del libro-gemello a fondamento dell’industria editoriale. In sintesi: ti pubblicano un libro nuovo quanto più assomiglia a un libro vecchio andato bene. Ovvero: l’ideale dell’industria-editoriale-mainstream sarebbe stampare sempre e soltanto lo stesso libro che si spera venda sempre bene come in una leggendaria sua prima volta.
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Terzo incontro: Antonello Saiz libraio della Diari di Bordo d Parma coordina Clio Pizzingrilli e Paolo Morelli. Morelli si definisce autore di long-few-seller: le copie vendute sono poche ma le vendite non si fermano mai. Andava da un barbiere che i capelli li tagliava male per registrarne i detti che invece diceva benissimo. Dice di non avere voce, causa infreddatura, eppoi legge freddure con la voce incredibile di un crooner confidenziale. Suggerisce un libro che ha curato: La contrada natale dei sognidi Wang Wanli, antologia di un poeta cinese.
Clio Pizzingrilli legge da una cartellina testi inediti. Un dono da scrittore. Rifiuta una risposta, è ostico, si ritrae. È perfettamente agghiacciante. Ecco un leone, seppur con le sembianze di un cervide che non ha mai avuto un palco.
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Cynthia Rimsky presenta Autostop per la rivoluzione e Alfredo Zucchi presenta Demolition job, per Edicola Ediciones. Dice la Rimsky, tradotta da Alessia Cuofano: “Le deviazioni formano la strada della conoscenza”.
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Giorgio Vasta dialoga con Mircea Cărtărescu doppiato da Bruno Mazzoni. A Cărtărescu lo slargo Pannella ricorda un quartiere di Bucarest dove vide – non ricordo se al cinema o se proiettato su una parete deturpata – il suo primo film: “Venezia, la luna e tu”.
Cărtărescu aka Mazzoni:
1. “Scrivi scrivendo”.
2. “Volevo scrivere un’opera di più di mille pagine dal titolo Abbacinante.” E l’ha fatto, una pagina dietro l’altra, lasciando vuota la scatola per gli appunti preparatori.
Vasta domanda: “Chi salveresti tra Hitler e un capolavoro?”. Il nome di Hitler durante il FLiP è tornato diverse volte come Caso Umano di Male Accertato, nome-su-cui-si-è-tutti-d’accordo. Adolf Hitler sta smettendo di essere il Führer della Germania nazista diventando una antonomasia, un tropo. Mi dà come la sensazione di un posto vacante. Chi è il prossimo candidato al ruolo tutto sommato ridicolo, consolatorio, di Cattivo Assoluto? Vladimir Putin? Kim Jong Un? Xi Jinping? A decretarlo saranno i vincitori della prossima guerra mondiale a pezzi che ci ha fatto talmente a pezzi i nervi che ormai credo nessuno possa più vantarsi di averne, di pezzi e di nervi. Snervati. Mollicci. Celebrale pappetta grigia dalla testa ai piedi.
Cărtărescu aka Mazzoni:
3. “Passerei tutta la mia vita a esplorare città in rovina.”
4. “Come evadere da questo mondo?”
(Mentre frequento il FLiP ho in lettura Il sesso e l’Assoluto di Žižek, al cui fondo è come circolasse la disfida: Provaci dai a evadere dal tuo cervello, poi fammi sapere.)
S’è fatta sera.
Cărtărescu è una galassia.
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Riflessioni a margine e a cazzo di cane alla fine della prima giornata: gli incontri scrittori-lettori hanno qualcosa di osceno. Scrive Aldo Busi: è come mangiare del fegato d’oca e poi voler parlare con l’oca.
Leggere significa emigrare. Gli scrittori sono dei passeur.
Libri presi: Autostop per la rivoluzione della Rimsky e Travestidi Cărtărescu.
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Al mattino, nel parco pubblico Giovanni Paolo II, è sabato 2 settembre. Bernard Friot parla di come solo grazie al linguaggio sia possibile fare buchi nel vento.
La letteratura fin dall’infanzia come rimedio o prevenzione agli scempi che si consumano nelle periferie rimosse come quella al Parco Verde di Caivano o sul lungomare di Mergellina? Mi stupisce ma non mi sorprende per nulla come sia di fronte al pubblico dei bambini che siano sollevati i temi cosiddetti adulti che gli adulti preferiscono aggirare perché sanno di non avere le risposte allora neppure si azzardano a porsi le domande.
Donatella Trotta parla del tema-educativo e un lettore non accompagnato dai genitori si risente sempre a sentir parlare di valore educativo della letteratura: non voglio essere mica educato ancora io!, mi basta l’educazione che ho già dovuto mandar giù. Il che dice tutto della brutta educazione a cui è stato sottoposto, tramite la quale gl’è stato inoculato il concetto di obbedienza dovuta mica quello, stupendo, della voluta responsabilità. La letteratura – che è la forma di massimo rispetto e responsabilità verso la parola che si sta dando, scrivendola – è educativa in sé.
Bernard Friot: “Ogni poesia ricrea la poesia”.
Secondo Friot cosa esiste o cosa no “lo decido io con la lingua”.
Poesie là per là dei bambini sollecitati da Friot (annotate da Rò):
“Io sono il gusto e devo imparare ad assaporare il mio sapore e quello degli altri”.
“Io sono l’oro sono molto resistente ma faccio partire guerre e battaglie”.
Tra le panche di legno, un bambino accarezza Frida e dice: “È una palla di pelo nero nel buio”.
Nel pomeriggio tardo e arrivo al Centro Giorgio La Pira verso le diciassette. Mi sono perso l’incontro con Grazia Gotti “per Italo Calvino” ma non quello con Lucia Baskaran e Diana Ligorio: non c’è stato, hanno dato buca entrambe. Rò nota una bellissima donna color corallo: scopriremo che è Cecilia Ricciarelli, l’organizzatrice del quasi omofono festival di letteratura italiana di Barcellona, il Flib.
Qualcuno ha perso un mazzo di chiavi e Ciro Marino si sposta dal fondo, dallo stand dei libri, al palco per chiedere “Di chi è questo?” e sono subito gli Anni Novanta quando la contestazione era issare un preservativo marca Control. Da allora l’HIV è ancora qui con noi ma non se ne muore più, non a queste latitudini vale a dire. Aggiornamento dello spot: il prof entra in classe e con volto indispettito tira su il libro che ha trovato sul pavimento: “Di chi è questo?”. Per la copertina un titolo a piacere tra Le 120 giornate di Sodoma e Atto di Dolore e Pinocchio e il Talmud.
Incontro delle 17 e 15, Filippo La Porta e Gian Marco Griffi autore del romanzo Ferrovie del Messico, l’esperienza più vicina a una salottata televisiva. La Porta, come fosse un complimento, definisce anacronistico il romanzo perché conta più di ottocento pagine, risalente a un’epoca in cui le capacità mentali dei lettori erano meno ridotte. Per La Porta “la letteratura è la contestazione dell’ovvietà”. Ferrovie del Messico è “un romanzo odontoiatrico, è la storia di un mal di denti”. Allo stesso modo l’ultimo romanzo di Villalobos, Non pretendo che qualcuno mi creda, potrebbe essere definito un romanzo dermatologico: è la storia di un’orticaria cronica. Ciascuno somatizza l’epoca a modo suo.
Anche Gian Marco Griffi dice di essere partito dal titolo, poi la storia è venuta da sé, come per Abbacinante/Orbitor di Cărtărescu. Se uno vuole scrivere una cosa breve, insomma, è meglio che il titolo lo lasci per ultimo.
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#IlTempioEiMercanti, alle 18 e 30. Edoardo Savarese richiama alla “formazione culturale della comunità”.
Riccardo Cavallero: “I direttori finanziari producono la Duna della letteratura.”
Maurizio Zanardi: “La casa editrice crea il suo pubblico” (ha un quaderno fucsia tra le dita, gli si agitano come foglioline al vento.)
Giulio Mozzi non demonizza Amazon e ai librai indipendenti deve essere saltato un battito.
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Durante l’incontro delle 18 e 30 Giulio Mozzi ha fatto notare che al FLiP mancano i poeti: e Bernard Friot chi è? E Cărtărescu? Pizzingrilli? E, in un altro modo tutto suo, Antonio Moresco? O la poesia è solo quando si va a capo? La poesia come capacità-di-sintesi? A quel che mi ricordo con la capacità-di-sintesi si fanno i riassunti quando te li assegnano come compito a casa. E Isabella Saugo?
Non ricordo chi tra Susanna Mati e Antonio Moresco – ma credo sia stato Moresco – ha detto: “La Saugo seleziona duramente i suoi lettori.”
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Mea culpa: l’incontro su Šklovskij ho faticato a seguirlo. Era più un incontro da nove del mattino che da nove della sera.
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Riflessioni a cazzo ne abbiamo? È sabato sera e c’è campionato. Libri presi: Come una santa nuda di Alessandra Saugo, Sprinters di Lola Larra e La Piccola Gente di Alfredo Palomba (quest’ultimi due presi off-festival, non perché fossero disponibili sugli stand al FLiP. )
Libro ricevuto in dono: Cormac Blood Dance di Jonny Costantino. In Cormac Blood Dance Costantino scrive del “sibilo dei meteoriti” nel ventre di Wanda, personaggio di McCarthy sconquassata dal desiderio consumato.
Moresco durante la presentazione del libro della Saugo ricorda di un messaggio in cui le aveva proposto di pensare alla sua malattia, sua della Saugo, come all’attraversamento a bordo d’astronave di una “pioggia di asteroidi”. In un messaggio successivo la Saugo parlò a Moresco appunto di star attraversando una pioggia-di-asteroidi. Susanna Mati dice a Moresco: “Non puoi saperlo, io lo so perché ero lì con lei. Con pioggia-di-asteroidi Alessandra intendeva le sue gravi crisi epilettiche.”
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Domenica mattina, è il tre, Parco pubblico Giovanni Paolo II. Le undici passate. Parole riportate di una bambina che ha vissuto in un campo rom: “La mia anima persiste oltre la baracca distrutta dai bulldozer.”
Ho un’ape tra i capelli, la sento come ficcatasi nel cervello come si ficcava il dito nel cervello attraverso il cappello il raccontatore delle favole della Maria, di Moresco, premio Andersen ma pubblicato con la Mondadori, ergo letteratura se non dipendente di sicuro non di editore indipendente, quindi semmai se ne parlerà in un’altra occasione in un altro luogo, assieme a Favola Bianca, ohi ohi della Rizzoli.
Non so chi dice: “L’indipendenza è la qualità offerta.”
Maria Carmela Polisi, libraia della Mio nonno è Michelangelo: “Preferisco i legami alle reti, le reti hanno troppi buchi.”
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Io, Rò e Frida parcheggiamo su striscia bianca e siamo al cortile del Palazzo del Municipio verso le 17. Trovo posto e davanti a me c’è Roberta Bravi, libraia della indipendente Il giardino delle parole, di Pistoia. Le chiedo tre titoli al brucio e lei:
1. Titanio, di Stefano Bonazzi (Polidoro)
2. Sangue di Giuda, di Graziano Gala (Minimum Fax)
3. Fubbàll, di Remo Rapino ((Minimum Fax)
[Poi, più avanti, durante la presentazione delle 18 e 30 con Claudia Grande e Ezio Sinigaglia, coordinati da Antonio Gurrado, si gira verso di me e aggiunge:
4. L’amore al fiume (e altri amori corti), Enzo Sinigaglia (Wojtek)]
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Poco prima delle 17 e 15 c’erano già tutti nel cortile: Luca Doninelli, Davide Morganti, Emanuela Cocco, Fabrizio Coscia. Alle 17 e 15 quando Lia Amen presentatrice del FLiP li chiama alle poltroncine non ci sono più, sono al bar. Mentre li aspettiamo noto che una ragazza due file più avanti ha Rò tatuata sulla scapola sinistra, solo in versione più gotica, alla Santoro – Santoro delle cartolibrerie, non di Servizio Pubblico, occhio.
(Sul mio quadernetto verde con gli appunti a penna e a matita, perché a turno o non trovavo la penna o non trovavo la matita, trovo solo adesso la frase che per forza di cose Maurizio Zanardi deve aver pronunciato ieri durante l’incontro taggato “Il tempio e i mercanti”. È la mia frase preferita del FLiP 2023: “Il catalogo è la coscienza di un editore”. E pure del lettore che gli dà fiducia, aggiungo io.)
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Claudia Grande, autrice di Bim Bum Bam Ketamina sulla: “violenza contro il corpo che è l’ultimo baluardo di realtà che resta”
S’accende un riflettore, meno male!, mentre Sinigaglia parla di un suo personaggio di cui non s’era capito bene che parlava con l’accento dell’alto salentino, tipo di Presicce.
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Salvatore Toscano dialoga con Giorgio Vasta verso le 19 e 45: la letteratura è a salvaguardia della ota prima che le nipotine ne causino l’estinzione ep-oca-le rimettendo le lettere al posto giusto provocando il collasso di un intero immaginario.
Per Giorgio Vasta cospirare equivale al respirare assieme. Al FLiP in questo senso si è cospirato tantissimo.
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Voglio bene, tanto, allo scrittore Juan Pablo Villalobos
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Riflessioni finali: Quasimodo, s’è fatta un’altra volta sera. Appena ripasso da Pomigliano alla Wojtek prendo su Bella pugnalata di Alessandra Saugo.