22 Luglio 2022

O tutto o niente. Il talento non accetta compromessi. Il talento è suicida

O tutto o niente. Il talento non accetta compromessi. È pigro, recalcitra di fronte alla disciplina, di cui ha tuttavia bisogno. Quando invece trova il metodo giusto e lo sposa, spumeggia inarrestabile, beato di sé. Non è invidioso, sebbene non sopporti l’ingiustizia. Non è vanesio, sebbene conosca la propria bellezza. Non è avaro, sebbene non abbia tempo da perdere.

Eppure, non ha felicità né riposo. Non smette di ammirare e di osare. Di fronte alla propria immagine si compiace esattamente quanto si studia, per superarsi. Nel suo percorso di crescita, ritratta le prime incertezze, si riappropria perennemente delle opere date alla luce per concepirle all’infinito, dal momento che desidera nascere perfetto o, piuttosto, non nascere. Nel migliore dei casi, le ripudia nell’atto stesso della pubblicazione e rompe tutti gli specchi: non può vedersi, deve dimenticarsi nella scrittura. In tal modo rinuncia alla loro cura. Non potrà mai essere una madre amorevole e comprensiva verso i figli, perché il talento non conosce saggezza.

O tutto o niente.

Non è una sua scelta, è la sua indole. Fosse per lui, si disperderebbe in ogni avventura, accetterebbe ogni invito, crederebbe a ogni promessa. Vorrebbe essere ingenuo, vorrebbe restare adolescente. In verità, contiene in sé una carica suicida. Questo spiega perché spesso, appunto, rinuncia a nascere. Lo si porta allora nelle scuole, si cerca di rabbonirlo e addomesticarlo, ma non è possibile. Non accetta compromessi. Al più, in tal caso, incistato e incattivito nell’utero che lo protegge da sé stesso, si adegua e gestisce la situazione: salva le apparenze. E così fluisce una scrittura costante e adeguata alle richieste, tra sorrisi e strette di mano amichevoli. Ma è solo la forma maggiormente gradita fra i suicidi possibili.

Il talento ingloba l’unico pensiero critico in grado di innescare la propria evoluzione, che però è anche il solo in grado di metterlo in crisi. Può capitare che questo dissidio porti alla nascita di un critico letterario spietato e veramente autorevole, quando il talento si sottomette al pensiero critico. Non un recensore, non un mestierante, ma un critico di genio, di quelli che definiscono un’epoca. È un’altra forma di suicidio socialmente apprezzata.

Il talento non conosce il tempo, si percepisce immortale. Per questo non ha in sé disciplina e per questo, soprattutto, non premedita mai il proprio suicidio. Quand’esso avviene, il talento non sa della propria morte e la rinnega. Si illude, nel ricevere consensi, di essere nato, di aver trovato la via e la consapevolezza. Dà la mano come un fanciullo ai maestri putativi e si lascia accompagnare, perlustrando i cortili predisposti per lui e giocando secondo le regole, con buona educazione. Com’è bello e adorabile, sotto queste fattezze, agli occhi del mondo!

Non c’è una strategia universale per evitare che tutto ciò avvenga. Per salvarlo, per stanarlo e permettergli di evolvere secondo natura, occorre molta fortuna. Se i tempi sono felici e l’allineamento astrale si completa, il talento si manifesta. Semplicemente.

Ma per una nascita e una crescita naturale, mille aborti e mille suicidi.

Talento, tormento.

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