Mi hanno virtualmente e virtuosamente assegnato la cura del Salone del Libro, quindi è giusto che dichiari qui il mio programma, per il prossimo biennio.
Il primo anno non verrà presentato alcun libro il cui autore sia ancora in vita. Sarà obbligatorio leggere e discutere di classici, di ogni parte del mondo. Per i libri comparsi nel secolo scorso, occorrerà comprovare di non avere legami di parentela né interessi editoriali in comune con l’autore dell’opera da presentare.
Filo conduttore tematico dell’anno: La “letteratura contemporanea” italiana.
Gli editori che durante l’anno pubblicheranno comunque autori viventi, saranno esclusi automaticamente anche dell’edizione successiva della kermesse.
Il lauto compenso che mi sarà attribuito, verrà interamente speso per l’acquisto (da qualsiasi macero, dai fondi di magazzino, e così via) di libri di poesia. Questi saranno regalati, fino a esaurimento, a tutti i visitatori del Salone.
Verranno infine istituiti info-point in modo strategico e capillare lungo tutto il percorso, in cui giovani e splendide modelle, opportunamente formate, spiegheranno come la potenza di una manciata di versi renda vano il blateramento della maggior parte dei romanzi. Solo chi saprà ripetere a memoria i versi adoperati nella dimostrazione, potrà farsi un selfie con la “musa”.
Il secondo anno, invece, gli inediti dovranno gareggiare apertamente con i classici. Qualunque scrittore con velleità di pubblicazione dovrà leggere estratti dalla propria opera, messi opportunamente a confronto con classici presentati da agguerriti critici. La giuria sarà formata da professori di scuole secondarie, estranei alle dinamiche editoriali odierne. In caso di esito incerto, l’aspirante autore dovrà indossare i guantoni e sfidare su un ring Andrea Cortellessa, il quale a sua volta dovrà subire un anno di silenzio sabbatico totale (libri, articoli, interviste) per ogni scontro perso.
Prevedo un aumento di casi di suicidio fra letterati, durante questa mia reggenza biennale. Matteo Fais sarà tra i pochi a esultare e a osannare il cinismo con cui si risulterà finalmente potata l’abnorme chioma di voci che impedisce la visione di un minimo squarcio celeste, nell’oggidì. Io invece, se mai mi sarà dato di fuggire al linciaggio, tornerò nel segreto della mia cella a vomitare l’anima, e a tentare di scrivere un capolavoro per giustificare ogni crimine e salvarmi dalla dannazione eterna.
Andrea Temporelli
*Si ricalca l’articolo “Mi hanno assegnato il Salone del Libro”, scaturito da una provocatoria riflessione intorno ad alcuni pensieri editi da “Pangea”, in origine pubblicato qui.