Bisogna saper guidare il rompighiaccio. Cristina Toffolo De Piante ha il piglio dell’imprenditore, non si scioglie, fatica a sorridere, pare una lama conficcata su un iceberg. Parlarle è un vanto: una volta la becchi in Sud Africa, l’altra in Siberia. In un circo urbano fitto di ‘piacioni’, che ostentano abbracci come coltelli, un po’ di severità nordica è salutare. Cristina, misurandola con il metro di oggi – il denaro – è una visionaria e una pazza. Secondo il mondo antico – connaturato all’anima e al compito dell’uomo – meriterebbe un premio, una statua, un Raffaello a farle il ritratto. Imprenditrice di successo, nel 2016 Cristina, insieme a due amici, Angelo Crespi e Luigi Mascheroni, vara la De Piante Editore, con un logo che ne sancisce e santifica la missione, “Pochi libri per pochi”. La formula è vertiginosamente ‘antimoderna’: reagire al mercato librario – in crisi sonora – che fa soldi pubblicando stupidaggini con libri da collezione, di altissimo pregio, coniugando il testo ignoto – inedito o riscoperto – di un grande autore italiano con il gesto, in sovraccoperta, di un grande artista.
Interessante la nota che specifica la ‘politica editoriale’ dell’impresa: “La crisi, a differenza di quanto insegnano gli economisti e i tecnici, si batte con il lusso non con la spending review (e la nostra sarà una casa editrice sontuosa). E insistere, anche in campo culturale, sul marchio ‘fatto in Italia’ può essere una scommessa vincente”. Insomma, un imprenditore di fama che al posto di far fruttare i propri guadagni nell’ennesimo immobile, apre una casa editrice, un luogo di ristoro culturale. Che genio. La scommessa, due anni dopo, è, per lo meno culturalmente, vinta. La De Piante, infatti, si è imposta, con grazia, a passo di danza, come una delle più interessanti imprese editoriali degli ultimi tempi, un’oasi nel deserto bibliografico. Il catalogo è già un agglomerato di firme eccezionali – da Eugenio Montale a Piero Chiara, da Emilio Villa a Oriana Fallaci e Sebastiano Vassalli, fino alle ultime ‘chicche’, Leonardo Sciascia e Gianni Brera – e di artisti eccellenti – Velasco Vitali e Ferdinando Scianna sono gli ultimi ‘eroi’ di una lista che contempla, tra gli altri, Roberto Floreani, Luca Pignatelli, Alessandro Busci, Michele Ciacciofera… Quando le si chiede della sua casa editrice, Cristina, per cui fare l’editrice è una sfida, uno slalom tra i ghiacci a bordo di lancia dorata, si scioglie. In fondo è facile mungere la gioia, perché la scrittura è sempre in contatto con ciò che è autentico, che autentica il destino.
Chi te lo ha fatto fare di fare una casa editrice?
Mi piacciono le sfide e sono determinata a far accadere le cose. Da giovanissima ho ereditato una piccola officina meccanica che costruiva macchinari da stampa. Pur non essendo competente di progettazione industriale avevo deciso che quell’azienda avrebbe giocato un ruolo importante tra i costruttori di quel settore. Il duro lavoro, la curiosità e l’apertura alla sperimentazione di nuovi modelli organizzativi hanno portato, in meno di 20 anni, quella azienda a posizionarsi tra le 5 aziende leader al mondo di quel settore. Dopo il discreto successo nel settore industriale volevo ripartire da zero con un nuovo progetto imprenditoriale in tutt’altro settore. Una piccola realtà che si potesse aggiungere alla lista delle maison italiane note a livello globale per la propria creatività e per la qualità indiscutibile dei propri prodotti. Fondare una casa editrice in un settore fortemente in crisi era una vera sfida.
Chi te lo ha fatto fare di fare una casa editrice fuori dal tempo, che stampa pochissimo, testi rarissimi, fuori dalle grandi catene distributive, una specie di enogastronomia editoriale, perché? Bisogna essere sommelier del buon leggere?
L’idea di fondare una casa editrice è nata una sera a cena con Luigi Mascheroni e Angelo Crespi. Si fantasticava di pubblicare vecchi elzeviri, lettere o testi dimenticati di grandi scritto del Novecento. Ben consapevoli della situazione poco brillante del mercato dei libri abbiamo impiegato un anno per definire il taglio del progetto e il target. Alla fine nel dicembre 2016 la nostra avventura è iniziata. La De Piante Editore doveva essere una reazione al mercato editoriale di oggi fatto per lo più di fast book, di libri facili, facilmente dimenticabili diffusi su larghissima scala. Stampare solo piccole tirature, numerate in edizione limitata. L’organizzazione dell’azienda doveva essere quella del piccolo artigiano, snella e flessibile. Una piccola gioielleria dell’editoria da ricordare nella storia e da lasciare in eredità ai nostri figli. Il nostro target era chiaro: offrire un libro “gioiello” ai forti lettori, collezionisti e bibliofili ma anche al professionista o all’imprenditore che fosse alla ricerca di un regalo speciale per la propria clientela.
Qual è l’autore che vorresti pubblicare, il libro che ti ha ‘cambiato la vita’, quello ‘per l’isola deserta’?
L’autore che ho sempre nel cuore è Honoré de Balzac. Ho letto tutti i suoi romanzi e nel cuore mi è rimasto il suo Papà Goriot. Purtroppo non lo posso pubblicare perché è uno scrittore francese e al momento la De Piante vorrebbe rimanere focalizzata solo con gli scrittori del Novecento italiano.
L’idea di accostare testi dimenticati di grandi scrittori italiani e grandi artisti italiani, una specie di made in Italy bibliografico: a chi è venuta? Chi sceglie i testi e gli artisti, assecondando quale criterio?
Il criterio di base è quello di far uscire un prodotto al 100% italiano. Dopo anni di stampa digitale, automatismi e substrati commerciali trattati per valorizzare le moderne tecniche di stampa volevo riavvicinarmi al mondo dei vecchi maestri stampatori e coinvolgere le antiche cartiere italiane. L’incontro con un grande tipografo è stato fondamentale per progettare un veicolo di lusso per i bellissimi testi che avremmo pubblicato. La divisione delle nostre responsabilità è abbastanza chiara e naturale. Luigi Mascheroni seleziona gli scrittori e ricerca i testi. Scegliamo insieme l’autore e il pezzo da pubblicare e pianifichiamo le uscite dei libri anche sulla base dei nostri eventi. Contemporaneamente Angelo Crespi pensa ad un artista italiano da abbinare allo scrittore o al contenuto del testo, poi coinvolge nel progetto l’artista. Io oltre alla gestione generale dell’azienda devo anche trovare il famoso pubblico per i “Pochi libri per pochi” per vendere i nostri libri. Spesso gli eredi degli autori che vorremmo pubblicare lavorano con noi alla progettazione del libro o all’organizzazione dell’evento che lo lancerà. Delle volte gli stessi eredi ci suggeriscono l’artista da associare al libro. Per esempio con il libro I travestiti di Sebastiano Vassalli la moglie Paola ci aveva suggerito di far realizzare la sovraccoperta dal maestro Claudio Granaroli amico storico del marito Sebastiano. Oppure quando stavamo pensando alla copertina delle lettere di Leonardo Sciascia a Stefano Vilardo ci è stata segnalata una fotografia dei due scrittori scattata dall’amico e compaesano Ferdinando Scianna. Io e Angelo Crespi lavoriamo anche alla produzione delle 10 copie d’artista. I nostri volumi escono in 300 copie numerate + 10 copie d’artista. Vengono stampati 10 volumi e 10 stampe della copertina numerati da 1 a 10 e firmati dall’artista che ha realizzato l’opera. Non sempre le copie d’artista devono essere accompagnate dalle stampe. Alcuni artisti hanno avuto altre idee. Per esempio, riguardo al libro di Emilio Villa, Alessandro Busci ha dipinto direttamente sulla sovraccoperta 10 esemplari diversi che richiamassero l’opera originale. Con il libro Nessuno è felice: tranne i prosperosi imbecilli, Ferdinando Scianna ha firmato 10 fotografie del suo scatto del 1964 stampate in Fine Art e custodite in un piccolo astuccio all’interno del libro.
Penso al patrimonio di una casa editrice come una ‘eredità’: che futuro vedi per la De Piante?
La crescita per acquisizione è quasi terminata nel campo editoriale. Ormai le note case editrici italiane hanno comprato e incorporato tutti i marchi che si potevano collezionare per assicurarsi la fetta del mercato. Le più sfortunate sono state costrette a chiudere e rimangono un ricordo malinconico del passato. I piccoli cercano di sopravvivere offrendo un prodotto simpatico e di qualità da proporre sul banco delle librerie. Io al momento sto ancora lavorando alla segmentazione del mercato e alla qualità del prodotto senza dar troppo peso ai risultati di vendita. Gli unici strumenti di lavoro che ho nelle mie mani sono le idee e gli obiettivi ben definiti. La De Piante sarà una casa editrice dal marchio riconoscibile e indiscutibile. Oggetto di conversazione per collezionisti e bibliofili italiani e anche stranieri. Un’altra maison italiana d’eccellenza da desiderare e invidiare. Una palestra per un gruppo di lavoro creativo e originale o per chi vuole semplicemente imparare. Un motore di sinergie che si muove in diversi contesti. Le idee per far accadere queste cose non mi mancano. Il coraggio nemmeno. Vedremo…
Un giudizio da una che fa i conti con il settore sul sistema editoriale italiano: cosa c’è che non va? Libri pubblicati come hamburger, lettori cretini, politica disinteressata? Ergo: come si convince un ragazzo a mollare l’iPad per un buon libro?
Inutile dire che il libro è stato sostituito con le trasmissioni televisive, con i reality show, le serie di Netflix o dai social che consultiamo di continuo sul nostro cellulare. Che siamo troppo impegnati e che non abbiamo più tempo per leggere. Non è questione di giovane o adulto. Il piacere della lettura o della ricerca del libro è una cosa che hai dentro fin da giovane o che hai scoperto nel corso della vita grazie all’influenza di un parente, un insegnante o un amico. Ritornando all’editoria italiana. Per sopravvivere, i grandi nomi sono costretti a essere subordinati alla domanda del mercato, a subirla, riducendo sempre di più gli scaffali dei grandi autori per lasciar spazio ai nuovi scrittori del momento: calciatori, YouTuber, influencers, conduttori televisivi, chef, etc. Al contrario le piccole case editrici come la De Piante non hanno grossi costi di struttura quindi possono scegliere cosa pubblicare o dove vogliono specializzarsi. Ma devono essere veramente intraprendenti per mantenere i loro standard qualitativi e per posizionare il proprio marchio sul mercato per assicurarsi le vendite. Noi abbiamo scelto il contatto diretto con il nostro cliente. Scriviamo direttamente ai nostri collezionisti e ci proponiamo agli imprenditori che vogliono un libro su misura per le loro celebrazioni. Partecipiamo a diversi eventi, organizziamo salotti letterali coinvolgendo varie tipologie di persone. Fino ad oggi abbiamo raccolto delle buone recensioni. Abbiamo tante idee e continueremo a proporre libri di qualità per i nostri collezionisti.
C’è un editore che ti fa da guida, che ammiri, oppure fai di testa tua, imponendo un nuovo modo di fare editoria? Sei forse l’avatar o lo specchio ustorio di Elisabetta Sgarbi, la zarina dell’editoria italica?
Mi sono sempre piaciuti i piccoli editori che pubblicano libri inutili di altissima qualità. Durante la definizione della casa editrice ci siamo ispirati un po’ al loro modello. Faccio di testa mia, non mi curo molto delle dinamiche attuali di questo mercato. Elisabetta Sgarbi non è un mio riferimento, mi sento più una Elvira Sellerio degli anni Sessanta.