Per la prima volta la vedo di spalle, con lunghi capelli, quest’anima antica di Francesca Bartellini. Una donna vestita in modo semplice, ma questo non nasconde l’eredità dei secoli passati nascosta nel suo corpo. È quando parla e legge il suo testo, presente in Noi siamo l’opposizione che non si sente, a cura di Giulio Milani per le edizioni Transeuropa, che questa catena ancestrale si srotola. Conosco Francesca Bartellini allo splendido evento nazionale “Primavera culturale” tenutosi a Bolsena a metà maggio, per questo invito ringrazio il caro Marco Zuccaro che ha permesso l’incontro, decido, seguendo l’istinto, di chiederle un testo da condividere con i nostri lettori. Troverete alcune sue opere firmate come Francesca Bartellini Moech, col doppio cognome; Moech è infatti il cognome della madre.
Francesca è innumerevoli cose (scrittrice, regista e attrice di teatro e di cinema), è una fiera multiforme dentro una donna minuta, l’innocenza e la curiosità del bambino si ritrovano uniti allo spasmo della ricerca, alla ferocia della verità; l’autrice ha vissuto e lavorato per molti anni all’estero, a Parigi per lungo tempo e precedentemente negli Stati Uniti, viaggiando per i suoi documentari in Africa e in Europa. I suoi scritti e i suoi lavori sono così: recuperano le differenti età dell’uomo e fanno compiere allo spettatore un viaggio verso la verità: approssimandoci a una verità parziale possiamo tentare di scorgere la verità totale, ricercando l’autenticità, la consapevolezza di essere ancora speciali, perfettamente umani. Il racconto qui presentato è un invito all’intuizione, a seguire quelle immagini e quelle sensazioni che paiono giungerci senza motivo. Tutto chiede di tornare al mito, all’origine divina della parola, alla scintilla che abita nell’uomo e negli elementi della natura.
Clery Celeste
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L’Amica del Mare
dedicato a Stefania
Tra quelle mura bianche un vento di mare, una leggera brezza calda, muoveva i teli che chiudevano le porte, quelle porte divenute inutili, senza senso.
Lei si muoveva da una stanza all’altra, attraversando il prato dove c’era il pozzo. Era già stata in quella villa quando aveva sette anni, quattro anni prima, quattro anni come infiniti ponti che si congiungevano l’uno con l’altro in corsa verso il presente.
L’altra volta nella villa giocava sul patio davanti al mare, tutte le mattine nell’alba rosa. Giocava con le amiche della sua età ad essere piccole dee mentre i genitori dormivano. Era stata una sua idea quella di giocare alle dee: loro sul patio e intorno l’isola immersa nel mistero del suo vulcano che assisteva silenzioso.
Ora ritornata in quella villa bianca sul mare era ancora una bambina, ma ormai una bambina cresciuta che guardava con impazienza al suo essere grande. E poi adesso aveva una sorellina di due anni che era un po’ selvaggia e lei pensava… buon sangue non mente! E rideva. Quindi in questo suo diventare grande la mente le funzionava al ritmo logico della matematica spirituale che sua madre le aveva insegnato combinandola all’emozione profonda della sua anima.
Era una giovanissima dea quindi che sarebbe cresciuta e tutte le possibilità erano di fronte a lei.
In quella casa sul mare c’era oltre sua madre un’altra signora. Questa signora era un’amica e aveva due bambini e un marito. Questa signora amava molto il mare e passeggiava spesso da sola al tramonto sulla spiaggia. Aveva capelli lunghi mentre la madre della bambina dea aveva capelli corti. Aveva lentiggini sul viso e il corpo, mentre la madre della bambina dea non ne aveva.
La piccola dea amava moltissimo sua madre, la signora era un’amica.
Quest’amica era dolce, le parlava in modo dolce, sorrideva in modo dolce e per la verità anche la sua mamma era dolce, ma le dolcezze hanno colori diversi, è questa la loro fortuna. Così un giorno quest’amica la chiamò in camera sua, era il crepuscolo, subito dopo il tramonto e l’aria era piena del blu che a quell’ora si riflette dal mare verso il cielo. L’amica le sorrise e le dette un vasetto di alabastro con dentro una pomata profumata. Lei la guardò e le rispose che nell’antichità questo lo avrebbero chiamato unguento e siccome lei era una piccola dea l’unguento lo accettava molto volentieri.
La Signora dai Capelli Lunghi a quelle parole le sorrise felice. Lei la guardò e notò che quei capelli lunghi erano proprio lunghi come piaceva a lei perché erano sottili e lucenti. Anche lei ora aveva capelli lunghi ed era stata una battaglia con suo padre che voleva li portasse corti come quell’attrice della Nouvelle Vague che era formidabile.
Loro due, la bambina dea e la Signora con i Capelli Lunghi si sorrisero e la Bambina porse il vasetto dell’unguento alla signora che capì, lo aprì e toccò con le sue mani affusolate l’unguento fino a farle diventare ancora più morbide, le sue mani. Poi le passò sulle spalle della bambina e la massaggiò lentamente.
La bambina-dea riconobbe quelle mani perché lei quelle mani le conosceva già. E fu così che capì che la Signora dai Capelli Lunghi era stata la sua mamma in un’altra vita. Ne ebbe la certezza assoluta perché lei sapeva da sempre, senza che nessuno avesse bisogno di insegnarglielo, che su questa Terra si torna infinite volte e non ci si ricorda mai nulla e quando si nasce di nuovo ogni volta si rincontrano le stesse persone importanti, ma tutte con ruoli diversi dalla volta prima.
È una cosa ovvia che si sa dall’inizio del mondo si disse la bambina e se la gente faceva finta che non fosse vero tanto peggio per loro… Scosse la testa e le scappò un sorriso. Guardò il mappamondo che si portava sempre dappertutto e scoppiò in una vera risata. Quella sfera che aveva davanti, dove le era toccato di tornare, era popolata da molti che non le piacevano affatto ma anche da pochi che le piacevano molto.
La Signora dai Capelli Lunghi la osservava con quella sua espressione dolce. E lei allora le chiese: “Ma tu sei sempre così dolce con tutti?”. La Signora buttò la testa all’indietro e sorridendo rispose: “No, solo con te e con il Mare”.
E siccome la bambina dea era sicura di essere Theti, la dea del mare, si disse che certamente, in un’altra vita, quella Signora era stata il Mare.
Francesca Bartellini