09 Dicembre 2018

“Amare è un esercizio di lungimiranza”: Sara Bartolucci vuole fare l’archeologa, la sua bellezza preraffaellita e onirica sarebbe piaciuta a Mario Luzi

Secondo il mito Clizia è una ninfa che si innamora del Sole, tanto che “il suo amore per il Sole era sfrenato”. La passione verso l’entità irraggiungibile strugge Clizia finché la ninfa, come narra Ovidio nelle “Metamorfosi”, si trasforma in girasole, il fiore che si muove guardando l’astro che nessun occhio umano può vincere né sostenere. “Malgrado una radice la trattenga, sempre si volge lei verso il suo Sole e pur così mutata gli serba amore”. Clizia, figura terrena dell’amore solare, sfrontato e immutato, viene ripresa da Eugenio Montale, in una delle sue liriche più belle, “La primavera hitleriana”: “Guarda ancora/ in alto, Clizia, è la tua sorte, tu/ che il non mutato amor mutata serbi”. Questa è la ragione del titolo che abbiamo assegnato a questa rubrica, ‘Clizia’: la bellezza in ogni sua variante, la solarità di un viso, ci portano al concetto di un amore immutabile, che non cambia mentre ogni forma, preda del divenire, morsa dal tempo, inevitabilmente muta. L’amore che non muta è ciò che permette all’uomo, tramite la visione di una forma vana, di vincere la morte.

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Sara BartolucciLa sua bellezza sta nell’indecisione, nella spina del pudore, nell’occhio sinistro, leggermente più grosso, che rende carnale l’incanto. Sara Bartolucci ha 21 anni, studia Beni culturali a Ravenna, “amo l’arte… mi piacerebbe girare il mondo come archeologa… oppure aprire una galleria d’arte”. Il viso di Sara sarebbe piaciuto ai Preraffaelliti, la immaginiamo in vesti medioevali o da vestale, dipinta da John William Waterhouse. La sua bellezza atemporale acquista dote di profondità davanti allo specchio, dove le ere galleggiano, inconsistenti, come libellule sul fiore dell’acqua. Ma siamo noi, in effetti, mani occhi, corpi, come riflessi su un lago d’acciaio, abbagliati dall’evanescenza. La bellezza di Sara è cristallo, è indifesa, per questo porta alla poesia – nel nostro gioco – del poeta più raffinato e australe del Novecento, Mario Luzi. “Durissimo silenzio/ tra noi uomini e il cielo,/ arido/ per aridità di mente/ o scomparsa degli angeli”, canta il poeta nel Viaggio celeste e terrestre di Simone Martini. “O anima del mondo/ da tutto ferita/ da tutto risarcita/ non piangere, non piangere mai –/ dice nel sonno/ la sua amorosa lungimiranza”. Proveniente da deserti onirici, benedetto dal candore, il viso di Sara sembra raffigurare l’anima del mondo, qualcosa di segreto, di intoccabile. Amare, d’altronde, è esercizio di lungimiranza.

*Le fotografie sono di Antonio Tonti

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Sara Bartolucci

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