“Donna con cui vivrò…”. La vita totale di Paul Eluard. Una poesia
Poesia
Giorgio Anelli
In origine, voleva chiamarlo Confessioni di un pescegatto: il titolo mi suonava un po’ strano per una storia d’amore, dal momento che non si tratta di un manuale di pesca sportiva anche se il libro è ambientato sulle rive del fiume più lungo d’Italia. Ma di una truffa d’identità, il catfishing su internet, per amore. L’autore, il giornalista e scrittore Antonio Armano, mi aveva mandato il romanzo via mail, in un tardo pomeriggio autunnale di un paio d’anni fa e io c’ero caduta dentro, come in una rete appunto, dal momento che l’avevo letto tutto d’un fiato. Da pochi giorni, è nelle librerie con un altro titolo, meno curioso ma senz’altro più azzeccato, L’amante cinese (Gallucci editore), che evoca certamente il celebre e autobiografico L’amante della scrittrice francese Marguerite Duras, da cui è stato tratto l’altrettanto celebrato e bellissimo filmdi Jean-Jacques Annaud.
Non siamo certo nell’Indocina francese, ma neppure in Cina, come suggerirebbe l’aggettivo “cinese”: di orientale qui c’è solo la passione della pittrice inglese, la bellissima e scontrosa Julia (nome di fantasia), alta, occhi verdi, capelli neri, di cui si è servito lo scrittore per costruire l’identità digitale, con cui concupirla, dell’amante cinese appunto, dopo l’abbandono di lei.
Chiunque conosca Antonio Armano, prima o dopo le Maledizioni (Aragno, poi Bur, finalista al Premio Viareggio), libro-inchiesta dedicato a processi, sequestri e censure dei libri dal secondo dopoguerra in Italia, sa che questo scrittore ama cimentarsi con le verità scomode, quelle strane situazioni che scrive e descrive lungo i suoi avventurosi reportage, spesso dall’Est Europa. Cose che normalmente si preferisce celare, ma che il lettore vuole conoscere, come questa truffa romantica. Qualcuno sostiene che ogni storia d’amore sia una truffa, più o meno velata, ma va da sé che il catfishing, la “sostituzione di persona” è decisamente un delitto punito con la reclusione fino a un anno, art. 494 del Codice Penale. In amore come in guerra è tutto lecito? Si dice sempre, parafrasando Machiavelli, che il fine giustifica i mezzi e, in questo caso, lo scrittore, si costruisce su un sito d’incontri la falsa identità di un cinese, Lu, e fa cadere nella sua rete Julia, attratta dall’amato Oriente e dall’antichissima tradizione che insegna il Tao, una tecnica di meditazione sessuale simile al Tantra. I problemi economici, in particolare i mancati pagamenti di un giornale, hanno infatti minato la sessualità della coppia. Del resto, già lo diceva Franco Califano: “Due cuori e una capanna, ma chi la paga la bolletta?”.
E, grazie a questo scambio di mail – è il 2005 e non ci sono gli smartphone che ci leggono le e-mail dal telefonino – Armano viene a scoprire di un tradimento avvenuto quando era in viaggio per lavoro in Ucraina. Anche lui l’aveva però tradita in quell’occasione e tutto è perdonato. Julia si perde, si innamora virtualmente dell’uomo che ha appena lasciato ma sotto le mentite spoglie del cinese Lu. Un attimo: siamo sicuri che si sia innamorata di lui? Il cinese non è un doppio digitale qualunque: è l’opposto di chi lo ha creato. Non saranno certo queste vertigini identitarie a fermare un uomo abbandonato. La domanda è rimandata, per il momento, della resa dei conti.
In questo libro, tragicomico e autoironico, struggente e divertente – si legge e si pensa che le storie d’amore si assomigliano e non si assomigliano – finiamo in aperta campagna quando Antonio Armano percorre i sentieri rurali insieme a un geometra, Dongiovanni del mercato immobiliare, che vuole vendergli – a un prezzaccio – un “Bene”, una casupola, vicino alla chiesetta della Madonna del Pontazzo o del Pontasso, dove lui potrebbe costruirsi una tranquilla vita con la moglie, la pittrice (“Moglie? Ma quale moglie! Lasci perdere”). È un luogo in cui potrebbe rimettere insieme e in sesto, insieme alla veranda, i cocci dell’amore perduto di Julia e confessarle la truffa del cinese.
Il ritratto del mal d’amore diventa qui un autoritratto. “Sembra uno che ha attraversato un deserto”. Per chi ha sofferto il mal d’amore non c’è rimedio. È come attraversare un deserto.
“Erano giorni che non mi cambiavo: ero dimagrito, impolverato. Ero stato sotto la pioggia, sotto al sole. Non mi tagliavo i capelli da un pezzo. Le scarpe avevano il buco sotto all’alluce e mi avevano pure ritirato la patente: non aveva tutti i torti, sembravo uno che aveva attraversato il deserto”.
Quando Julia scopre la truffa si fa un sacco di risate – strano personaggio questa pittrice, uno vorrebbe conoscerla di più, vedere più da vicino un suo quadro – ed è forse quella risata che ferisce di più il cuore dell’innamorato. La storia funziona, può funzionare, sicuramente come trama di un romanzo, di un film.
“Mi ha detto di scrivere la storia. Non ho risposto. Ha mandato un’altra email dicendo che se non lo facevo io l’avrebbe fatto lei. Era già notte a quel punto. Mi sono buttato in un angolo della casa – quello dove si trovava il divano – per iniziare a farmela passare”.
Non è come una sbornia il mal d’amore, non passa.
“Come i cani della cascina dei nonni quando stavano male e si buttavano in un fosso, ma ero assolutamente certo che non mi sarebbe mai passata. Come ha scritto qualcuno, costruire castelli per aria non costa niente, demolirli è devastante”.
Alla faccia della booktherapy, mettere per iscritto, nero su bianco, la storia d’amore con la pittrice e il suo risvolto virtuale è stata, per Antonio Armano una “doppia condanna”, anche se con la morte della protagonista, avvenuta alcuni anni dopo e prefigurata in fantasie femminicide ante litteram, il rapporto con questo tormento muta e si trasforma nella possibilità di ridarle vita almeno nello spazio di 432 pagine, dolorose ma divertenti. Eppure, all’inizio:
“Cambiare il tempo al passato non mi è stato d’aiuto se non per trasformare il dolore nella tristezza malinconica dell’imperfetto. Un sentimento che ha sfumato il senso del supplizio dantesco, ciclico e infinito della scrittura. L’incipit cambiava, capitoli venivano aggiunti e tolti, dettagli ricomparivano da un tempo che si faceva più lontano”.