22 Ottobre 2022

“Sembravano piangere lacrime stellari”. Elogio di Amado Nervo

“Il feretro di Nervo fu trasportato per le vie di Montevideo, seguito da una moltitudine immensa appartenente a tutte le classi sociali, mentre le donne uruguaiane gettavano dai balconi una pioggia di petali di fiori, e al cimitero l’inumazione fu accompagnata da discorsi da parte di esponenti del mondo politico e culturale”.

Ma a quella salma non fu concesso il lusso del riposo eterno.

“Mesi dopo, decisa la traslazione della salma in Messico, la bara di Nervo venne caricata sulla corvetta da guerra Uruguay, che salpò scortata da due altre navi, una argentina e una cubana. La flottiglia fu invitata a fermarsi in altri porti, in Brasile, Venezuela e Cuba”.

Dopo questa grottesca tournée fatta di celebrazioni, feste, onori, veglie, dopo omaggi di presidenti e centinaia di migliaia di persone, la salma trovò finalmente il riposo eterno nel cimitero di Buenavista (Messico) il 14 novembre 1919.

No, non si trattava di un presidente, un re o un imperatore, ma del poeta e scrittore Amado Nervo. Sì, fa una certa impressione, oggi, leggere la puntuale ricostruzione di questo lunghissimo corteo funebre scritta da A. Laura Perugini, curatrice e traduttrice delle sue opere; ma Nervo raggiunse in vita una fama tanto grande quanto il completo silenzio riservatogli nel nostro paese.

Nervo è considerato fra i massimi esponenti del modernismo, e forse è proprio per questo che oggi non gli si tributa il giusto riconoscimento. Il modernismo è ancora poco capito o guardato con sospetto, fatto di esperimenti e contorsioni; segna la rottura sia col romanticismo, sia col realismo, e al suo interno racchiude una vasta varietà di impulsi. Gli autori di lingua spagnola e portoghese subirono le influenze del racconto fantastico-scientifico alla Wells o alla Poe, e ne rielaborarono le innovazioni con le tradizioni religiose cristiane o indigene.

I racconti fantastici di Nervo, oggi leggibili grazie a Pioggia luminosa (vocifuoriscena, 2019), sono la chiara manifestazione di questa rottura con le forme tradizionali della narrazione: il mondo di Nervo si popola di risuscitatori di professione, uomini ibernati in cerca di un tempo migliore dove vivere, visioni, fantasmi, angeli, dialoghi impossibili, disquisizioni filosofiche e surreali, il gusto per la scienza portato ai suoi grotteschi eccessi.

Ma questo non vuol essere soltanto un elogio. Oggi assistiamo a una riscoperta del fantastico, del surreale, dell’inquietante; autori italiani giovani e meno giovani si buttano in questo vortice affascinante, forse stanchi del realismo trito e ritrito, delle storie di vita vissuta, delle “testimonianze”; stanchi di leggere libri dove si parla dell’oscena vita quotidiana, dei problemi sentimentali, si cerca rifugio nelle mitologie, nelle cosmogonie, nei deliri. Penso alle micro-finzioni delle Piccole apocalissi e alle Commedie del vespero e della notte di Livio Santoro; o ai racconti come La meravigliosa lampada di Paolo Lunare di Cristò e alle Stelle mobili del sottosuolo di Enrico Prevedello, tanto per citare i primi che mi vengono in mente, ma il panorama è vastissimo, e tutti riconoscono un debito con la letteratura fantastica canonica e con quella più complessa di Landolfi, Manganelli, Savinio, e quella latino-americana, soprattutto nella figura di Jorge Luis Borges. E prima di Borges ci sono stati Rubèn Darìo e, appunto, Amado Nervo.

***

“E lo spettacolo che videro i nostri occhi fu tale che fermammo i destrieri e, a rischio di inzupparci come spugne, ci soffermammo a contemplarlo.

Sembrava che il paese fosse stato avvolto all’improvviso dalla terribile e luminosa nube del Sinai…

Tutto intorno era luce; luce azzurra che si rifrangeva nelle nubi in perle meravigliose; luce che grondava dai tetti ed era vomitata dai doccioni, come pallido oro fuso; luce che, sferzata dal vento, si frantumava in una moltitudine di scintille contro i muri; luce che con rumore assordante correva giù nelle vie trasversali, formando fiumi di zaffiro, o di un tremulo e cangiante madreperla.

Sembrava che la luna piena si fosse liquefatta e cadesse a fiotti sopra la città…

Subito dopo l’acquazzone cessò e varcammo le porte. L’atmosfera si andava rasserenando.

Ai fasci di luce scintillanti si era sostituita una pioggerellina diamantina, di magico effetto.

Di lì a poco anche questa cessò e apparvero le stelle, e allora lo spettacolo fu ancora più sorprendente: stelle in alto, stelle in basso, stelle dovunque.

Dai mille doccioni della cattedrale cadevano ancora tenui fili lattiginosi. Dagli intarsi secolari delle torri brillavano accese milioni di gocce tremolanti, come se gli gnomi avessero ingioiellato quella selva di pietra. Nei basamenti, nei capitelli, nelle statue in cima alle colonne; nei cornicioni, nel bordo delle ogive, nelle rotondità delle sporgenze degli edifici, si annidavano globuli di luce opaca. I mostri medievali, raggomitolati in pose grottesche, sembravano piangere lacrime stellari”.

Amado Nervo

*estratto de Il paese dove la pioggia era luminosa

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