10 Luglio 2018

Alvaro Vitali: puro derattizzante in faccia alle femministe isteriche. Elogio della comicità politicamente scorretta

Bei tempi, quando si poteva ridere senza provare sempre un terribile senso di colpa. Non c’erano censori o, se c’erano, appartenevano alla Chiesa e alla Democrazia Cristiana e li si mandava a cagare senza tanti pensieri. Loro si indignavano, si risentivano, assumevano l’atteggiamento stizzito del vecchio signore schernito dai monellacci, ma poi, infine, se la prendevano in quel posto senza rompere le palle. Non c’erano hashtag in difesa di, o manifestazioni di piazza per simili stronzate. La risata era irridente e liberatoria.

È in quel fantastico clima di leggerezza e rimpianta villania, quando un popolo ancora esisteva – prima che diventassimo tutti irrimediabilmente borghesucci integerrimi – che emerse un personaggio quale Alvaro Vitali. E non sarebbe potuto essere altrimenti. Vitali è la quintessenza della commedia dell’arte recitata ogni giorno dai villani, genuini e ruspanti, per le strade e i vicoli di Roma. Un talento umano che si cagiona per parto naturale dalla vita stessa, senza talent o scuole di recitazione alle spalle. Vitali-Pierino – due entità per una sola essenza – è il popolo, il suo spirito incarnato.

Ma, supercazzole filosofiche a parte, il motivo per cui quella che allora sembrava intollerabile scioccheria, andrebbe oggi rispolverata e usata quale arma di difesa contro i nuovi rigoristi della morale, è che l’operato di Vitali – ma anche Banfi e altri – possiede una potenza politicamente scorretta senza pari. I vari episodi della serie su Pierino sono puro derattizzante, da spruzzare negli occhi di femministe isteriche e radical chic con e senza la #magliettarossa. A rivederli oggi, quei film, non sembra neanche vero che in Italia siamo stati tanto liberi di ridere e scherzare, di essere autoironici, ora che siamo tutti ingessati, tristissimi, tanto seriosi da essere ridicoli. Non sorridiamo più neanche quando vediamo passare un bel culo. Ci vengono i sensi di colpa – povere anime belle! E se poi la tizia, che circola con gli shorts a fil di chiappa e il perizoma in vista, dovesse accorgersene? Potrebbe sentirsi “violata”, come dicono tutti i siti e i blog delle femministe. Pensate addirittura se lanciassimo un fischio beffardo e gridassimo: “Ah bona!”. Apriti cielo, partirebbe una campagna internazionale con annessi hashtag #metoo e #quellavoltache. Lo capirete da soli: è così che si spegne ogni entusiasmo, ogni spontaneità. Mestizia! Roba da toccarsi le palle e farsi il segno della Croce solo a guardarsi allo specchio. Per questo l’Alvarone nazionale, oggigiorno, sembra un rivoluzionario. Ci viene quasi da fare il tifo per lui quando guarda, con espressione sofferta fino all’estasi, certe chiappe felicemente esposte sulla via da una maliziosa brezza. In fondo, era quasi dolce quella manifestazione di una sessualità giocosa e innocente, praticamente infantile, che guarda al femminile in modo sempre ammaliato, pur facendolo dal buco della serratura.

Possiamo solo immaginare cosa succederebbe oggi con fotogrammi come quelli in cui Vitali tocca simpaticamente il culo della cameriera, che di volta in volta lavora nella trattoria paterna, o peggio ancora la puntella da dietro. Come minimo la Boldrini proporrebbe un’interrogazione parlamentare, Grasso si scuserebbe a nome del genere maschile umano e animale, e su Rolling Stone partirebbe un appello del tipo “Noi non stiamo con Vitali”. Da vomito! Ma noi, alla Presidenta che storpia l’italiano dall’alto del suo ruolo istituzionale e dei suoi titoli accademici, preferiamo Pierino che lo parla con la musicalità poetica che solo il popolo sa dare alla lingua, e lo rimodella con il frizzante sperimentalismo dell’uomo della strada. Insomma, meglio uno come lui, somaro e geniale, uno che alla vita non fa altro che “daje der tu”.

Non è un caso che il Maestro Vitali sia stato fatto fuori. Come mi disse una volta un amico omosessuale: “Gente come Vitali incarna ed esalta i peggiori vizi, anzi i vizietti, degli italiani”. “Cosa vuoi che ti dica”, gli risposi io, “sarà meglio il tuo di vizio!”. Non mi ha voluto più parlare da allora. Ecco, vedete, non si può più scherzare. Immaginate se con bonomia, senza rifletterci troppo, gli avessi detto: “E dai, non fare sempre il pigliainculo”. Pensate se si fosse trovato davanti Vitali! Oppure, figuratevi una femminista che vedesse la scenetta in cui Pierino spiega all’amico la differenza tra teoria e pratica. Quella in cui, facendo finta di essere un sondaggista, telefona alla madre e alla sorella del suo piccolo sodale chiedendo loro se sarebbero disposte a fare l’amore con un vecchio per cinquecento milioni. Ovviamente, quelle rispondono di sì. A quel punto, lui si gira verso l’amico e gli fa: “Vedi Skizzo, tu in teoria c’avresti un miliardo in casa, in pratica c’hai solo du mignotte”.

In questi tempi così vegani, petalosi, nei quali tutto è normale, e non ci sono più sante né puttane, solo infinita tolleranza e relativismo, comunisti con il rolex e donne che scopano per anni con il loro stupratore, chiaramente la comicità è morta. L’avanspettacolo – si è deciso, ed è proibito trasgredire – è stato bandito. Chi ride è perduto. Non ci resta se non Alvaro che si gira, guarda in camera e grida a quelle facce da fessi: “Ma annate tutti a morì ammazzati!”.

Matteo Fais

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Per riconciliarci con la memoria del mitico Pierino, ascoltate qui.

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