“Troppe parole forbite, ragazzo mio, e non abbastanza verità”.
Questo è il lapidario giudizio di Francesca Sacerdoti, la donna di cui il narratore di Di chi è la colpa – che è e al tempo stesso non è lo scrittore Alessandro Piperno – è sempre stato innamorato, dà sulla sua opera: troppe parole forbite e troppa poca verità. Francesca Sacerdoti si aggiunge alle altre donne perdutamente amate dai personaggi piperniani: Gaia Cittadini, Ludovica Giacometti e Benedetta Mogherini. Ci sarebbe anche Flora, che però non è un personaggio fittizio bensì una donna realmente esistita, esistente, la ragazza davvero amata da un giovane e disperato Alessandro Piperno – Flora, ossia la Gaia di Con le peggiori intenzioni, come racconta lo stesso Alessandro Piperno, ormai uno scrittore “di successo”, nel finale di Pubblici infortuni.
Le parole forbite nelle opere di Piperno sono in effetti molte, e tuttavia la ricercatezza semantica fa parte del suo stile e senza di esse ci sembra che Piperno non sarebbe del tutto Piperno; la supposta mancanza di “verità” ci spinge invece a chiederci non soltanto se ci sia o meno verità nei suoi libri, ma anche cosa sia la verità nella letteratura e nella vita per Piperno. Infatti poche opere contengono una tale quantità di possibili aforismi quanto i suoi romanzi: ci si potrebbe dilettare a espungerli dai libri e a elencarli, a farne un’opera a sé stante, come i quaderni di Canetti o taluni libri di Wilde. Però la “verità”, forse come la vita, di sicuro come l’amore (o la mancanza d’amore), non può essere ridotta a una mera sentenza, per quanto caustica e convincente. Cos’è quindi il vero, per Piperno? Cos’è che manca alle opere del narratore di Di chi è la colpa secondo Francesca Sacerdoti?
Le passioni piperniane, è risaputo, sono innanzitutto letterarie, e non ci sembra azzardato scrivere che per lui in esse e non altrove risieda se non la verità lo specchio che tenta di riflettere e non di distorcere la verità, come nella famosa frase di Stendhal (“Eh, signori, un romanzo è uno specchio che passa per una strada maestra”), dunque la verità per Piperno potrebbe essere un elenco di autori: Balzac, Stendhal, Flaubert, Dickens, Tolstoj, naturalmente Proust, forse Nabokov, forse Bellow, di certo Philip Roth, eccetera. La verità è letteraria e porta in sé un certo grado di finzione, la letteratura stessa. Non è un caso che tutti o quasi i protagonisti di Piperno siano, per sé o per gli altri, sulla pagina o nella vita, degli impostori.
Dicevamo degli aforismi. Da buon fingitore, Piperno non riesce mai – né forse intende – a sottrarre se stesso all’opera, a nascondersi, pertanto molte fra le più belle frasi dei suoi romanzi potrebbero essere tirate fuori da un taccuino di appunti.
“Un inconveniente del successo negli affari cui nessuno ti prepara è il numero esasperante di matti che si sentono in diritto di importunarti: rischia di cambiare radicalmente il tuo sguardo sul prossimo, trasformando tutti in potenziali ficcanaso”.
Questo pensa a un certo punto il Giorgio Zevi di Dove la storia finisce, forse il meno piperniano dei romanzi di Piperno, eppure è impossibile non attribuire la frase all’autore stesso, a Piperno, scrittore che ha conosciuto il “successo” e gli inconvenienti che ne derivano fin dal troppo fortunato esordio, Con le peggiori intenzioni, e che tale successo sembra non aver mai dimenticato, come ci ricordano diversi passi delle sue opere, ad esempio quando il Filippo Pontecorvo di Inseparabili, o per meglio dire suo fratello Samuel, pensa (o per meglio dire scrive):
“Il bello di aver realizzato un’opera di successo è la consapevolezza che – per quanto tu te ne stia a oziare indecorosamente – lei sgobbi in tua vece tutto il santo giorno come un fidato maggiordomo”.
Difficile non figurarsi il giovane Piperno che indecorosamente ozia mentre Con le peggiori intenzioni fa il lavoro sporco al posto suo, procacciandogli denaro e fama.
Piperno ha di certo superato artisticamente il suo esordio fin dal secondo romanzo, il dittico de Il fuoco amico dei ricordi, finora la sua opera più riuscita e ambiziosa, tanto che nel romanzo successivo, Dove la storia finisce, è parso scrivere per sottrazione, fuggendo il proprio stile, il proprio mutevole io e i molteplici specchi che tale “io” proietta e dentro i quali tenta invano di riflettersi (è qui la mancanza di verità?), mentre nel suo ultimo romanzo, Di chi è la colpa, il forse inenarrabile “io” di Piperno – sempre camuffato in altro – ritorna prepotentemente alla ribalta, sebbene senza la verve stilistica e ritmica dell’esordio, che è giocoforza irripetibile.
Ma Di chi è la colpa, pur con il suo stile a tratti troppo poco eccentrico, ossia troppo formale, pur con i suoi dialoghi un po’ ripetitivi e piatti, come in certi romanzetti sentimentali che probabilmente Piperno non disprezza, è un bel romanzo, specie nell’ultima parte, che osserva e illumina tutto il resto. Si sente che l’autore si diverte a scrivere e che potrebbe persino leggere se stesso, fra rimandi a Dickens e a George Eliot – autrice amata da Francesca Sacerdoti e dal narratore, anche lei una “fingitrice” come Piperno – e ai romanzi ottocenteschi. C’è l’avventura, cioè l’impostura; ci sono i disastri e le tragedie che irrompono nella tranquilla vita borghese dei ricchi ebrei romani, come già ne Il fuoco amico dei ricordi o in Dove la storia finisce; c’è il divertimento dissennato e c’è la morte, ovvero la fine (o l’inizio della fine) del tempo.
Come accade a molti scrittori italiani consolidatisi nel mondo culturale dopo l’esordio, l’ultimo romanzo di Piperno ha ricevuto quasi solo elogi, anche grazie all’ottima reputazione dell’autore, che è professore universitario e direttore editoriale della collana Mondadori ‘I Meridiani’. Pochi hanno notato un certo peggioramento dello stile e la sciattezza di alcune frasi (“E ora, cos’era quella fitta di gelosia? Per una scrittrice che si fingeva scrittore? Ma su, non solo non avevo idea di chi fosse George Eliot, ma non avevo alcuna intenzione di scoprirlo…” – e qui il ma ripetuto è dissonante e innecessario; e ci sono altri esempi). D’altra parte Piperno ama anche Truman Capote, che in un’intervista dice:
“Prima della pubblicazione, se sono fatte dalle persone del cui giudizio ci si fida, certo che le critiche aiutano. Ma dopo che una cosa è già stata pubblicata, tutto ciò che voglio sentire sono elogi”.
Perciò elogiamo anche noi Piperno, che comunque in Di chi è la colpa si critica da solo, come abbiamo visto, per bocca dei suoi personaggi. Quale sarà la sua prossima mossa, il suo prossimo romanzo? Con le peggiori intenzioni, Il fuoco amico dei ricordi, Dove la storia finisce, Di chi è la colpa… Di positivo, fra le tante buone cose dei suoi libri, c’è che Piperno non si ripete mai, né strutturalmente né narrativamente né in fondo stilisticamente, quindi siamo certi, fra un’impostura e l’altra, fra verità mancate e troppe forbitezze, che continueremo a leggerlo.