02 Settembre 2022

“Piangerò per te”. Il canzoniere di Al-Khansāʾ, regina della poesia araba

Figlia di una ricca tribù araba, Tumāḍir bint ʿAmr ibn al-Ḥārith ibn al-Sharīd al-Sulamīyah – quasi una formula magica – veniva chiamata Al-Khansāʾ, per via del naso, importante. Vissuta nel VII secolo, Al-Khansāʾ è tra i grandi poeti dell’era preislamica; tra questi, è l’unica donna. I toni prediletti sono quelli dell’elegia e del lamento pubblico, i temi quello del fato che incombe su ogni uomo, la guerra, la morte. L’indole del verso, guerresca, è maculata da acuti nostalgici: Al-Khansāʾ è la donna che piange sul corpo dei fratelli, Sakhr e Muawiyah, tratti in inganno dai nemici e uccisi. La loro morte assurge a simbolo di una ‘poetica’ dell’esistere: apollineo clangore delle armi, sfida tra deserti di roccia, e su tutto la certezza che l’uomo è refolo congiunto a sabbia, puro corpo su cui è appollaiata la morte, cosa che si sfa. Poetare è dare una mano di smalto al vento.

La poesia di Al-Khansāʾ sbalordì i contemporanei: il poeta più noto dell’epoca, al-Nabigha al-Dhubyani, riconobbe “tu sei il poeta più raffinato tra gli umani e i demoni”. Visse e morì nel Neged, divenendo la sovrana della poesia araba. Rifiutò diversi pretendenti, finì sposa a un guerriero, cui diede sei figli: quattro di questi morirono durante la battaglia di al-Qadisiyya del 636, che opponeva lo schieramento musulmano all’impero persiano sassanide. Le ultime poesie di Al-Khansāʾ sono più astrali, intime, dolenti. Si era convertita all’islam perché pare che il Profeta fosse ipnotizzato dalla profondità del suo canto.

Il canzoniere di Al-Khansāʾ ha avuto vasta influenza nella poesia araba: Khalil Gibran ne ha diffuso la fama in Occidente. Nel mondo inglese le gesta liriche di Al-Khansāʾ sono note, da noi esiste uno studio di Giuseppe Gabrieli, I tempi, la vita e il canzoniere della poetessa araba al-Hansāʾ, piuttosto datato (pubblico dal 1899 – era il suo lavoro di laurea – ha avuto varie ristampe). Cristina Campo conosceva i versi fermi e delicati di Al-Khansāʾ: nell’ideale Libro delle ottanta poetesse, mai realizzato, installa la grande poetessa araba tra Saffo e le “dame giapponesi del periodo Hejan”, tra Erinna e le poetesse di corte cinesi. Una stessa ‘corrente’, una forma di furia, legava la Grecia al Giappone alle crude pianure arabe.

Al-Khansāʾ in un disegno di Khalil Gibran

***

I cavalieri procedono in armi, rabbiosi;
attaccano con la spada i loro eroi.
I versi come punte di lancia
si conficcano: chi li ha pronunciate svanisce.

*

Oh Sahkr! Chi ci difenderà dagli accidenti del tempo
chi ci guiderà lungo la cruda via?

Consolatore che non ha pari
non eri indulgente né malvagio.

Polvere a spirali sulla tua bellezza
si agita sulla luminosa nobiltà del tuo viso.

*

Il tempo mi spaventa e mi fa male.
Cavaliere tra i cavalieri, crudele duellante,
mi hai lasciato tra i figli della diserzione,
sventolo tra loro come la benda di uno spaventapasseri.

*

Ogni uomo è lapidato dalla pietra focaia del tempo
ogni tenda, fortificata o vertiginosa, viene abbattuta.
Né i sudditi né i principi restano
tra quelli che governano la Persia e i suoi confini.

*

Insonne, ho vegliato per tutta la notte
occhi anneriti dal khol.
Ho guardato le stelle, nessuno si è accorto
di me, avvolta in umili stracci.

Ho udito crude notizie – aride di gioia –
Parlano di te:
“Ecco Sakhr,
gettato a terra, costellato di pietre”.

Muoviamoci verso la cura di Dio
il tuo cuore si è irritato per il torto
amavi la punta della lancia
che come una fiamma lacerava la notte,
tu, marziale e risoluto,
figlio della libertà – vai!

Piangerò per te
finché la colomba geme
e le stelle illuminano
la via del viaggiatore.

Non pattuirò alcuna pace con le genti con cui eri in guerra
finché la stanza degli ospiti, annerita, non tornerà bianca.

*

Infinita notte, incapace di dare
ristoro dopo la terribile notizia.

“Il figlio di Amir è morto!”, gridò il messaggero.
“Assassinato!”. Posso soltanto morire di tristezza.

Questa età di ferro mi ha separato da lui:
i dolori distruggono una vita intera.

Un eroe pari al mio amato setaccia il pianto
dall’occhio più duro; fende l’anima dei senza cuore.

Ho avuto un fratello fedele ai suoi, che ha cibato
la carovana mentre pativa la fame.

Splendeva in guerra, fiammeggiava nell’arena
come il filo letale e brillante della spada.

Perché ho meritato questa scure di dolori?
Perché il male cade soltanto su di noi?

*

Il tempo sta polverizzano la mia tribù, i figli di mio padre.
Mi sono sbriciolata in lacrime, pianto che non si asciuga.
O Sakhr, a cosa serve lamentarsi
per i morti nella tomba, inarrestabili?

Che Allah non rimuova Sakhr e il suo amore
che Allah non rimuova il mio signore Muawiya.
Che Allah non punisca Sakhr, perché egli è
fraterno nella fondazione di atti virtuosi.

Li piangerò, Allah, perché il dolore monta
mentre Allah fissa le cime dei monti.
Allah ha irrigato la terra che voleva trattenerli
con l’acquazzone della nuvola del mattino.

Al-Khansāʾ

Gruppo MAGOG