06 Luglio 2022

“Tu sarai un torturatore di anime”. Viaggio nei libri di Silvano Agosti

Conosco Silvano Agosti per la prima volta qualche mese fa attraverso alcune interviste che gli hanno fatto, ne potete trovare diverse su youtube. Incuriosita da questo essere umano che con fermezza dice concetti di una verità assoluta con la semplicità tipica dei bambini faccio qualche ricerca. Silvano Agosti è il direttore di Cinema Azzurro Scipioni a Roma, un cinema indipendente che ad Aprile 2021 ha rischiato di dover chiudere a causa di tutte le folli imposizioni al mondo dell’arte libera.

Agosti è regista (se non lo conoscete dovete assolutamente guardare D’amore si vive, un suo film – intervista del 1983 sul tema immenso che è l’amore: cosa è, come si pratica, dove si nasconde) ma è anche scrittore e qui vi parlerò de Il semplice oblio, edito nel 2003 per Cardoni editore e candidato per quell’anno al premio Strega. Scrivere di Agosti non è assolutamente facile, è come tentare di spiegare ai grandi il mondo fantastico che sta dentro le pupille dei bambini, impossibile o quasi. Per affrontare il pensiero di Silvano Agosti, come tutta la sua produzione, bisogna assolutamente svestirsi di tutto e entrare nel grande fiume Lete, essere pronti a perdere tutta la memoria occidentale. Soltanto così si potrà accogliere davvero quel che Silvano Agosti ha da dirvi e da mostrarvi.

Con l’assenza di malizia dei bambini, i quali non possono sapere il male finché qualcuno non glielo mostra, Agosti in Il semplice oblio ci racconta la storia di un ragazzino che a dodici anni perde il padre “misteriosamente”. No, non è morto, semplicemente il padre una sera chiama a casa e dice alla moglie di non aspettarlo per cena e che non tornerà mai più. Il ragazzo quindi cresce solo con la madre, la quale si rifiuta di parlare del padre e dei possibili oscuri motivi che lo hanno portato ad abbandonare all’improvviso tutta la famiglia. Ma si sa che il mistero alimenta il sentimento, dal mistero nasce una sorta di continuità invisibile tra chi resta e chi se ne va. Tutto ciò che non viene detto, soprattutto tra un padre e un figlio, crea infinite ragnatele di possibilità, il bambino cresce quindi col sogno di andare a ritrovare il padre. Sogno che prende sempre più forma di possibilità quando un giorno, passati alcuni anni dalla scomparsa, decide di entrare nello studio del padre rimasto fino a quel momento completamente intonso. Sulla scrivania trova una serie di carteggi, simili a un diario o a una ricerca. Dai segni lasciati sulla carta si rivela il significato, dal segno si apre un varco. Infatti quasi ogni anno arriva per posta una cartolina, vuota però, dove quel vuoto è da intendersi come possibilità di parola, come spazio vuoto pronto ad accogliere. E da questa alternanza di segni – pieno e vuoto – il protagonista si addentra nella ricerca lasciata dal padre:

“Ognuno non fa che eseguire, nel corso della vita, un destino fissato da sempre e per sempre. Un destino comune, ripetitivo e prevedibile, simile a quello, privo di scelta, degli animali. La follia, i sogni, la poesia e l’amore sono le sole possibili trasgressioni a questo destino prefissato.”

Silvano Agosti, Il semplice oblio

Il padre aveva “scoperto” che durante la gestazione il nascituro elabora una sorta di memoria genetica di tutto il passato della stirpe ma anche di tutto il futuro, come se nel suo DNA avesse “un vero e proprio pilota automatico dell’esistenza”, che tutto insomma sia destinato ad esistere già nella formazione delle cellule del feto, che sia perciò anche irreversibile. Quindi ognuno di noi – poiché non ha voluto immergersi nel fiume Lete – rischia di spingersi verso delle scelte senza alcuna possibilità di appello, senza “poterle decidere o riuscire a capirle”. Ed ecco che

L’esistenza quotidiana spesso mi opprime. Ad esempio scopro di essere sposato e di avere un figlio, senza mai averlo veramente deciso né desiderato.

Silvano Agosti, Il semplice oblio

Pare quindi esser stato proprio il trauma di questa scoperta ad avere indotto il padre a lasciare baracca e burattini. Agosti nella figura del padre assente (e per questo sempre presente) ci mostra un memento importantissimo: siamo destinati a compiere le stesse tappe dell’esistenza dei nostri genitori e di quelli prima di loro, siamo incastrati in un meccanismo di vita che procede per doveri e fasi invece che fluire per effetto e per causa dell’amore. Vaghiamo sulla terra privi di spirito, con impiantato nel codice genetico della memoria tutto quello che siamo stati e che saremo. Nessuna spinta, nessun tentativo, solo una serie di azioni senza scelta.

“Gli altri esseri umani, evidentemente, nello sforzo di venire al mondo, dimenticano tutto.”

Silvano Agosti, Il semplice oblio

Quindi alla soglia dei diciotto anni questo ragazzo decide di partire per cercare il padre, non sapendo dove andare si dirige in autostop verso Londra e tenterà un pellegrinaggio d’amore e di conoscenza per moltissimi paesi. Seguirà quella trama invisibile del mistero del silenzio. Proprio perché il protagonista è “solo” un ragazzo, Agosti rende esasperato e sublime quella dicotomia tra l’amore vero e l’amore dovuto:

“L’ultima volta che Teresa mi ha guardato così ci siamo accarezzati a lungo, ma non so andare oltre. (…) Invece quando tocco il seno mi sento obbligato a sfiorarle i capezzoli con la punta delle dita e questo mi distrae dall’incanto. Anche adesso, non so cosa fare. L’idea che fra me e Teresa debba obbligatoriamente accadere quello che accade tra un uomo e una donna mi imbarazza.”

Silvano Agosti, Il semplice oblio

Silvano Agosti non poteva non utilizzare un personaggio giovane ai nostri occhi per mostrarci tutta l’incoerenza dell’amore conosciuto, “comandato”; il fatto che fare l’amore debba per forza essere un atto che termina e si conclude con la penetrazione, senza lasciare spazio all’incanto. “Ma ho paura che se andiamo troppo oltre abbandonandoci alla dolcezza che ci attrae, tutto diventi indispensabile. Indispensabile incontrarsi il più spesso possibile, indispensabile baciarsi, indispensabile fare l’amore, indispensabile fidanzarsi, indispensabile fare figli.” Dalla voce di un ragazzo immerso nel fiume Lete scopriamo così quanto l’amore che conosciamo non sia altro che obbligo, un amore condizionato a una risposta, a uno scambio da compiere, qualcosa che possediamo e da cui siamo posseduti così a lungo da rendere indispensabile tutto. Ed è qui che dorme la scelta che non facciamo mai.

Nel viaggio di questo ragazzo verrà sconfessato l’amore come lo conosciamo. Con l’innocenza e l’assenza di malizia in chi si affaccia alla vita senza padri e senza maestri scopriamo altre possibili infinite forme d’amore e di esistenza. Durante questo percorso la prima persona che incontra – come un vate – gli predice chi sarà:

Tu sarai un torturatore di anime. Quello che in oriente chiamano “un cercatore di rugiada”, un folle in cerca del nulla. Qualsiasi cosa troverai sarà rara e futile come la rugiada. Aiuterai gli esseri umani a sopportare l’angoscia di una vita priva di un reale destino, trascorsa al servizio dei potenti.”

Silvano Agosti, Il semplice oblio

Il cercatore di rugiada è lo stesso Silvano Agosti, perché dalla follia e dall’amore è possibile scampare al binario di una vita obbligata che ci insegue.

Nel peregrinare alla ricerca del padre il protagonista sperimenta incontri amorosi intensi da cui a un certo punto evaderà perché “beatitudini privi di flessione”, farà i lavori più disparati da colui che lava i morti all’imbianchino, ma sempre e rigorosamente per non più di un’ora al giorno. Questo ragazzo fa una promessa a sé stesso: non diventare come gli adulti che conosce, asserviti al lavoro e dimentichi della vita, in una dimensione di bisogno egoico fine a se stesso, in un narcisismo depressivo e totalizzante. La principale occupazione quotidiana di un uomo dovrebbe essere vivere, il lavoro è soltanto necessità di avere quel minimo di cibo quotidiano e un sacco a pelo in cui dormire. Questo pensiero è totalmente di Agosti, nel senso che egli ne fa il suo mantra e nelle bellissime interviste potete ritrovarlo spiegato con una semplicità assoluta e inappellabile.

Cercare il padre è solo un pretesto, la molla dietro la pallina da tennis che sfreccia nel campo, per cercare sé stessi e dentro al viaggio esistere profondamente, diventare non solo uomini ma esseri umani. Questo è il significato de Il semplice oblio. Basta veramente poco per vivere, la necessità è qualcosa che sta in pochissime cose, in lievi gesti e minimi compromessi. “Certo la continua, generosa dolcezza che persone anonime offrono ovunque, ha fatto nascere in me l’idea che la sola possibile, vera famiglia di ognuno sia l’insieme degli esseri viventi. Queste mamme spesso silenziose, di cui neppure capisco la lingua. Questi padri dai gesti rudi e brevi, tutti sorridenti nel porgere. Li incontro per pochi minuti, ma sanno lasciare in me emozioni destinate a durare per sempre. Anche lo spazio della mia origine ormai non è più circoscritto a una casa, una via, una città, una nazione ma è l’intero pianeta.” Sembrerebbe quasi irreale, soprattutto oggi in cui i confini sono diventati fronte di indagine della condizione privata sanitaria di ognuno (sei vaccinato doppia dose? contatti con pazienti covid positivi? hai febbre?) e non varchi tra mondi da attraversare, ma in realtà tutto questo è ancora possibile. Certamente non facile, ma quel che trasforma l’idea in possibilità è l’azione, il sentimento di gratitudine incondizionata e l’amore incondizionato, tutte mete a cui tendere voracemente.

Il mistero che veste e rende prezioso qualsiasi essere, anche il più abbietto, il mistero che nobilita e veste ogni cosa. Chi ama il mistero vuole soltanto che rimanga insondabile e incomprensibile, incomparabile e indecifrabile, immenso. Davvero lo sento pulsare ininterrottamente in ogni cosa, il mistero ora che, da solo, vago nel mondo.

Silvano Agosti, Il semplice oblio

Ecco Il semplice oblio di Silvano Agosti, un inno al mistero immenso che può ancora renderci meravigliosa e libera la vita.

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